Scivola la scarpa sul marciapiede bagnato mentre corro a prendere il giornale al limite del tempo di chiusura dell'edicola e passo da via Losanna, davanti ad una casa alta, un semi-grattacielo, quasi all'angolo con Corso Sempione e il pensiero torna indietro di tanti anni.
Il volo non è solo una parte del titolo di un disco di Claudio Rocchi. E' anche quel gesto che tante persone hanno scelto di fare per assecondare una propria scelta di fine vita. Il volo è quel rendere concreto un desiderio, un ultimo desiderio che è di porre la parola fine alla propria esistenza.
Da quel palazzo, da un piano di quel palazzo, tanti anni fa una ragazza che avrei potuto conoscere (mi dicevano che lavorava nello stesso posto dove lavoravo io) aveva deciso di saltare per volare verso un destino scelto, voluto, desiderato (forse non desiderato del tutto ma desiderato in extremis).
Follia o lucidità. Mi sono fermato e al mio fianco è apparsa Andrea Feldman. Anche lei, mai conosciuta di persona. Solo, forse, in un film (Trash di Andy Warhol). Si è voltata verso di me ed ha sorriso. Un sorriso "serio" in un gesto studiato che non tradisce fino in fondo il pensiero vero.
"Speed" mi ha detto ed ha allargato le labbra, socchiudendo le palpebre. "Ho letto che molta gente dell'entourage di Warhol credeva di essere pazza senza esserlo e che tu invece lo eri davvero" mi è uscita questa frase perché non sapevo cosa dire, o almeno non volevo dire ciò che pensavo.
"Se essere pazzi significa entrare ed uscire dalle cliniche psichiatriche, allora sono stata veramente pazza. Ma forse, di pazzia non è giusto parlare. Diciamo che ero ad uno stadio infantile portato all'eccesso ed alle estreme conseguenze. Sentimenti allo stato brado. Furiosamente liberi!" e abbassavi lo sguardo.
La strada si stava bagnando di una pioggia sottile e per questo non fastidiosa. Camminavamo affiancati e tu avevi i capelli biondi, lunghi, aperti a ventaglio sulle spalle. Come la maggior parte delle adolescenti dell'epoca. Ovviamente la pioggia non ti bagnava. Eri presente ma, al tempo stesso, irreale.
"Stavi parlando di stadio infantile all'eccesso. Cosa intendi?" ho proseguito interessato, lasciandomi guidare dal sentimento più che dalla ragione. Hai cercato qualcosa nella tasca del blazer blu di jersey che portavi addosso . Ne è uscito un pacchetto di sigarette. Ne hai presa una, offrendomene (non fumo più da decenni) e l'hai accesa. Il fumo usciva dalle tue labbra mentre rispondevi.
"Intendo dire, quando i sentimenti fluiscono selvaggi, passando da gioia sfrenata a rabbia incontenibile e violenta a tristezza devastante ed a gelosia accecante. Significa non avere controlli. Come un bambino che non conosce freni inibitori. Per la loro età, tutto questo è normale ma quando si cresce si parla di pazzia."
Ho convenuto che potesse essere così. Il bambino è talmente egocentrico che vive in una sorta di palcoscenico dove l'espressione di sè è l'unica cosa che conta. Questa riflessione mi è uscita spontanea con le parole e Andrea si è voltata verso di me. Si è fermata davanti ai miei passi e mi ha preso i polsi.
Le mani erano fredde, magre e tese. Il fumo di sigaretta saliva ora lungo la sua manica e ne sentivo il profumo. Ma gli occhi erano ancora in contrasto con la linea delle labbra. Tese in un sorriso, queste. Tristi e profondi, quelli.
"Mi avevano detto di trovarmi un lavoro. Di non considerare quello di attrice, cercare un lavoro adatto a me. Era meglio qualcosa di fisico rispetto al palcoscenico che stava diventando la mia esistenza. Forse, non capivo già più quando era finzione e quando si trattava della mia vita vera." dicevi così e scuotevi i miei polsi.
Ho liberato le mie mani dalla tua presa perché stava diventando troppo forte. Persino dolorosa. Abbiamo ripreso a camminare ed ora la pioggia non cadeva più. Le automobili scorrevano tra un semaforo e l'altro e, senza occhiali, i fanali rossi e gialli e quelli bianchi diventavano per me solo punti luminosi sfuocati, lontani.
Anche se c'eravamo allontanati di qualche isolato, all'improvviso ci siamo trovati di nuovo sotto quel palazzo da cui aveva volato quella ragazza. Ti sei allontanata da me di dieci passi e poi ti sei girata. "La mia rappresentazione finale è stata un volo. Era l'agosto del 1972. Ero una star del cinema Warhol ed ho voluto i miei spettatori."
"Ho dato appuntamento a diversi di loro per vederli. Tutti credevano di essere gli unici a trascorrere quelle ore insieme a me. Alcuni, solo amici. Altri, ex fidanzati. Un poeta. Attori. Musicisti. In mano una Bibbia e nell'altra un Crocifisso. In piena rappresentazione teatrale. L'uscita finale. E poi sono saltata dal quattordicesimo piano."
Il volo. "Hai voluto farti cadere o volevi volare verso l'alto?" ho chiesto, anch'io rapito in quel finale confuso e bambino. Non hai più sorriso. Delusa hai guardato per terra. "Credevo che sarei salita in cielo dove mi aspettavano altri che mi avevano preceduta. Passati nel momento del loro maggiore successo. Idolatrati e volati via."
"E invece, sono caduta ... ma era troppo tardi per tornare indietro. Ho fatto appena in tempo a piangere. Ero un bambino che aveva cambiato idea. Ho stretto il Crocifisso ma la Bibbia mi è sfuggita di mano e poi ho sentito male. Un istante enorme di male e il nulla a seguire." Mi sono rialzata ma non ero più io."
"Fluttuavo leggera. In un volo ad altezza di uomo. Ed ho visto le persone intorno a quello che restava di me, nell'ombra. I miei spettatori che si guardavano increduli. il biondo dei miei capelli, per terra, indisordine. Invitati all'ultima mia rappresentazione. Ignari nei confronti di uno spettacolo di amore-bambino verso il mondo e la vita. Il pianto di non desiderare che finisca e quindi finire per non avere fine. Sembra un controsenso, vero?"
