Sunday, May 31, 2015

I was only 19 (a walk in the light green)

I WAS ONLY NINETEEN (A WALK IN THE LIGHT GREEN)
(John Schumann, Redgum)

Mum and Dad and Denny saw the passing-out parade at Puckapunyal.
It was a long march from cadets.
The Sixth Battalion was the next to tour, and it was me who drew the card.
We did Canungra, Shoalwater before we left.


Townsville lined the footpaths as we marched down to the quay.
This clipping from the paper shows us young and strong and clean.
An' there's me in me slouch hat with me SLR and greens.
God help me, I was only nineteen.


From Vung Tau, riding Chinooks, to the dust at Nui Dat.
I'd been in and out of choppers now for months.
But we made our tents a home, VB and pinups on the lockers.
An' an Agent Orange sunset through the scrub.


An' can you tell me, doctor, why I still can't get to sleep?
An' night-time's just a jungle dark and a barking M16?
An' what's this rash that comes and goes -- can you tell me what it means?
God help me, I was only nineteen.


A four week operation when each step could mean your last one on two legs.
It was a war within yourself.
But you wouldn't let your mates down 'til they had you dusted off.
So, you closed your eyes and thought about something else.


An' then someone yelled out, "Contact!" and the bloke behind me swore.
We hooked in there for hours, then a Godalmighty roar.
Frankie kicked a mine the day that mankind kicked the moon,
God help me, he was going home in June.


An' I can still see Frankie, drinking tinnies in the Grand Hotel
On a thirty-six hour rec leave in Vung Tau
An' I can still hear Frankie, lying screaming in the jungle
'Til the morphine came and killed the bloody row.


An' the ANZAC legends didn't mention mud and blood and tears.
An' the stories that my father told me never seemed quite real.
I caught some pieces in my back that I didn't even feel.
God help me, I was only nineteen.


An' can you tell me, doctor, why I still can't get to sleep?
An' why the Channel Seven chopper chills me to my feet?
An' what's this rash that comes and goes -- can you tell me what it means?
God help me, I was only nineteen.


NOTE
Puckapunyal: a recruit training center
Cunungra: a Jungle Warfare training center
Shoalwater: a place that the Army used for Military exercises
SLR: the personal weapon mostly used in Vietnam
Vung Tau & Nui Dat: Aussie bases in Vietnam
V B = Victorian Bitter: a very popular Aussie beer
ANZAC: the acronym for the Australian New Zealand Army Corps ("And the Band Played Waltzing Matilda - ANZAC Legend Begins")
Rec: Recreation leave


Soundtrack: I was only nineteen - Redgum

Friday, May 29, 2015

Erich Mühsam, le pulsazioni della vita


 

« Il gran male di cui l'umanità va liberata è la tendenza a compiacersi delle formule consacrate, che equivale poi alla mancanza di fiducia nella propria coscienza. Una volta emancipata dalla credenza cieca e passiva nelle formule, la sapienza dell'uomo potrà manifestarsi liberamente. Ma allora essa lotterà ancora per innalzarsi dalla scienza imparaticcia alla saggezza animata dalle pulsazioni della vita. » (Erich Mühsam)

 Soundtrack: Vietnam War Music 

 

Wednesday, May 27, 2015

Il ripudio del collettivismo

L'altra sera, mentre rientravo a casa, ho allungato il giro e sono passato in Via Conte Rosso dove non ero più tornato da almeno 40 anni. In un negozio, trasformato in Circolo Culturale si tenevano, negli anni settanta, le riunioni di una cellula di Lotta Comunista.

Ora non esiste più nulla. Forse era dove adesso c'è l'insegna di un Forno che all'epoca era stato okkupato. "Di', ti ricordi che c'era il vezzo di scrivere la Kappa al posto della lettera C? Ricordi che scrivevano Kossiga con la lettera S trasformata nel logo delle SS naziste? Era il ministo degli interni, allora."

Mi sono fermato. Così, perché c'era un capannello di persone davanti ad un'osteria. Basco, sigaro, barba e giornale sotto il braccio ... "Dove sono?" mi sono domandato. "Sono tornato indietro nel tempo?" Ho posteggiato lo scooter e mi sono avvicinato a loro. Un che di familiare. Uno di loro, in particolare.

