Sono uscito a fare la spesa ma per me la spesa non è uno scherzo. Già pochi, i soldi, ma sopratutto l'impresa di andare e tornare dal discount. Poche cose da prendere, quelle che mi posso permettere, e poche cose da portare perché di più non mi è possibile.
Un piccolo zaino è quello che riesco ad avere con me, ma devo chiedere l'aiuto per riuscire a mettermelo sulle spalle, dopo averlo riempito delle poche cose che può contenere. Devo trovare un punto di appoggio affidabile perché, se cado a terra, diventa tutto un dramma ed è umiliante.
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Sayaka Maruyama |
Non so perché sono così. Sono ignorante e nessuno mi ha mai spiegato come è successo. So che ci sono cresciuto ed ho visto gli altri correre e giocare e prendere il volo verso una vita diversa, normale, con una ragazza al fianco che sorrideva. Io, semplicemente, no. Nulla di tutto questo, mai.
Non ricordo di me stesso che camminavo. Non ricordo di un gioco insieme da altri, come gli altri. Le stampelle sono sempre state con me e io con loro. Le mie compagne. Ormai rovinate come i miei pantaloni che sarebbero proprio da sistemare e lavare ... ma non ce la faccio. Le scarpe sono grosse e pesanti ma proprio per questo mi aiutano a muovermi.
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Marlene Dumas
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Oscillo come un pendolo. Mi lancio in avanti e poi le gambe oscillano e si portano più avanti del tronco. Così mi appoggio e quindi sollevo le grucce per portarle in avanti facendo perno sulle gambe. Ferme e rigide sugli scaponi pesanti. E così, procedo in avanti. Non posso muovermi all'indietro come fanno gli altri. Devo prima voltarmi tutto. E poi, spesso devo fermarmi perché fare così è molto faticoso.
Mi fermo e riposo. Le braccia e le gambe sono affaticate e, se c'è il sole, mi bagno di sudore e così anche i vestiti, la camicia, la maglietta e i pantaloni. Però non ce la faccio a lavarmi bene e questo aggiunge il peggio al peggio. Rimango così, costretto ad essere conciato e maleodorante e lento e trascurato.
Eppure, quando mi fermo mi guardo intorno e guardo le altre persone passare ed essere normali, guidare, correre, andare in bicicletta e tenersi per mano. O anche solo gesticolare mentre camminano o salgono sale sul tram. Vorrei tutta questa banale normalità anche per me. Mi sembra che nessuno si domandi cosa penso. Faccio parte del paesaggio di una strada periferica di città, con persone normali e storpi che passano e vanno.
Una cosa bella però la faccio. Scrivo male ma mi sento di scrivere poesie. Le tengo in un quaderno che è avvolto in un foglio di plastica e ogni giorno lo tiro fuori e scrivo. Una serie di parole e di pensieri ogni giorno. Da anni e anni. Una matita. Una sola matita che si consuma e ogni volta nasce il timore di non trovarne un'altra e di non potere più scrivere.
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Alex Webb
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Ma poi, mi domando, scrivere per cosa? Chi mai leggerà qualcosa da me e questo quaderno si perderà la prima volta che avrò bisogno di un aiuto e qualcuno raccoglierà le mie cose. Le raccoglierà e finiranno tutto in un sacco che metteranno sotto la branda e che poi si perderà. Chi si domanderà cosa c'è dentro quella busta di plastica. Avranno persino schifo di frugare dentro.
E la somma dei miei pensieri che si è composta nel tempo, giorno dopo giorno, si sfilaccerà in un semplice dimenticarsi di quel sacco o nel non considerare che io abbia mai potuto esprimere qualcosa al di fuori del semplice oggettivo concatenarsi di gesti, azioni, motivate da fisiche esigenze.
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Mikiel - 2015 |
E allora, cosa fare? Io, il nulla e al tempo stesso, contenitore di perfezione del pensare dell'uomo. Perché il pensiero in sè è perfezione. Astrazione dalla realtà e giudizio della stessa. Composizione sublime anche se grezza e sporca. Anche se sgrammaticata e puzzolente. La perfezione del pensare che si sposa al mio cammino da storpio che fa il pendolo sulle grucce e avanza.
Cosa fare? Come fare per destare l'attenzione sul pensare che si nasconde dentro ogni realtà, anche la più miserevole? Devo forse trovare il coraggio di scrivere il mio nome sul quaderno. Scrivere da dove vengo e chi è stata la mia famiglia che mi ha generato e di cosa si è composta la mia esperienza di vita. Chi fui, chi sono stato e chi sono. Cosa ho visto e sentito?
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Ilya Repin |
Compagno di ciò che striscia e corre via nel buio e negli angoli. Con il sapore della polvere e delle mani che non trovano il sapone. Con l'odore delle corporeità che si accumulano in un desiderio di lavarsi e di pulirsi che non trova soddisfazione. E con il prurito della pelle che tiene svegli. E il freddo dell'inverno che ti culla pericolosamente.
Dovrò trovare il coraggio di comperare del vino o, meglio, una bottiglia di liquore e poi una latta di benzina e poi ubriacarmi e poi darmi fuoco. Per bruciare stordito dall'alcool. Urlare lo stesso ma incapace di reagire. Bruciare per diventare irriconoscibile e perchè scompaia tutto. I vestiti laceri e sporchi. Le grucce rovinate e le scarpe pesanti e tutte consumate. Perché tutto di me divenga sterile e nessuno possa più guardarmi con disprezzo.
E volerò via. Nel fumo. Rimarranno sulla terra le impronte del volo dei miei pensieri. La mia grezza poesia. E si dirà che ho vissuto non riconosciuto e qualcuno magari utilizzerà il mio nome per cercare di migliorare qualcosa. Per dare dignità o una parvenza di dignità a chi altrimenti è reietto e disprezzato o guardato con sospetto e disgusto.
Magari il mio nome diventerà un simbolo e continuerà a volare. E una briciola dei miei pensieri rimarrà scritta su una lapide. Chi sono stato, come ho vissuto e guardato e riflettuto e amato e giudicato e desiderato.
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Sylvia Plath |
In fondo, la perfezione sta nella dimostrazione della grandezza che è intrinseca nel pensiero. Non importa se concepito da una persona bella e desiderabile o da un cencioso storpio che puzza perché non può lavarsi. La perfezione è nella vita e in ciò che da essa si genera. In fondo ...
Soundtrack:
Rolling Stones - 1968 Beggars Banquet Sessions - Family