Ti ho raggiunta. Ti ho preso per mano ed entrando nello sguardo buio dei tuoi occhi ti ho detto "No, hai scelto di non fare finire nel nulla quello che stavi vivendo. Hai scelto di mantenere in eterno quella che eri in quel momento. E ci sei riuscita perché nessuno pensa a te in un modo diverso. Sei riuscita a mantenerti quella che eri quell'otto agosto millenovecentosettantadue."
Poi, ho sentito venire meno le tue mani e mi è rimasto davanti l'asfalto bagnato. Dove eri andata? Dov'è andata quell'altra ragazza non nota come te ma che ha condiviso "il volo" insieme ate. E dove sono tutte quelle persone che hanno scelto di non essere normali. E di non invecchiare. Dove?
Soundtrack: Blondie - Femme Fatale - 1975 - CBGB's
Free-wheeling space for Hipsters, Hippies and FlowerPower sons. Music, art, style and thoughts of an old, but always live, way of life.
Thursday, July 30, 2015
Tuesday, July 28, 2015
Sometimes we cry
'Les Demoiselles De Rochefort ' - Jacques Demy directeur - Plan de profil au premier plan de Catherine DENEUVE perruque blonde avec sa soeur Françoise DORLEAC de face |
Il sole scaldava alla mia sinistra ma dal finestrino entrava ancora l'aria fresca della notte.
Piacevolissima sensazione con il motore che suonava regolare e rapido senza disturbare.
Poche le altre automobili in modo da lasciare ampi spazi di asfalto libero.
Sono le situazioni in cui si guida in modo automatico, a volte senza accorgersi del percorso.
In altre occasioni il pensiero rimane attento alla guida ma spazia in modo esistemziale.
Una musica aiuta in questo senso e così oggi è stato.
La voce di Ton Jones usciva dalle casse con il solito affascinante tono caldo e appassionato.
Henri Matisse - Open Door, Brittany - 1896 |
E l'attenzione si è spostata sulle parole della canzone.
Devo ammettere che mi piace molto quando esiste una frase che guida l'insieme del tema.
Questa volte è una parola, "sometimes" ed è splendido, ho pensato.
Sometimes, "qualche volta" è il senso della vita dove non esiste mai l'assoluto.
Qualche volta noi viviamo, qualche volta noi moriamo,
qualche volta doniamo e qualche volta no. L'alternanza del gioco della vita.
Quanto ci capita di riflettere su questo e gustare gli attimi che scorrono con noi?
Giovanni Sottocornola - Venditrice di frutta - 1886 |
Perché è giudizio del nostro reale. E' gusto profondo per quello che siamo in quell'istante.
E la vita è fatta di istanti che si inseguono tra loro e ciascuno ha un valore assoluto.
L'esistenza non è il consuntivo finale ma la somma degli istanti.
Perchè non viviamo solo al termine della nostra esistenza,
quando tiriamo le somme.
Noi viviamo ogni giorno, ogni ora, ogni minuti, ogni secondo,
ogni istante.
Sometimes we know, sometimes we don't
Sometimes we give, sometimes we won't
Sometimes we're strong, sometimes we're wrong
Sometimes we cry
Sometimes it's bad when the going gets tough
When we look in the mirror and we want to give up
Sometimes we don't even think we'll try
Sometimes we cry
Takato Yamamoto |
If we're only human what more can we do?
The only thing to do is eat humble pie
Sometimes we cry
'Fore they put me in a jacket and they take me away
I'm not gonna fake it like Johnnie Ray
Sometimes we live, sometimes we die
Sometimes we cry
Kentucky Derby Hats |
Sometimes everybody is on the make
Sometimes it's lonely on the lost highway
Sometimes we cry, sometimes we cry
Gonna put me in a jacket, and take me away
I'm not gonna fake it like Johnnie Ray
Sometimes we live, sometimes we die
Sometimes we cry, sometimes we cry
Tamara Natalie Madden |
Sometimes we cry, sometimes we cry
Soundtrack: Sometimes we cry (Tom Jones & Van Morrison)
Sunday, July 26, 2015
Lester Bangs - Lou Reed: A Deaf Mute in a Telephone Booth
Leggere gli scritti di Lester Bangs non significa semplicemente avere una visione di una critica musicale priva di connivenze con il mondo del musical business. La sua collaborazione con il magazine Rolling Stones venne addirittura cancellata dopo diversi anni, a causa della mancanza di rispetto di cui molti musicisti si lamentavano per i modi con sui Lester li aveva trattati nel recensire i loro dischi.
Leggere Lester Bangs vuole anche dire (se non sopratutto) 'leggere di critica sociale, politica, letteraria e culturale' relativa ad un'epoca in cui, mentre si realizzavano le basi per l'odierno impero della globalizzazione e delle multinazionali, si aveva la speranza/illusione di potere cambiare il corso delle cose.
Le critiche musicali di Lester Bangs erano poche centinaia di parole diluite in un ambito di migliaia di parole di digressioni sulla vita e questo aspetto, al di là del valore intrinseco musicale, le rende inestimabili come uno specchio coraggiosamente rivolto contemporaneamente a se stessi ed al mondo esterno.
Questo è un esempio di intervista di Lester Bangs con un suo 'idolo', Lou Reed. Lester viveva le interviste come una sorta di dovere di provocazione. Era uno scrittore. Era un musicista. Non si era mai drogato. Era invece stato alcoolizzato ma era uscito dall'alcoolismo, partecipando alle iniziative dell'Anonima Alcoolisti. E' morto a 33 anni nel 1982 per un consumo combinato di antidolorifici e sedativi.
You walk into the dining room of the Holiday Inn filled with
expectation at finally getting to meet one of the musical and
psychological frontiersmen of our time.
Lou Reed, who with his group the Velvet Underground was singing about drag queens and heroin at least five years before such obsessions reached the mass level. Who began a comeback as a solo artist last summer in England, and under the wing of David Bowie produced Transformer, a classic of mondo bendo rock. Who then, having come out of the closet at last, returned to his New York home and ushered in 1973 by getting married to an actress cum cocktail waitress named Betty (stage name Krista) Kronstadt.
On top of all that, both Transformer and the single from it are enormous hits. Lou Reed is not only a legend: he's a star. In one of the interviews he did last summer, Lou said: "I can create a vibe without saying anything, just by being in the room."