Entro nel bar-osteria e mi trovo negli anni sessanta. Bancone in legno scuro, sedie tradizionali da osteria, tavoli usati da decenni e le bottiglie alle spalle del barista con uno specchio dietro. Azzarderei "un barolo chinato, per favore" ma non vedo la bottiglia. Era un aperitivo che si usava al bar di via Torricelli, nella zona dei Navigli.

Allora, scendo a più banali scelte e chiedo un "bianco spruzzato" che poi era il progenitore dello spritz, sperando che il giovane conosca la cosa. La conosce e versa. Ah, fresco e pungente e dolce al tempo stesso. Una vita fa, educato da qualche anziano al piacere del bianco con un pizzico di bitter campari.

Il tipo con barba, giornale in mano e basco entra nell'osteria e continua a parlare. Di politica, di cose sociali, di diritti calpestati e di coscienza dei propri bisogni che è scomparsa. La voce, profonda ma gentile. Gli occhi dietro le spesse lenti, un viso che è un'icona del "compagno di sinistra degli anni settanta".

Poi, ecco, un'espressione dialettale, con una chiara inflessione lombarda. Nulla di trascendente ma ben detta, ben pronunciata e sentita nel cuore. Carlo! Doveva essere Carlo. Il Carlo che avevo conosciuto al liceo Carducci. Con la barba, il basco, gli occhiali e la pigna di giornali da distribuire. Con 17 anni, allora, mentre ora ne doveva avere sessanta.

"Scusa, ma tu ti chiami Carlo?" non ho potuto fare a meno, mentre tenevo il bicchiere "duraflex, france" in mano. "Si, perché?", uno sguardo serio. "Perché io mi chiamo Alessandro e facevo il Carducci come te negli anni settanta. Eri di Lotta Comunista e mi avevi convinto a venire a qualche vostra riunione. Proprio qui, in via Conte Rosso".

"Porco boia, è vero. Ma, tu eri della sezione C. Mi ricordo di te. Bugs Bunny sulla giacca di jeans Levi's e la stella rossa sul basco!". Un sorriso, quarant'anni volati via. Due adolescenti di nuovo. "Porco boia, ma cosa fai da queste parti? Abiti qui adesso? Da poco! Si, perché io sono nato qui e vivo qui e non ti ho mai visto da queste parti prima."

Mi sono sentito di abbracciarlo. La puzza di sigaro sulla spalla della sua giacca e l'ispido della barba che una volta era stata nerissima ed ora virava al bianco. "Carlo, Carlo, come stai, cosa fai?" Avrei voluto avere ore ed ore ma sapevo di dovere rientrare a breve. Ricordo che, all'epoca, era l'unico rappresentante di Lotta Comunista, dei Marxisti-Leninisti, mentre i più, tra i compagni, erano di Lotta Continua.

"Eri l'unico a portare avanti le tue idee. Fuori dal gruppo. Unico" ho detto. "Forse, eri anche l'unico, vero proletario in mezzo a noi "figli di papà" che facevamo i "liceali di sinistra" con la bella casa e i golfini alla moda e il sabato da trascorrere con la fidanzatina in centro, a Milano."

Tu eri l'unico che veniva da case popolari e avevi il padre operaio e ti vestivi con indumenti semplici, ruvidi e dai colori seri (nero, blu, marrone, verde scuro, azzurro strano), ho convenuto tra me e me. "Ed ora? Il Circolo?" Mi hai sorriso, "te lo ricordi dunque. Non c'è più, ma Lotta Comunista esiste ancora. C'è un giornale, ci sono dei libri e ci troviamo. Vuoi riprendere, forse?"

Ho abbassato lo sguardo, poi ti ho fissato negli occhi e ti ho detto "Nella vita vorrei fare tutto ma non mi è dato il tempo di poterlo fare. A nessuno è concesso di andare in tutte le direzioni e dobbiamo quindi scegliere. E non sempre vorremmo farlo. Vorremmo riservarci la possibilità di tornare indietro e prendere un'altra via, indipendentemente dal fatto di essere contenti o meno della prima scelta. Così, tanto per provare altro. Ritornando indietro non solo sui nostri passi ma anche nel tempo, per vivere la cosa con lo stesso spirito."

