Thursday, October 13, 2016

Emanuela e il Kintsugi

 
"Dì, hai visto Emanuela negli ultimi tempi? Ti dico questo perché l'ho incontrata proprio ieri in Piazza Duomo mentre salivo le scale della metropolitana e lei le stava scendendo. Ero controluce e quindi all'inizio non l'avevo vista ma poi, quando mi è passata al fianco ho sentito la sua voce perché stava telefonando. Mi sono girata di fianco e l'ho riconosciuta. Era bellissima!" mi stavi dicendo questo mentre eri in cucina e stavi preparando qualcosa.

Dallo studio sentivo a fatica ma avevo compreso le tue parole nel senso. Poiché Emanuela mi ha sempre incuriosito come donna e come spirito libero, ho messo in pausa il computer e mi sono alzato per raggiungerti. Mentre percorrevo il corridoio con la sua lunga libreria ti ho vista uscire dalla cucina con in mano due coppette con un veloce cocktail colorato e del lime che colorava il bordo.
Ho assaggiato il contenuto della coppetta ed era fresco e gioioso nel contempo. Un mohito cortissimo con metà rhum chiaro e vodka per esaltare la forza, mentre il resto era classico. Corto, perché quantitativamente poco al punto da stare nella coppetta che esaltava l'allegria del contenuto. Ti ho domandato di Emanuela perché ricordavo che almeno sei mesi prima era uscita da una storia con un nostro collega medico e sembrava veramente 'out'.

Emanuela è una bellissima donna, scura di capelli e con un viso tendenzialmente rotondo in cui fiammeggiano due occhi neri con una linea orientale all'insù che lei sa bene evidenziare con il trucco. Un trucco che spesso si rifà alle linee di mascara e eyeliner degli anni settanta e che talora lei accentua alla Emy Whinehouse. Il tagli dei capelli è però medio, dieri sul mediolungo mosso.
"Si, hai ragione. Alcuni mesi fa era distrutta. Il suo ... Gastone, non ricordo bene il nome, si era comportato così da bastardo che ne era rimasta sconvolta. Aveva scoperto che spesso le mentiva e con la scusa delle visite o degli impegni improvvisi in ospedale, trovava il modo di incontrarsi con le sue temporanee amanti. Si era sentita una di loro. Un'avventura ... e pensare che stavano già pianificando di sposarsi e di mettere su famiglia." mi hai detto mentre Caterina era saltata sul tuo grembo per essere accarezzata.

"Ricordo bene la cosa perché ne sono stato 'tirato dentro'. Lui lavora nel mio stesso ospedale e quindi lo conosco discretamente bene. Ha sempre avuto la fama di essere uno che corre dietro alle gonnelle ma, nel periodo in cui stava con Emanuela sembrava essersi calmato. Aveva evidentemente spostato il proprio interesse dal personale dell'ospedale alle persone esterne. Non ho mai avuto rapporti particolari perché mi pareva una persona sfuggente e non so rapportarmi con chi non mi piace ..." e sorseggiavo il tuo cocktail che volgeva alla fine, ahimé.
"Dopo la loro rottura ero uscito almeno un paio di volte con Emanuela e in una occasione l'avevo portata fuori a cena allo Shambala per una cena thai-vietnamita. cena a lume di candela ... al punto che le avevo dovuto precisare che quello, il mio, non era un tentativo e che eravamo andati là solo per stare tranquilli e parlare e cenare in modo diverso. Ricordo che si era messa a ridere buttando la testa alle spalle e mostrando la sua dentatura bellissima in una cornice di labbra rosso fuoco. Durante la cena però aveva pianto e le si era rovinato il trucco." avevo continuato.

"Lo so, ricordo perché avevi messo le mani avanti e me lo avevi detto. Shambala! Una volta hai rischiato di stare male perché ti avevano servito del pesce non cotto del tutto. Ma, per Emanuela ci eri tornato ... vero?" e stavi sorridendo perché scherzavi. Anche io scherzavo ... ma forse non del tutto. Emanuela mi piaceva veramente molto anche se non avevo mai tentato alcunché per amore e rispetto tuo, mi stavo dicendo mentre pensavo a quello che avevi detto.
"Si, Emanuela mi è sempre piaciuta perché ha in parte la tua eleganza e sensualità ma ho sempre pensato che non fosse così irripetibile come sei tu. Una certa prevedibilità me la faceva sentire 'normale' e quindi, per certi versi scontata e questo è un po' un deterrente per me, lo sai, vero?" avevo risposto e in quel momento mi sono ricordato di Emanuela seduta sul divano a casa nostra ... e ti ho guardata. La differenza c'era. Non la tua eleganza e il tuo charme.