He was right. You sit yourself down, and sure enough you become aware pretty fast that there's this vaguely unpleasant fat man sitting over there with a table full of people including his blonde bride. Pretty soon he comes over to join you and the tic becomes focused too sharply for comfort. It's not just that Lou Reed doesn't look like a rock'n'roll star any more. His face has a nursing-home pallor, and the fat girdles his sides. He drinks double Johnnie Walker Blacks all afternoon, his hands shake constantly and when he lifts his glass to drink he has to bend his head as though he couldn't possibly get it to his mouth otherwise. As he gets drunker, his left eyeball begins to slide out of sync.
In spite of all this, however, he managed to live up to his reputation for making interviewers uncomfortable. He fixes you with that rusty bug eye, he creaks and croaks and lies in your face and you're helpless. He lies about his music and his album covers ("That was me in drag on the back of Transformer.") Most of all, he lies about himself. But he qualifies it by saying, "I don't especially tell the truth most of the time anyway."
He's pretty cool about most of it, though, so you can't really get too mad at him about that. Like Nick Kent,
who is there for the New Musical Express, is right in the middle of
asking him a question, when Lou interrupts: "Aren't you hot with that
scarf on?"
"No," wheezes Nick nonplussedly, "I've got a cold."
"Try Vicks Vapo Rub," says Lou. "I came down with a very bad cold in Boston, and it works. You've gotta lie there for two or three days with that glop on your chest and a towel or something, and every once in a while somebody has to have the nerve to reach into the bowl of that shit and rub it in. Like I remember," he free-associates, "when everybody was taking acid and we discovered Dippity Do, and everybody said, 'It's just like a cunt, it's fantastic!' And we all ran into the bathroom and jumped into the bathtub and started fingering the Dippity Do jar."
Everything is jokes to this bibulous bozo; he really makes a point of havin' some fun! Although it does disturb his friends and fans to see him in such failing health. But he can find a joke even there.
At one point I asked him when he intended to die.
"I would like to live to a ripe old age and raise watermelons in Wyoming." Then he takes another glug and machos: "I'm outdrinking you two to one, you know."
"Are you proud of yourself?"
"Yeah. No, not actually; it's just that a single shot of Scotch is so small that you've gotta nurse it like it's a child or something. I drink constantly."
"How does it treat your nervous system?" I probed.
"It destroys it," he beamed.
"Then how do you intend to raise your watermelons?"
"Well, my time will come. By now I'm getting tired of liquor because there's just nothing strong enough. Now if we were drinking 150-proof sake, or something like that, then I could get drunk..."
He is equally devastating in his frankness on drugs: "I take drugs just because in the 20th century in a technological age living in the city there are certain drugs you have to take just to keep yourself normal like a caveman. Just to bring yourself up or down, but to attain equilibrium you need to take certain drugs. They don't getcha high even, they just getcha normal."
Normal Lou Reed reached for a Marlboro. As he fumbled to tear a match out of the book and strike it, his hands trembled so fiercely that you wondered if he was going to be able to get that butt lit.
This interview was turning out so fabulous I knew it was now time to get our hooks right down in the nitty gritty, and talk about sex.
What about the relationship of what you're doing artistically to the gay scene in general and specific? Wax eloquent, for once and finally, he did. Listen kids, you may think you've got your identity crises and sexual lateral squeeze plays touchdown cold just because you came out in rouge 'n' glitter for Dave Bowie's latest show, but listen to your Papa Lou. He's gotta nother think for you punk knowitalls: "The makeup thing is just a style thing now, like platform shoes. If people have homosexuality in them, it won't necessarily involve makeup in the first place. You can't fake being gay, because being gay means you're going to have to suck cock, or get fucked. I think there's a very basic thing in a guy if he's straight where he's just going to say no: 'I'll act gay, I'll do this and I'll do that, but I can't do that.' Just like a gay person if they wanted to act straight and everything, but if you said, 'Okay, go ahead, go to bed with a girl,' they're going to have to get an erection first, and they can't do that.
"The notion that everybody's bisexual is a very popular line right now, but I think its validity is limited. I could say something like if in any way my album helps people decide who or what they are, then I will feel I have accomplished something in my life. But I don't feel that way at all. I don't think an album's gonna do anything. You can't listen to a record and say, 'Oh that really turned me onto gay life, I'm gonna be gay.' A lot of people will have one or two experiences, and that'll be it. Things may not change one iota. It's beyond the control of a straight person to turn gay at the age he'll probably be listening to any of his stuff or reading about it; he'll already be determined psychologically. It's like Franco said: 'Give me a child until he's seven and he's mine.' By the time a kid reaches puberty they've been determined. Guys walking around in makeup is just fun. Why shouldn't men be able to put on makeup and have fun like women have?"
Lou Reed just may have a better perspective on this supposed upheaval in sexual roles than any of these Gore Vidals and Jill Johnstons. Duds comin' outa the closet in droves and finding out they're heterosexual! Ha! Only trouble is that Lou's thinking also makes him a product of the rigidly dualistic era when he grew up a hell of a Fifties cat for somebody who helped usher in the Seventies. He thinks you're either some blissfully "normal" heterosuburbanite weekender on your own, or otherwise you gotta be some mungstreaked depravo wretch skulking through the gutter on all fours. Listening to him talk, you can't help wondering how much of Lou Reed's songs are about people he makes up, as he claims, and how much of them is about himself. In which case – if say, Perfect Day is autobiographical – he must be the most guilt-ridden person on the face of the earth. Which would make it hard for anybody to live up to their own legend.
If Lou Reed seems like rock's ultimate closet queen by virtue of the fact that he came out of the closet and then went back in, it must also be observed that lots of people, especially lots of gay people, think Lou Reed's just a heterosexual onlooker exploiting gay culture for his own ends. And who knows but that they may be right. When I asked him about his plans for his next album, he said: "I may come out with a hardhat album. Come out with an anti-gay song, saying 'Get back in your closets, you fuckin' queers!' That'll really do it!"
But
let's just suppose that Lou Reed is gay. If he is, can you imagine what
kind of homosexual would say something like that? Maybe that's what
makes him such a master of pop song – he's got such a great sense of shame.