Gli ho stretto il braccio e c'era della profonda stima per la sua grande coerenza ed affetto per la persona. "No, non riuscirei a farlo. Non voglio cominciare di nuovo qualcosa che poi non riesco a portare avanti. Non riuscirei a mantenere l'impegno. Con il cuore e con la testa, si. Ma con il tempo, no. Mi riservo di mantenere nel cuore l'idea e di comportarmi di conseguenza. Nel lavoro, nei rapporti, nella solidarietà e nella politica."

Aveva riacceso il sigaro, portandomi fuori del locale, sul marciapiede, per fumare. Hai aspirato e poi hai soffiato fuori una nuvola azzurrina. "Anche tu sei sempre stato un solitario. Individualista con il desiderio di imparare, di sbagliare e di continuare. Con le tue idee, i tuoi dubbi ma anche con i timori di un'educazione borghese. Troppo poco motivato dalla necessità e dal bisogno reale per sentire l'obbligo di lottare fino in fondo."

"Hai ragione. Lo penso anch'io. Troppo poco sporco di fango o di grasso di officina e troppo al caldo per desiderare di conquistare una posizione. Per questo ho più filosofeggiato che agito. Ecco, più teorico che pratico. Ma sono felice di essere così. La vita scorre fluida anche se il rimpianto della non azione, del non vivere pesantemente, esiste. Eccome se esiste."

Carlo. Un nome. Una figura, un confronto. Ieri come oggi e, forse, anche domani. Coerente nel modo di crescere e di essere e di proiettarsi nel futuro. O forse, più realisticamente, introiettato nel proprio mondo in una sorta di attaccamento al passato. Ad un mondo che ora non esiste più. Quello del collettivismo a tutti i costi.

"Carlo, vorrei proseguire il dialogo anche domani e dopo ancora e mantenerlo perché è un dialogo con il passato e con me stesso. Con ciò che ero e che continuo ad essere. Perché non ho mai rinnegato il collettivismo. L'idea della comune di vita, dell'avere tutto senza possedere alcunché. Del vivere insieme nel rispetto, nell'amicizia e nella solidarietà. In una visione utopistica e meravigliosamente affascinante."

Guardavo l'osteria e non vedevo più Carlo. Cercavo la panetteria e non sentivo più il profumo del suo sigaro. Mi sono girato e la strada era vuota. Con chi avevo parlato? Chi avevo abbracciato? Carlo era morto di overdose quando facevo la prima liceo al Carducci. Carlo ...

Soundtrack: INTI ILLIMANI - PAPEL DE PLATA

Monday, May 25, 2015

Per cambiare ciò che ci circonda ...

"Come fare a cambiare ciò che ci circonda?"
Mi hai fatto questa domanda mentre stavi preparando la cena.
"Bisogna aspettare i tempi maturi o bisogna intervenire sulla società?"
Intanto tagliavi zucchine e peperoni.
"Non sono sicura che basti lavorare sulle persone ..."
La verdura cadeva tagliata nella cesta che stava sotto il getto di acqua.
"Anzi, penso che sia importante iniziare a livello politico."
Era la volta dei cipollotti che cadevano in pezzetti nella padella.
"Vuoi il gomasio oppure preferisci pomodorini e peperoncino?"
Ti guardavo mentre cercavi determinata lo spicchio di aglio che avevi pelato.
"Sono di fatto convinta che si debba agire a livello politico, dicevo ..."
"Non sono sicuro", ti ho risposto.
"In che senso non sei sicuro? Da dove bisogna cominciare, allora?"
Mi sono preso una pausa, ho versato del vino rosso in due bicchieri e te ne ho passato uno.
"Nel senso che se non iniziamo a cambiare noi per primi, non può cambiare il resto."
La verdura lavata e scolata era finita in padella dove si stava dorando l'aglio.
"Vuoi dire?" e avevi iniziato a sorseggiare un poco di vino.
"Voglio dire che ... per cambiare ciò che ci circonda dobbiamo per primi cambiare noi."
Avevi iniziato a girare il mestolo nella padella e avevi abbassato la fiamma sotto.
"Si, forse hai ragione. Se non cambiamo noi, cosa possiamo pretendere ..."
Ti ho sorriso mentre pregustavo la cena.
"Non sono parole mie. Le disse Occhetto in occasione della svolta della Bolognina.
Le disse lui e le ripeteva Vittorio Foà. Solo che nessuno le ha seguite.
E il partito si è sfasciato.
Nuovo indirizzo politico e rinnovamento culturale in un modello organizzativo vecchio.
Fatto di uomini che non volevano per primi cambiare loro stessi. E tutto è finito."
Mi hai guardato incuriosita e poi hai servito la cena nei piatti.
"Buon appetito, mio irrinunciabile filosofo-politico"
"Buon appetito, mia cara."
Soundtrack: Ella Fitzgerald ft Buddy Bregman Orchestra - Bewitched, Bothered & Bewildered (Verve Records 1956)