"Mesi fa, Emanuela mi aveva chiamata e l'ho incontrata. Era il periodo in cui tu eri in Inghilterra per lavoro e forse non ti aveva trovato e ha cercato me. In fondo, sappiamo entrambi molto di Lei, conoscendola da tanti anni. L'avevo trovata sciupata, non più così curata, neppure nel vestire e avevo provato un vero rancore contro quel cretino del tuo collega. Giulio, ecco come si chiama!" mi hai detto mentre ti eri sfilata le scarpe e ti eri accovacciata sul divano (Caterina era sgattaiolata via).
"Si, me lo avevano detto anche altre persone. Amiche in comune. Meravigliate anche loro nel vederla come disfatta, trascurata, lasciarsi andare come non avrebbero mai immaginato. Un 'bellissimo vaso con una crepa profonda' mi aveva confessato Lucia mentre cercava paragoni su come aveva trovato Emanuela." Avevo acceso la luce per prendere un libro illustrato che avevo visto per terra, al fianco del divano su cui eri seduta.

"E quindi, puoi immaginare la mia gioia nel vederla in così splendida forma, l'altro giorno. Brillante, splendida, piena di energia e di fascino ... e poi al telefono stava civettando con qualcuno ... ho avuto l'impressione. Insomma, guarita e, anzi, migliorata rispetto a prima. Un effetto Kintsugi!". E mi hai sorpreso non solo per il tono con cui avevi pronunciato queste parole ma anche perché ignoravo quell'ultimo termine che avevi usato.
"Kintsugi? Cos'è?" ti ho piacevolmente confessato.

"Kintsugi (金継ぎ) significa letteralmente "riparare con l'oro" ed è una pratica giapponese che consiste nell'utilizzo di oro o argento liquido o lacca con polvere d'oro per la riparazione di oggetti in ceramica (in genere vasellame), usando il prezioso metallo per saldare assieme i frammenti. Questo rende l'oggetto più prezioso non solo per il metallo utilizzato ma anche perché, in questo modo, ogni ceramica riparata presenta un diverso intreccio di linee dorate che è unico ed ovviamente irripetibile per via della casualità con cui la ceramica può frantumarsi." mi stavi stupendo con questo concetto.
"Vuoi quindi dire che Kintsugi significa che dall'imperfezione e da una ferita può nascere una forma ancora maggiore di perfezione estetica e interiore? E' stupendo quello che mi hai detto. Bellissimo concetto e meravigliosa pratica di sensibilità giapponese! Sono stupefatto e tu sei sempre meravigliosa in questo! Unica e irripetibile!" e mi sono alzato per darti un bacio.

Caterina però la pensava in modo differente e mentre ero quasi arrivato alla tua guancia, lei si è lanciata sul divano all'inseguimento di Martino e ha turbato la perfezione di quel momento. Tu ti sei distratta e ti sei voltata per cercare dove fossero finiti quei due gatti e io non sono riuscito a fare altro se non a sentire il profumo dei tuoi capelli che mi sfioravano mentre ti giravi. Il mio bacio è finito nell'aria. Forse ho baciato te o forse ho lanciato un bacio a Emanuela-kintsugi.

Soundtrack: Death Cab for Cutie "I Will Follow You Into The Dark"

Thursday, October 6, 2016

Life is very short, and there's no time ... For fussing and fighting, my friend

Giovanni Lunardi, 1967
Mi stavi dicendo che tu sei nata quando forse Paul McCartney era già perito in quell'incidente di auto nel 1966 e che per te non esiste interruzione tra i primi e i secondi Beatles. Mi stavi sottolineando che le notizie sulla sostituzione di Paul McCartney con William Campbell non ti hanno mai coinvolto più di tanto. I "tuoi" Beatles sono sempre dopo il 1967 di Stg Pepper.
 