Either that or the ultimate proof of his absolute normality is the
total offensive triteness of his bannered Abnormality. Like there's no
trip cornier'n S&M, every move is plotted in advance from a rigid
rulebook centuries old, so every libertine ends up yawning his balls
off. Just like Lou said earlier that day: "There's really no interesting
information to hold back. Everybody insists that there's a story here,
and there really isn't. It's like a clamshell that's been eaten."
The concert was okay. Reports on this tour have varied drastically – depending on expectations and how Lou happens to be feeling, I guess – and his band, a bunch of high school kids assembled by Steve Katz, is more than adequate.
But there's probably more going on here than meets the eye. Katz must have had plenty of musicians to choose from – he could conceivably have assembled a high-charged ensemble a la Elephant's Memory, he could certainly have gotten a crew of faceless high-tech sessionmen if they didn't want anybody to detract from Lou. But what he got was a bunch of competent high school kids off anybody's block, who also happen to be some of the ugliest cretins ever assembled on one stage!
These guys are the absolute apotheosis of the Flushing, N.Y. or Hoboken, N.J. schlub. They're so nada that they become not faceless, you can't ignore 'em because they contrast so sharply with Lou Reed's leather trip.
For somebody who has based so much of his career on sex, Lou Reed has certainly surrounded himself with an asexual band. It would be easy to conclude that this is simply because he didn't want anybody else stealing the show (in which case it backfired – his bassist is the ugliest person I have ever seen) or that he's so dunced out he didn't make such considerations (unlikely). So you end up with the possibility that Lou may have an intentionally asexual band as a reaction to glam-rock and his own image. Which, if you follow that logic to the terminal, reeks of self-destructive guilt. Just imagine if Lou Reed did to his lead guitarist what Bowie does to Mick Ronson – pretending to blow him – he'd look like the archetypal homosexual criminal. It would be the most repulsive (in a sense never dreamed of by people like Alice Cooper) spectacle in the history of rock.
The audiences, however, usually love the show, and it's gratifying to see them flood down to the stage at last, giving Lou Reed the adulation he's deserved for so long. It's only when you start to think about the basic lameness of his band, the dirge-like tempo at which he sings most of the songs, the generally funereal atmosphere, and the speculations that all this leads you into, that you begin to get bugged. Because Lou Reed's finally got a chance at real sustained stardom, and he is blowing it. He's still riding on the legend now, but people are going to get tired damn fast of a legend who slunks out with a bunch of blobs behind him, sings his songs as if he's falling asleep, forgets the words half the time, stands as still as if he's embalmed except for remembering every five minutes or so to wiggle his ass or wave his hand whether it's really the time to do it or not. His whole career at this point is like welching out on a bet.
My personal payoff with Lou came when we got back to the hotel after the gig. About a dozen people sat around a shadowy suite while the Original Phantom Purveyor of the New Rock got drunk on his ass and rambled on to the point of babble. I got totally blasted myself, my disappointment came through and I started baiting him: "Hey Lou, doncha think Judy Garland was a piece of shit and better off dead?"
"No! She was a great lady! A wonderfully wise and witty lady ..."
"Hey Lou, then doncha think David Bowie's a no-talent asshole?"
"No! He's a genius! He's brilliant!"
(It makes sense that Lou would say that, since he allegedly made an ass of himself by falling in love with Bowie when he went to England last summer.)
Leggere Lester Bangs vuole anche dire (se non sopratutto) 'leggere di critica sociale, politica, letteraria e culturale' relativa ad un'epoca in cui, mentre si realizzavano le basi per l'odierno impero della globalizzazione e delle multinazionali, si aveva la speranza/illusione di potere cambiare il corso delle cose.
Le critiche musicali di Lester Bangs erano poche centinaia di parole diluite in un ambito di migliaia di parole di digressioni sulla vita e questo aspetto, al di là del valore intrinseco musicale, le rende inestimabili come uno specchio coraggiosamente rivolto contemporaneamente a se stessi ed al mondo esterno.
Questo è un esempio di intervista di Lester Bangs con un suo 'idolo', Lou Reed. Lester viveva le interviste come una sorta di dovere di provocazione. Era uno scrittore. Era un musicista. Non si era mai drogato. Era invece stato alcoolizzato ma era uscito dall'alcoolismo, partecipando alle iniziative dell'Anonima Alcoolisti. E' morto a 33 anni nel 1982 per un consumo combinato di antidolorifici e sedativi.
Birdland with Lester Bangs in 1978 |
Lou Reed, who with his group the Velvet Underground was singing about drag queens and heroin at least five years before such obsessions reached the mass level. Who began a comeback as a solo artist last summer in England, and under the wing of David Bowie produced Transformer, a classic of mondo bendo rock. Who then, having come out of the closet at last, returned to his New York home and ushered in 1973 by getting married to an actress cum cocktail waitress named Betty (stage name Krista) Kronstadt.
On top of all that, both Transformer and the single from it are enormous hits. Lou Reed is not only a legend: he's a star. In one of the interviews he did last summer, Lou said: "I can create a vibe without saying anything, just by being in the room."
He was right. You sit yourself down, and sure enough you become aware pretty fast that there's this vaguely unpleasant fat man sitting over there with a table full of people including his blonde bride. Pretty soon he comes over to join you and the tic becomes focused too sharply for comfort. It's not just that Lou Reed doesn't look like a rock'n'roll star any more. His face has a nursing-home pallor, and the fat girdles his sides. He drinks double Johnnie Walker Blacks all afternoon, his hands shake constantly and when he lifts his glass to drink he has to bend his head as though he couldn't possibly get it to his mouth otherwise. As he gets drunker, his left eyeball begins to slide out of sync.
In spite of all this, however, he managed to live up to his reputation for making interviewers uncomfortable. He fixes you with that rusty bug eye, he creaks and croaks and lies in your face and you're helpless. He lies about his music and his album covers ("That was me in drag on the back of Transformer.") Most of all, he lies about himself. But he qualifies it by saying, "I don't especially tell the truth most of the time anyway."
"No," wheezes Nick nonplussedly, "I've got a cold."
"Try Vicks Vapo Rub," says Lou. "I came down with a very bad cold in Boston, and it works. You've gotta lie there for two or three days with that glop on your chest and a towel or something, and every once in a while somebody has to have the nerve to reach into the bowl of that shit and rub it in. Like I remember," he free-associates, "when everybody was taking acid and we discovered Dippity Do, and everybody said, 'It's just like a cunt, it's fantastic!' And we all ran into the bathroom and jumped into the bathtub and started fingering the Dippity Do jar."