Friday, May 22, 2015

Si J'etais Un Homme - Si les hommes n'étaient pas si pressés

Talvolta non si hanno parole.
Talvola si è così stanchi da affidare i propri pensieri
ad una melodia che piace e talora si scopre
che oltre alla musica esiste un testo gradevole che fa pensare.
 
Si J'etais Un Homme (Diane Tell)
 
Moi, si j'étais un homme, je serais capitaine
D'un bateau vert et blanc,
D'une élégance rare et plus fort que l'ébène
Pour les trop mauvais temps.


Je t'emmènerais en voyage
Voir les plus beaux pays du monde.
J' te ferais l'amour sur la plage
En savourant chaque seconde
Où mon corps engourdi s'enflamme
Jusqu'à s'endormir dans tes bras,
Mais je suis femme et, quand on est femme,
On ne dit pas ces choses-là.


Je t'offrirais de beaux bijoux,
Des fleurs pour ton appartement,
Des parfums à vous rendre fou
Et, juste à côté de Milan,
Dans une ville qu'on appelle Bergame,
Je te ferais construire une villa,
Mais je suis femme et, quand on est femme,
On n'achète pas ces choses-là. 


Il faut dire que les temps ont changé.
De nos jours, c'est chacun pour soi.
Ces histoires d'amour démodées
N'arrivent qu'au cinéma.
On devient économe.
C'est dommage : moi j'aurais bien aimé
Un peu plus d'humour et de tendresse.
Si les hommes n'étaient pas si pressés
De prendre maîtresse...
Ah ! si j'étais un homme !


Je t'appellerais tous les jours
Rien que pour entendre ta voix.
Je t'appellerais "mon amour",
Insisterais pour qu'on se voie
Et t'inventerais un programme
À l'allure d'un soir de gala,
Mais je suis femme et, quand on est femme,
Ces choses-là ne se font pas.


Il faut dire que les temps ont changé.
De nos jours, c'est chacun pour soi.
Ces histoires d'amour démodées
N'arrivent qu'au cinéma.
On devient économe.


C'est dommage, moi j'aurais bien aimé
Un peu plus d'humour et de tendresse.
Si les hommes n'étaient pas si pressés
De prendre maîtresse...
Ah ! si j'étais un homme,
Je serais romantique... 


Soundtrack: Diane Tell - Si J'étais un Homme

Thursday, May 21, 2015

Angiolina alle sei di mattina s'intreccia i capelli con foglie d'ortica

Canzoni che ti piacciono per la gioia che trasmettono.
La gioia di un gioco di carte che si trasforma in gioco di vita.
E la musica che incalza felice.
E tu che hai voglia di ballare, girando e girando su te stesso.
Adolphe William Bouguereau - The Girls of Fouesnant
C'è una donna che semina il grano
volta la carta si vede il villano
il villano che zappa la terra
volta la carta viene la guerra
per la guerra non c'è più soldati
a piedi scalzi son tutti scappati

Angiolina cammina cammina sulle sue scarpette blu
carabiniere l'ha innamorata volta la carta e lui non c'è più
carabiniere l'ha innamorata volta la carta e lui non c'è più.

William Strang (1859 – 1921
C'è un bambino che sale un cancello
ruba ciliege e piume d'uccello
tira sassate non ha dolori
volta la carta c'è il fante di cuori.
 