Ti ho guardata nel tuo vestito stile anni sessanta dalle nuances multicolori e ti ho sorriso. Nel 1966 avevo 11 anni e, seppure ascoltassi già i Beatles (il mio primo LP è stato proprio Rubber Soul) non potevo essere un loro fans al punto da conoscere ogni loro cosa e di vivere una sorta di tradimento al pensiero della sostituzione di Paul.
Jane Fonda
Ricordo, ti dissi, che qualche anno più tardi avevo cominciato a cercare i famosi messaggi nascosti nei loro dischi, e che facevano riferimento al famoso PID (Paul Is Dead). Stg. Pepper e poi Abbey Road e poi il White Album. Si trattava più di un gioco che altro. E così è stato negli anni a seguire ma poi avevo sentito parlare di un'intervista di George Harrison in cui lui ammetteva il cambio di persona.

"He blew his mind out in a car ... He didn't notice that the red lights had changed , A crowd of people stood and stared, They'd seen his face before ... Nobody was really sure if he was from the House of Lords" e le decine di frasi che sembravano tappezzare le loro canzoni. Quella Eleanor Rigby e "Father McKenzie, writing the word of a sermon that no one will hear, No one comes near" Tutto 'false rumor'?
The Beatles Book Monthly n° 43
Cosa ne dici? E Paul che cammina a piedi scalzi e tiene la sigaretta con la mano destra, lui che è mancino? Cosa ne pensi della voce che nella canzone "Gratitude" del 2007, quando fai girare il disco al contrario, dice "I was Willy Campbell"? Vengono i brividi. Un segreto tenuto così tanti anni, una responsabilità così grande ... e ora rimarrebbe solo Ringo dei Beatles originali? Cosa ne dici?

Ti sei voltata e hai sorriso facendo spallucce. Mi hai ripetuto che i tuoi Beatles sono successivi al 1967 e che non ti interessa, anche se ti piace parlarne. Anche se ti piace informarti sempre di più. E allora, mi sono chiesto se la mia vita durerà a sufficienza per riuscire un giorno a conoscere questa verità, oppure se mi sarà preclusa e mi addormenterò per sempre con il dubbio ancora vivo.
Mrs Osbourne, arrestata in Australia nel 1919 per un crimine di cui oggi non si sa nulla.
Cosa importa, in fondo ... Qqal'è la verità? Uno dopo l'altro, loro sono morti e ne rimangono solo due di cui forse uno è una persona diversa da quello che crediamo. Che importa? Di quante cose abbiamo una mezza verità o anche una mezza bugia? Di quante cose non sappiamo più nulla? Dimmi, ti ho domandato, ti ricordi di Piazza Fontana, della Strage della Loggia a Brescia, e di quella di Bologna? Cosa sappiamo? Mezze verità o mezze bugie?

Sapremo mai tutto? La vita è così breve e così complessa che la verità spesso ci sfugge. Non hai risposto e hai cambiato il disco sul giradischi perché quello di prima, We can work it out, era terminato e la testina oscillava avanti e indietro verso l'etichetta del disco.

 
Try to see it my way
Do I have to keep on talking till I can't go on?
While you see it your way
Run the risk of knowing that our love may soon be gone
We can work it out
We can work it out
Think of what you're saying
You can get it wrong and still you think that it's alright
Think of what I'm saying
We can work it out and get it straight, or say good night
We can work it out
We can work it out
Life is very short, and there's no time
For fussing and fighting, my friend
I have always thought that it's a crime
So I will ask you once again
Try to see it my way
Only time will tell if I am right or I am wrong
While you see it your way
There's a chance that we may fall apart before too long
We can work it out
We can work it out
 
Registrata il 20 Ottobre 1965
Marijke Koger/ The Fool, fashion and interior of the Apple Boutique, 1967. London

Tuesday, October 4, 2016

Lo strappo delle vene

 
"Autodistruzione" è il titolo della mia vita, leggo in una pagina di un diario trovato tra i libri di una cassa arrivata al centro di raccolta di una ONLUS a cui collaboro per beneficenza. Leggo senza fermarmi. "Autodistruzione" è l'angoscia della mia vita, fin da piccolo, quando mi domandavo perché avessi paura di diventare un 'senzacasa', un 'barbone', un uomo libero da qualsiasi schema ma anche dal calore, dalla pulizia e dalla salute.