Everything is jokes to this bibulous bozo; he really makes a point of havin' some fun! Although it does disturb his friends and fans to see him in such failing health. But he can find a joke even there.
At one point I asked him when he intended to die.
"I would like to live to a ripe old age and raise watermelons in Wyoming." Then he takes another glug and machos: "I'm outdrinking you two to one, you know."
"Are you proud of yourself?"
"Yeah. No, not actually; it's just that a single shot of Scotch is so small that you've gotta nurse it like it's a child or something. I drink constantly."
"How does it treat your nervous system?" I probed.
"It destroys it," he beamed.
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"Well, my time will come. By now I'm getting tired of liquor because there's just nothing strong enough. Now if we were drinking 150-proof sake, or something like that, then I could get drunk..."
He is equally devastating in his frankness on drugs: "I take drugs just because in the 20th century in a technological age living in the city there are certain drugs you have to take just to keep yourself normal like a caveman. Just to bring yourself up or down, but to attain equilibrium you need to take certain drugs. They don't getcha high even, they just getcha normal."
Normal Lou Reed reached for a Marlboro. As he fumbled to tear a match out of the book and strike it, his hands trembled so fiercely that you wondered if he was going to be able to get that butt lit.
This interview was turning out so fabulous I knew it was now time to get our hooks right down in the nitty gritty, and talk about sex.
What about the relationship of what you're doing artistically to the gay scene in general and specific? Wax eloquent, for once and finally, he did. Listen kids, you may think you've got your identity crises and sexual lateral squeeze plays touchdown cold just because you came out in rouge 'n' glitter for Dave Bowie's latest show, but listen to your Papa Lou. He's gotta nother think for you punk knowitalls: "The makeup thing is just a style thing now, like platform shoes. If people have homosexuality in them, it won't necessarily involve makeup in the first place. You can't fake being gay, because being gay means you're going to have to suck cock, or get fucked. I think there's a very basic thing in a guy if he's straight where he's just going to say no: 'I'll act gay, I'll do this and I'll do that, but I can't do that.' Just like a gay person if they wanted to act straight and everything, but if you said, 'Okay, go ahead, go to bed with a girl,' they're going to have to get an erection first, and they can't do that.
"The notion that everybody's bisexual is a very popular line right now, but I think its validity is limited. I could say something like if in any way my album helps people decide who or what they are, then I will feel I have accomplished something in my life. But I don't feel that way at all. I don't think an album's gonna do anything. You can't listen to a record and say, 'Oh that really turned me onto gay life, I'm gonna be gay.' A lot of people will have one or two experiences, and that'll be it. Things may not change one iota. It's beyond the control of a straight person to turn gay at the age he'll probably be listening to any of his stuff or reading about it; he'll already be determined psychologically. It's like Franco said: 'Give me a child until he's seven and he's mine.' By the time a kid reaches puberty they've been determined. Guys walking around in makeup is just fun. Why shouldn't men be able to put on makeup and have fun like women have?"
Lou Reed just may have a better perspective on this supposed upheaval in sexual roles than any of these Gore Vidals and Jill Johnstons. Duds comin' outa the closet in droves and finding out they're heterosexual! Ha! Only trouble is that Lou's thinking also makes him a product of the rigidly dualistic era when he grew up a hell of a Fifties cat for somebody who helped usher in the Seventies. He thinks you're either some blissfully "normal" heterosuburbanite weekender on your own, or otherwise you gotta be some mungstreaked depravo wretch skulking through the gutter on all fours. Listening to him talk, you can't help wondering how much of Lou Reed's songs are about people he makes up, as he claims, and how much of them is about himself. In which case – if say, Perfect Day is autobiographical – he must be the most guilt-ridden person on the face of the earth. Which would make it hard for anybody to live up to their own legend.
If Lou Reed seems like rock's ultimate closet queen by virtue of the fact that he came out of the closet and then went back in, it must also be observed that lots of people, especially lots of gay people, think Lou Reed's just a heterosexual onlooker exploiting gay culture for his own ends. And who knows but that they may be right. When I asked him about his plans for his next album, he said: "I may come out with a hardhat album. Come out with an anti-gay song, saying 'Get back in your closets, you fuckin' queers!' That'll really do it!"
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The concert was okay. Reports on this tour have varied drastically – depending on expectations and how Lou happens to be feeling, I guess – and his band, a bunch of high school kids assembled by Steve Katz, is more than adequate.
But there's probably more going on here than meets the eye. Katz must have had plenty of musicians to choose from – he could conceivably have assembled a high-charged ensemble a la Elephant's Memory, he could certainly have gotten a crew of faceless high-tech sessionmen if they didn't want anybody to detract from Lou. But what he got was a bunch of competent high school kids off anybody's block, who also happen to be some of the ugliest cretins ever assembled on one stage!
These guys are the absolute apotheosis of the Flushing, N.Y. or Hoboken, N.J. schlub. They're so nada that they become not faceless, you can't ignore 'em because they contrast so sharply with Lou Reed's leather trip.
For somebody who has based so much of his career on sex, Lou Reed has certainly surrounded himself with an asexual band. It would be easy to conclude that this is simply because he didn't want anybody else stealing the show (in which case it backfired – his bassist is the ugliest person I have ever seen) or that he's so dunced out he didn't make such considerations (unlikely). So you end up with the possibility that Lou may have an intentionally asexual band as a reaction to glam-rock and his own image. Which, if you follow that logic to the terminal, reeks of self-destructive guilt. Just imagine if Lou Reed did to his lead guitarist what Bowie does to Mick Ronson – pretending to blow him – he'd look like the archetypal homosexual criminal. It would be the most repulsive (in a sense never dreamed of by people like Alice Cooper) spectacle in the history of rock.
The audiences, however, usually love the show, and it's gratifying to see them flood down to the stage at last, giving Lou Reed the adulation he's deserved for so long. It's only when you start to think about the basic lameness of his band, the dirge-like tempo at which he sings most of the songs, the generally funereal atmosphere, and the speculations that all this leads you into, that you begin to get bugged. Because Lou Reed's finally got a chance at real sustained stardom, and he is blowing it. He's still riding on the legend now, but people are going to get tired damn fast of a legend who slunks out with a bunch of blobs behind him, sings his songs as if he's falling asleep, forgets the words half the time, stands as still as if he's embalmed except for remembering every five minutes or so to wiggle his ass or wave his hand whether it's really the time to do it or not. His whole career at this point is like welching out on a bet.