Il fante di cuori che è un fuoco di paglia
volta la carta il gallo ti sveglia
 
William McGregor Paxton - Girl Combing Her Hair - 1909
Angiolina alle sei di mattina s'intreccia i capelli con foglie d'ortica
ha una collana di ossi di pesca la gira tre volte intorno alle dita
ha una collana di ossi di pesca la conta tre volte in mezzo alle dita.


Mia madre ha un mulino e un figlio infedele
gli inzucchera il naso di torta di mele

Mia madre e il mulino son nati ridendo
volta la carta c'è un pilota biondo

Pilota biondo camicie di seta
cappello di volpe sorriso da atleta

Estella Louisa Michaela Canziani (1887-1964) - Donna che legge
Angiolina seduta in cucina che piange, che mangia insalata di more.
Ragazzo straniero ha un disco d'orchestra che gira veloce che parla d'amore
Ragazzo straniero ha un disco d'orchestra che gira che gira che parla d'amore.

Madamadorè ha perso sei figlie
tra i bar del porto e le sue meraviglie
Madamadorè sa puzza di gatto
volta la carta e paga il riscatto
paga il riscatto con le borse degli occhi

Piene di foto di sogni interrotti
Angiolina ritaglia giornali si veste da sposa canta vittoria
chiama i ricordi col loro nome volta la carta e finisce in gloria
chiama i ricordi col loro nome volta la carta e finisce in gloria.
Georgia O'Keeffe

Tuesday, May 19, 2015

Ateo

Jean-Luc Godard -  Vivre sa vie.jpg
La giornata era stata piacevole e il fresco della sera la rendeva ancora più bella. Sedevamo, uno di fronte all'altro sul terrazzo di casa e percepivamo il profumo del gelsomino che impazzava con i fiori nel giardino della casa di fronte.


L'aperitivo era fresco e gradevole, ancorché semplice nella sua composizione e gustavo il sottile bordo di zucchero che avevi steso sul bichiere. La sera precedente avevamo assistito alla registrazione di un dibattito sulla "libera stampa" moderato da Paolo Flores d'Arcais e la frase quindi non giunse inattesa ... "Anassagora osa pretendere che a guidare il sole non è Apollo dall'alto di una quadriglia? Lo chiamano ateo, ed è costretto a fuggire."
Aleksandr Michajlovič Rodčenko (Александр Михайлович Родченко) - Dance - 1915
Non pretendevo di sapere da dove venisse la frase e quindi feci un cenno di domanda. "E' una citazione tratta dal "Dizionario filosofico" di Voltaire e induce una semplice domanda: secondo quale logica si può essere atei?" mi hai risposto, evidentemente preparata.
 
 
Avevi accavallato le tue gambe che mostravano un filo di abbronzatura grazie alla breve ma intensa vacanza in Grecia e, sorseggiando l'aperitovo avevi proseguito "Se oggi, uno di noi esprimesse lo stesso concetto di Anassagora, questo pensiero verrebbe considerato ovvio al punto da indurre - in risposta - un giudizio quantomeno di "eccentricità" e non certo di "ateismo"."

Aleksandra Ekster - Wine
Non potevo non replicare, anche se il mio pensiero era più attratto dal profumo di gelsomino e dal sole al tramonto, che da altro, "L'ateo è colui quindi che non crede al senso comune creduto. Giusto? E, di conseguenza, il concetto di ateo è puramente contingente."

La risposta doveva avere fatto centro se ti eri mossa sulla poltroncina, avvicinandoti a me. Gli occhi fissi e indagatori puntati contro i miei che volevano continuare a gustare il rosso del sole al tramonto. "Ateo è colui che non crede tout court! Non colui che non crede nel modo comune di credere!" avevi replicato.

Hermenegildo Anglada Camarasa - 1902
"Temo che questo non possa essere sostenuto perché chi è ateo crede nel non credere e quindi è partecipe di un credo. A suo modo, ma crede! La fede è in quello che si crede e che si sente di dovere sostenere. E' un'opinione fondante e quindi anche l'ateo, a suo modo, crede." Mi rifacevo ad un libro di un teologo che parlava di "senso religioso" anche nei confronti di una squadra di calcio (per il tifoso) o di un partito politico (per il cittadino), ecc ...