Un'ombra ai margini della società, a tal punto inascoltato da diventare come invisibile perché ignorato, trasparente allo sguardo della mente ... un qualcosa di 'saltato' dal movimento degli occhi. Certo, si fa presto ad ignorare perfino alla vista. E' sufficiente saltare con lo sguardo la 'cosa' che si vuole evitare per riuscire ad ignorarla. La consapevolezza della sua esistenza rimane ma si ferma ad un livello superficiale e non penetra all'interno della razionalità.
Oggi siamo abituati a ignorare con la volontà quello che ci sta intorno. Sappiamo ignorare e questo è spaventoso! Sappiamo modificare i nostri sentimenti modulandoli in base alla convenienza e ... ignorare è quasi sempre conveniente. Ignorare significa non essere coinvolti e non sentire il dovere di partecipare. Non so, non sapevo, non immaginavo e quindi ... sono giustificato! Questo è l'insegnamento della nostra società.

Non abbiamo ricevuto un mondo così ... oppure invece era proprio quello che abbiamo ricevuto e siamo stati capaci di nutrirlo e farlo crescere. Penso che sia stato così perché l'alibi è una dimensione troppo bella. Alibi di non responsabilità ... eppure siamo responsabili di ogni nostro respiro e, figuriamoci dei gesti. Sappiamo ignorare ma ci verrà chiesto di ogni cosa ignorata. Prima o poi.
"Autodistruzione" è il titolo della mia vita ... continua il diario per pagine e pagine in una sorta di mantra devastante e in un crescendo dato dalla forza con cui il tratto della penna incide la debole pagina fino a riuscire a strapparla, quasi. "Autodistruzione" è l'obiettivo di un rifiuto responsabile e razionale che trova nel detestare le convenzioni la propria ragione di essere. Diario di un pazzo?

Diario di una vita iniziata nell'agiatezza e condotta sul duplice binario dell'essere e dell'io che vivono paralleli una doppia relatà in cui la parvenza non è la realtà e la vita si confonde con il desiderio di una dimensione diversa. Dove il tessere legami formali e consueti rende straziante le ore e gli istanti che popolano la vita.
"Autodistruzione" è giunta all'atto finale. "Autodistruzione" mi ha portato a procurarmi un uncino, tagliente, affilato e appuntito. Un ferro in sè ma uno striumento nella sua essenza coerente con la mia vita. E in una follia lucida e anestetizzante mi sono infilato l'uncino nel polso e ho raggiunto la vena e l'ho estratta, umida e gonfia, alla luce del sole.

"Autodistruzione" è anestesia dal dolore per la determinazione del gesto e della volontà che mi fa scavare nella carne per tirare fuori quanta più vena possibile fino a quando posso passare un dito ed afferrarla in modo saldo e definitivo. Oggetto di futuro, prossimo sacrificio, come gli antichi aztechi preparo il coltello che concluderà l'atto sacrificale.
Affrrata con due dita, passo la lama del rasoio sopra e recido di netto quest'oggetto da cui inzia a venire fuori un liquido denso e bruno che scivola sulla pelle e mi fa sentire un calore che sa di intimo, che sa di me. E poi il gesto si ripete con maggiore difficoltà sull'altro polso. L'uncino che penetra nella carne e la vena che viene agganciata. Le dita che la afferrano e la preparano al taglio ... ma la forza viene meno, il coltello rasoio scivola per terra e perdo il senso dello spazio.

Non vedo bene, non trovo il coltello rasosio con la lama amica e sale un senso di paura di non riuscire a concludere. Allora scrivo, scrivo queste parole. Scrivo questi pensieri. Devastato dal liquido caldo che mi si appiccica ovunque. Scrivo perché il diario è il compimento del gesto, altrimenti sarà stato inutile. Devastante compilazione di giorni e ore del mio trascorrere da spettatore che ha rifiutato e rifiuta l'esistenza che gli è stata proposta.
Scrivo e scrivo. Devo terminare e poi non so più cosa fare. La lama si è persa e allora mi viene in mente che ho una lama naturale. Ho i denti. I miei denti e guardo quel piccolo tubo tra le dita e il luccicare del liquido che lo avvolge e mi sporca e mi lancio come un cane sulla gola dell'avversario e strappo quel tubo. Senza dolore, affamata iena dell'esistenza che deve essere consumata.

Strappo la vena e inizia l'uscita della vita. Guardo le due vene tagliate-strappate.
Ora devo solo aspettare.
Soundtrack: Psychedelic trance 2016