My personal payoff with Lou came when we got back to the hotel after the gig. About a dozen people sat around a shadowy suite while the Original Phantom Purveyor of the New Rock got drunk on his ass and rambled on to the point of babble. I got totally blasted myself, my disappointment came through and I started baiting him: "Hey Lou, doncha think Judy Garland was a piece of shit and better off dead?"
"No! She was a great lady! A wonderfully wise and witty lady ..."
"Hey Lou, then doncha think David Bowie's a no-talent asshole?"
"No! He's a genius! He's brilliant!"
(It makes sense that Lou would say that, since he allegedly made an ass of himself by falling in love with Bowie when he went to England last summer.)
"Ahh, c'mon, what about all that outer Space Oddity shit? That's just Paul Kantner garbage!"
"It is not! It's a brilliant masterpiece! Oh, you are so full of shit!"
"It was dogshit. Why don't you get off all this crap and just try being banal for a change? Why doncha write a song like Sugar, Sugar? That'd be something worthwhile!"
"I don't know how. I would if I could... l wish I'd written it..." Jeez, the poor bastard was getting so pathetic even his overwhelming maudlin streak was beginning to get to me! Like all the last year every time his name comes up all you hear is "Poor Lou!" Poor Lou, poor Lou, poor poor poor Lou Reed! You wouldn't wanna be in his shoes! The tortured artist! The poor hamstrung sensibility! But I was too drunk for brakes, so I got even more personal and abusive: "Hey Lou, why doncha start shooting speed again? Then you could come up with something good!"
"I still do shoot it... My doctor gives it to me... Well, no actually they're just shots of meth mixed with vitamins... well, no actually, they're just vitamin C... injections."
It went on like that for a while; finally, the whole thing sort of flaked into silence, and a girl from his organisation had to come and carry him off to his room.
But I'll always carry that last picture of him, plopped in his chair like a sack of spuds, sucking on his eternal Scotch with his head hanging off into shadow, looking like a deaf mute in a telephone booth. (He's still pretty cool, though; I stole that last phrase from him.)
If all this makes you feel sorry for him, then you can compliment yourself on being a real Lou Reed fan.
Because that's exactly what he wants.
Then again, maybe time is still on Lou Reed's side. A few days later I
was sitting in my room when the door flew back and in barged Josh,
nine-year-old son of one of the people I live with. He's one of these
typical little prepube smartasses with long hair and a big mouth, and he
immediately demanded: "Where 'dja get alla records?"
"Cute kid," thinks I. "Maybe I'll give him a copy of the Electric Company soundtrack."
"Hey!" he poots. "Yagotenny Vaaaan Morrison or Leeon Russell?"
Awright you little popsickle pecker, I'm getting pissed at all this blatant trashing of respect for elders. So I drag out a copy of Transformer: "Wanna hear this?"
"Naaah," he snorts. "I awready got a copy."
"Oh yeah. What's your favourite song on it?"
"New York Telephone Conversation. But my brother likes the one that goes 'shaved 'er legs an' then he was a she'." His brother is eight.
"Well, then, whattaya think of it?" I was a broken man.
"I think it's great! We play it all the time." So there you are. A bit later I tried to put on an America album and the brat called me a "health food eater". He's obviously a prodigal snot, but you can't ignore the evidence: Lou Reed may be leagues from the peak of his creative powers, he may be a deteriorating silhouette of a star...
But give him a child from the time he's nine.
Soundtrack: Lester Bangs - let it blurt
"It is not! It's a brilliant masterpiece! Oh, you are so full of shit!"
"It was dogshit. Why don't you get off all this crap and just try being banal for a change? Why doncha write a song like Sugar, Sugar? That'd be something worthwhile!"
"I don't know how. I would if I could... l wish I'd written it..." Jeez, the poor bastard was getting so pathetic even his overwhelming maudlin streak was beginning to get to me! Like all the last year every time his name comes up all you hear is "Poor Lou!" Poor Lou, poor Lou, poor poor poor Lou Reed! You wouldn't wanna be in his shoes! The tortured artist! The poor hamstrung sensibility! But I was too drunk for brakes, so I got even more personal and abusive: "Hey Lou, why doncha start shooting speed again? Then you could come up with something good!"
"I still do shoot it... My doctor gives it to me... Well, no actually they're just shots of meth mixed with vitamins... well, no actually, they're just vitamin C... injections."
It went on like that for a while; finally, the whole thing sort of flaked into silence, and a girl from his organisation had to come and carry him off to his room.
But I'll always carry that last picture of him, plopped in his chair like a sack of spuds, sucking on his eternal Scotch with his head hanging off into shadow, looking like a deaf mute in a telephone booth. (He's still pretty cool, though; I stole that last phrase from him.)
If all this makes you feel sorry for him, then you can compliment yourself on being a real Lou Reed fan.
Because that's exactly what he wants.
"Cute kid," thinks I. "Maybe I'll give him a copy of the Electric Company soundtrack."
"Hey!" he poots. "Yagotenny Vaaaan Morrison or Leeon Russell?"
Awright you little popsickle pecker, I'm getting pissed at all this blatant trashing of respect for elders. So I drag out a copy of Transformer: "Wanna hear this?"
"Naaah," he snorts. "I awready got a copy."
"Oh yeah. What's your favourite song on it?"
"New York Telephone Conversation. But my brother likes the one that goes 'shaved 'er legs an' then he was a she'." His brother is eight.
"Well, then, whattaya think of it?" I was a broken man.
"I think it's great! We play it all the time." So there you are. A bit later I tried to put on an America album and the brat called me a "health food eater". He's obviously a prodigal snot, but you can't ignore the evidence: Lou Reed may be leagues from the peak of his creative powers, he may be a deteriorating silhouette of a star...
But give him a child from the time he's nine.
Soundtrack: Lester Bangs - let it blurt
Friday, July 24, 2015
Affittare è vivere?
In spiaggia tirava un vento così forte che sconsigliavano di fare il bagno e le sferzate di sabbia sollevata dalle folate scoraggiavano anche i più ostinati amanti del mare. La piscina era dunque una soluzione.