Ti eri alzata per versarti un altro sorso di aperitivo ma, questa volta, sul bordo del tuo bicchiere non c'era lo zucchero. "Si, è vero. Credere nel nulla è avere fede nel nulla e l'ateo crede nel fatto che non vi sia motivo di credere in un qualcosa che non possiamo capire o misurare o vedere. E questo non è contingente, bensì assoluto, che si tratti di Apollo, di Zeus o del nostro Dio cristiano, ecc ..."

Jack Potter - 1960
"Penso che credere sia bello e utile e comodo anche se induce necessariamente comportamenti che possono essere faticosi e non immediatamente naturali, spontanei", ti risposi. "Io credo e mi sento bene nel considerare che ci sia Qualcuno sopra di me che vuole il mio bene. Sto bene nel sentirmi 'oggetto di amore', 'amato'. Penso che chiunque possa sentire lo stesso piacere e mi domando perché si possa negare il fatto che Dio esista e si preferisca vivere in una realtà fatta da materia, dove tutto è materia che inizia e finisce e dove non esiste scopo se non la materia stessa." Mi stavo un po' scaldando perché non capivo il senso e la direzione del tuo parlare.

Avevi aperto un bellissimo sorriso che mi faceva capire quanto conoscessi il mio modo di vedere. "Non agitarti, la mia frase non era provocatoria. Solo che, tu sai come la vedo, mi faceva piacere pensare in senso astratto e, nello specifico, considerare che l'ateismo richieda un oggetto in cui non credere e che quindi, necessariamente, dovesse essere legato al credo comune. Solo questo, e mi sembra che in effetti sia così."

Oskar Schlemmer - the Triadic Ballet
"Hai ragione. Entrambi abbiamo ragione. Per non credere devi avere qualcosa da negare e questo 'qualcosa' può essere tanto contingente quanto trasversale. Meglio ancora se entrambe le cose. Come Dio, la cui fede non ha un inizio o una fine legata al periodo storico. Ateo verso Dio è perché, secondo me, l'uomo, in assoluto, ha bisogno di Dio." Il sole era tramontato e l'aria si era fatta più fresca e rientrai a prendere una maglietta più pesante.

Dalla cucina veniva un profumo di spezie e di pesce che invitata a rientrare del tutto ed a mettersi a tavola. Tu mi avevi preceduto e stavi già aiutando il nostro ragazzo che questa sera, aveva voluto lavorare ai fornelli. L'aperitivo, a digiuno, mi stava facendo girare la testa e la risposta che non avevo concluso stava sfumando. Ma, tanto, tu stavi già pensando ad altro e la cena era pronta.
 Soundtrack: Gnarls Barkley - Crazy

Sunday, May 17, 2015

Atto puro

I. Anton
"Cosa si intende per atto puro?" mi immagino di leggere questa frase sopra un muro della mia città.
Mi immagino che l'autore della scritta abbia voluto intendere ls purezza in senso assoluto.
E, d'altra parte, mi interrogo sul fatto che, proprio per la facile interpretazione,
abbia invece voluto dire qualcosa di ben diverso.

Allora mi sono imposto di cercare il completamento della frase su altri muri.
Ho girato con lo scooter per almeno mezz'ora prima di trovare la risposta:
"L'atto del pensare", era questo il significato.
Una citazione, perché sopra un'altro muro ho trovato "(Giovanni Gentile)."
I. Anton

Bella, questa trovata di comporre frasi in modo destrutturato,
utilizzando muri diversi in modo da lasciare intendere il senso variabile delle parole,
se staccate le une dalle altre, e viceversa dare significato compiuto,
nel momento del completamento della frase.