Tu stavi sorseggiando un fresco cocktail di frutta perché eravamo appena tornati da un giro in auto che ci aveva portati (... per essere precisi, io avevo guidato e avevo portato ...) sulla costa settentrionale di Creta dove il vento era meno forte e si poteva gioire della spiaggia e del mare. Il caldo era intenso.
Ci siamo guardati mentre una scorribanda di vocine di lingua tedesca sfilava vicina per finire in un tuffo collettivo. I genitori guardavano dalle sedie sdraio, eleganti, sotto i palmizi, al bordo della vasca. "Quanto costerà una piscina così?" mi hai domandato con una certa nonchalance.
Dior |
Nostro figlio era alle prese con un gruppo di coetanei per riuscire ad organizzare una partita di calcio. Sfilava avanti e indietro insieme ad altri per trovare il numero minimo necessario di partecipanti. "Oddio, con questo caldo, una partita di pallone ..." il pensiero mi paralizzava. "Scusa, ma se i soci sono così tanti, tutti quelli che sono qui è come avessero affittato una piccola parte di struttura che comprende anche la piscina?!?" mi hai replicato mentre il tuo cocktail si era già dimezzato.
Hot air balloon above ancient temples of Bagan, Myanmar |
"Siamo tutti in affitto!" hai esclamato a voce alta. I tedeschi vicino a noi si sono voltati ma, non potendo capire, ci hanno dedicato solo pochi istanti di attenzione. "Non capisci? Tutti, ma proprio tutti sono in affitto. Ricchi e poveri. Straricchi e strapoveri. Nessuno sfugge. E' la legge della vita.
Claude Monet - Landscape with Figures, -1888 |
Hai accavallato le gambe abbronzate e, dopo avere fatto un cenno di saluto al figlio che si allontanava con altri verso il campo da calcio, mi hai risposto "Affitto è la vita. Affittiamo una quota di tempo e di spazio nel quale vivere. L'affittiamo e poi, una volta esaurito il tempo, ce ne andiamo. Altrove, non so. Come una vacanza. Ci rechiamo in una località, viviamo in un modo diverso dal solito, e poi ripartiamo."
Gustave Caillebotte - Man on a Balcony - 1880 |
"Anche chi è ricchissimo e potentissimo finisce il suo periodo di affitto e si diparte. Quindi la vita è illusione. Ci illudiamo di avere qualcosa che non ci appartiene e sul quale non abbiamo alcun potere. Quindi, viviamo sereni considerando i reali valori di questa vacanza che è la vita stessa!" e hai concluso con un gesto della mano che faceva ruotare il polso in una mossa di levità e spensieratezza.
Van Gogh - Vento |
Non mi sembrava il caso di appesantire l'atmosfera con pensieri simili. Meglio socchiudere gli occhi alla luce solare e respirare il profumo del vento e del mare.
Soundtrack: Question Mark & The Mysterians - 96 Tears
Wednesday, July 22, 2015
Le pays que Dieu a oublié
E' giusto dire che Dio si è dimenticato di noi?
E' giusto sopravanzare il potere di autodeterminazione che ci è stato dato?
E' giusto fare come i bambini che danno la colpa sempre ad altri?
Cosa avrebbe dovuto fare?
Cosa dovrebbe fare adesso e in futuro?
Cosa vorremmo che facesse?
Forse che si prendesse cura di noi, decidendo per noi?
Forse che stabilisse cosa deve succedere e cosa no?
Forse che evitasse la nostra presa di coscienza?
Siamo forse desiderosi di essere solo guidati?
Siamo forse così poco capaci di decidere in autonomia?
Siamo così forse privi di autostima?
Positivismo contro Religione.
Orgoglio contro Autodeterminazione.
Disillusione contro Autostima.
Soundtrack: La Souris Déglinguée - Le pays que Dieu a oublié
E' giusto sopravanzare il potere di autodeterminazione che ci è stato dato?
E' giusto fare come i bambini che danno la colpa sempre ad altri?
Cosa avrebbe dovuto fare?
Cosa dovrebbe fare adesso e in futuro?
Cosa vorremmo che facesse?
Forse che si prendesse cura di noi, decidendo per noi?
Forse che stabilisse cosa deve succedere e cosa no?
Forse che evitasse la nostra presa di coscienza?
Siamo forse desiderosi di essere solo guidati?
Siamo forse così poco capaci di decidere in autonomia?
Siamo così forse privi di autostima?
Positivismo contro Religione.
Orgoglio contro Autodeterminazione.
Disillusione contro Autostima.
Soundtrack: La Souris Déglinguée - Le pays que Dieu a oublié
Monday, July 20, 2015
Poppies
Quando morirò vorrò avere le orecchie piene del frinire delle cicale.
Quando morirò vorrò percepire il silenzio che solo le ore più luminose e calde sanno dare.
Quando morirò vorrò avere il naso e i polmoni colmi del profumo del vento e del mare.
Quando morirò vorrò avere gli occhi accecati dalla luce del sole estivo.
Quando morirò vorrò avere il rosso dei papaveri di fronte a me e nel cuore.
Soundtrack: Patti Smith - Poppies - 1979 - CBGB's
Quando morirò vorrò percepire il silenzio che solo le ore più luminose e calde sanno dare.
Quando morirò vorrò avere il naso e i polmoni colmi del profumo del vento e del mare.
Quando morirò vorrò avere gli occhi accecati dalla luce del sole estivo.
Quando morirò vorrò avere il rosso dei papaveri di fronte a me e nel cuore.
Soundtrack: Patti Smith - Poppies - 1979 - CBGB's
Saturday, July 18, 2015
Grecia, la vacanza e la realtà
"E' vero," mi sono detto tra me e me, "sono stato in vacanza in Grecia, nella splendida Grecia che amo e che vorrei diventasse la mia residenza definitiva. Sono stato in Grecia anche quest'anno, nonostante avessi un poco vergogna di quanto sta succedendo e un po' di preoccupazione per il bene procedere della vacanza."
"E' vero che quest'anno ho letto nei modi dei Greci, di solito così affabili e sorridenti, un che di brusco e di infastidito. Mi sono sentito dall'altra parte ma poi ho riflettuto che, a parte la mia pregiudiziale insofferenza nei confronti delle istituzioni monetarie ed economiche europee e mondiali, 'forse' una quota non irrilevante di responsabilità in questa situazione economica l'hanno anche loro stessi con, ad esempio, pensioni che noi non sappiamo più cosa siano da un decennio almeno ..."
Vittorio mi disse che andava in pensione. Questo accadeva oltre 15 anni fa. Ora ci penso e mi rendo conto che aveva 56 anni. Oggi sarebbe impensabile andare in pensione a quell'età. So che lo vorrei, mi piacerebbe, ma non è più così.
"E' vero, noi siamo oberati di tasse e gli stipendi sono bloccati da tempo col risultato che il nostro potere d'acquisto scende anno dopo anno ... e loro?" Allora, mi dico che il loro atteggiamento è di fatto un po' egoista e che dovrebbero accettare quello che noi anni ed anni fa abbiamo accettato di punto in bianco. Le nostre signore, in primis quando si sono vista alzare l'età pensionabile di diversi anni (e senza essere state interpellate) ...
"E' vero quindi che non mi devo vergognare di volere acquistare una casa in Grecia per andare a viverci ... è un mio diritto, sudato e legittimo. Non sono un parassita che vuole approfittare di una situazione economica. Lo desideravo, lo volevo fare ben prima di adesso!"
Ed allora mi giro dall'altra parte e spero che le cose si risolvano nel migliore dei modi per tutti. Diciamo, con reciproca soddisfazione e condivisione. So che è semplicistico, ma spero che ci si renda conto di due cose:
Maggiore umanità nelle logiche di scelta, in generale.
Maggiore considerazione per le fasce economicamente più deboli.
Maggiore attenzione alla salvaguardia dei beni naturali.
Maggiore determinazione nell'educare le persone al senso del bello e del sostenibile.
Maggiore rispetto verso questo nostro pianeta che ormai arranca soffocato dall'innaturale.
Maggiore solidarietà anche a discapito dei 'profitti' economici.
Maggiore umiltà nel considerare i propri diritti rispetto a quelli degli altri.
Maggiore realismo su chi siamo, quando duriamo al mondo e quanto vale il resto.
Maggiore rilevanza nei confronti dei 'reali' valori, rispetto a quelli del consumismo.
Maggiore desiderio di pace e uguaglianza e giustizia e amore.
"Si protebbe andare all'infinito, vero?" mi hai detto mentre ci accomodavamo sui sedili dell'aereo che ci portava a casa. "E' vero!" ti ho risposto, ripromettendomi di declinare questo pensiero il più a lungo possibile. Mi sono allacciato la cintura di sicurezza e ho atteso il decollo.
Soundtrack: Bella ciao
"E' vero che quest'anno ho letto nei modi dei Greci, di solito così affabili e sorridenti, un che di brusco e di infastidito. Mi sono sentito dall'altra parte ma poi ho riflettuto che, a parte la mia pregiudiziale insofferenza nei confronti delle istituzioni monetarie ed economiche europee e mondiali, 'forse' una quota non irrilevante di responsabilità in questa situazione economica l'hanno anche loro stessi con, ad esempio, pensioni che noi non sappiamo più cosa siano da un decennio almeno ..."
Vittorio mi disse che andava in pensione. Questo accadeva oltre 15 anni fa. Ora ci penso e mi rendo conto che aveva 56 anni. Oggi sarebbe impensabile andare in pensione a quell'età. So che lo vorrei, mi piacerebbe, ma non è più così.
"E' vero, noi siamo oberati di tasse e gli stipendi sono bloccati da tempo col risultato che il nostro potere d'acquisto scende anno dopo anno ... e loro?" Allora, mi dico che il loro atteggiamento è di fatto un po' egoista e che dovrebbero accettare quello che noi anni ed anni fa abbiamo accettato di punto in bianco. Le nostre signore, in primis quando si sono vista alzare l'età pensionabile di diversi anni (e senza essere state interpellate) ...
"E' vero quindi che non mi devo vergognare di volere acquistare una casa in Grecia per andare a viverci ... è un mio diritto, sudato e legittimo. Non sono un parassita che vuole approfittare di una situazione economica. Lo desideravo, lo volevo fare ben prima di adesso!"
Ed allora mi giro dall'altra parte e spero che le cose si risolvano nel migliore dei modi per tutti. Diciamo, con reciproca soddisfazione e condivisione. So che è semplicistico, ma spero che ci si renda conto di due cose:
- la prima è che non è possibile vivere accumulando debiti su debiti che poi quancuno, alla fine, dovrà pagare (se vogliamo restituire alle future generazioni un mondo migliore di quello ricevuto, questo non è il modo ...)
- la seconda, è che per raggiungere gli obiettivi comuni bisogna fare sacrificio un po' tutti.
- la prima è che è immorale ed indegno che chi è ricco (rivedo con la memoria l'intervista a quell'armatore greco che all'ipotesi di aumento delle tasse sulle flotte navali ha dichiarato, sorridendo, che in tal caso lui avrebbe subito cambiato bandiera alla propria ...) se ne infischi di tutti gli altri "meno fortunati" (mi sovviene il desiderio di statalizzazione),
- l'altra considerazione è che di fronte a questa prepotente ma oggettiva presa d'atto che i debiti vanno pagati e che i conti devono essere risanati, sarebbe importante pensare che forse è anche necessario rivedere le modalità con cui questo nostro mondo procede.
Maggiore umanità nelle logiche di scelta, in generale.
Maggiore considerazione per le fasce economicamente più deboli.
Maggiore attenzione alla salvaguardia dei beni naturali.
Maggiore determinazione nell'educare le persone al senso del bello e del sostenibile.
Maggiore rispetto verso questo nostro pianeta che ormai arranca soffocato dall'innaturale.
Maggiore solidarietà anche a discapito dei 'profitti' economici.
Maggiore umiltà nel considerare i propri diritti rispetto a quelli degli altri.
Maggiore realismo su chi siamo, quando duriamo al mondo e quanto vale il resto.
Maggiore rilevanza nei confronti dei 'reali' valori, rispetto a quelli del consumismo.
Maggiore desiderio di pace e uguaglianza e giustizia e amore.
"Si protebbe andare all'infinito, vero?" mi hai detto mentre ci accomodavamo sui sedili dell'aereo che ci portava a casa. "E' vero!" ti ho risposto, ripromettendomi di declinare questo pensiero il più a lungo possibile. Mi sono allacciato la cintura di sicurezza e ho atteso il decollo.
Soundtrack: Bella ciao
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