Forse la vita ti consente di trovare l'intera frase e di intenderla nella compiutezza.
Forse la vita ti impedisce di completarla e ti lascia solo di fronte a singoli pezzi.
A te resterà il compito di dare significato a frasi monche,
magari anche travisando il senso compiuto dell'unità.
I. Anton

In tutti i casi, saranno momenti di riflessione, preziosi perché tali.
Il pensare è di per sè importante e gratificante e costruttivo.
E la sua purezza deriva proprio dal distacco dalla realtà.
"L'atto del pensare come atto puro. (Giovanni Gentile)"

Soundtrack: Kojun Saitô - Tokyo Story Theme

Friday, May 15, 2015

Il bombarolo

Non la conoscevo e sono rimasto estasiato dalla musica e dalle parole.
Fabrizio del André

Chi va dicendo in giro
che odio il mio lavoro
non sa con quanto amore
mi dedico al tritolo,
è quasi indipendente
ancora poche ore
poi gli darò la voce
il detonatore.

Il mio Pinocchio fragile
parente artigianale
di ordigni costruiti
su scala industriale
di me non farà mai
un cavaliere del lavoro,
io sono d'un'altra razza,
son bombarolo.

Nello scendere le scale
ci metto più attenzione,
sarebbe imperdonabile
giustiziarmi sul portone
proprio nel giorno in cui 
la decisione è mia
sulla condanna a morte
o l'amnistia.

Per strada tante facce
non hanno un bel colore,
qui chi non terrorizza
si ammala di terrore,
c'è chi aspetta la pioggia
per non piangere da solo,
io sono d'un altro avviso,
son bombarolo.
Intellettuali d'oggi
idioti di domani
ridatemi il cervello
che basta alle mie mani,
profeti molto acrobati
della rivoluzione
oggi farò da me
senza lezione.
Vi scoverò i nemici
per voi così distanti
e dopo averli uccisi
sarò fra i latitanti
ma finché li cerco io
i latitanti sono loro,
ho scelto un'altra scuola,
son bombarolo.
Potere troppe volte
delegato ad altre mani,
sganciato e restituitoci
dai tuoi aeroplani,
io vengo a restituirti
un po' del tuo terrore
del tuo disordine
del tuo rumore.
Così pensava forte
un trentenne disperato
se non del tutto giusto
quasi niente sbagliato,
cercando il luogo idoneo
adatto al suo tritolo,
insomma il posto degno
d'un bombarolo.

C'è chi lo vide ridere
davanti al Parlamento
aspettando l'esplosione
che provasse il suo talento,
c'è chi lo vide piangere
un torrente di vocali
vedendo esplodere
un chiosco di giornali.

Ma ciò che lo ferì
profondamente nell'orgoglio
fu l'immagine di lei
che si sporgeva da ogni foglio
lontana dal ridicolo
in cui lo lasciò solo,
ma in prima pagina
col bombarolo.


Wednesday, May 13, 2015

Maestro Zen

溝口健二 - 噂の女 - Kenji Mizoguchi - The Woman in the Rumor (1954)
Le vie per raggiungere il sentiero che porta verso la propria via di saggezza sono realmente infinite.
Un libro, una frase, una parola, un filmato, un manifesto, in quadro, una fotografia e chissà altro ...

Esistono poi frasi che ti insegnano di più perché racchiudono una visione globale.
"Niente è il centro di niente, e tutto può essere il centro di tutto"

Teatro No - L'espressione è la stessa, cambia solo l'inclinazione del capo e quindi solo la prospettiva con cui si vede il volto.
Destabilizzante? No, anzi, perché ha un valore enormemente amplificante.
Chiede solo il coraggio di considerare tutto perché solo così si può percepire il senso della vita.

Il solo pericolo, in una società come la nostra, è che questo possa ritardare l'azione.
Ma il senso del tempo è qualcosa che sfugge oggi al vero obiettivo che è il risultato.

大島渚 - 愛と希望の街 - Nagisa Oshima - A Town of Love and Hope (1959)
Si bada di più alla velocità di risposta che al contenuto della stessa.
E riflettere invece crea un delay ma, in compenso, affina il contenuto dell'azione successiva.

Inoltre, la frase è alla base della creatività, della sensibilità, del rispetto.
E' una frase del Maestro Zen Daisetsu Teitarō Suzuki (铃木 大 拙 贞 太郎).

John Milton Cage
L'ha riportata Alberto Arbasino nel libro "Fantasmi Italiani" in occasione di un incontro.
Con John Cage, nel ridotto della Fenice di Venezia.

Heidegger leggeva i libri di Suzuki e disse "Se comprendo quest’uomo correttamente,
questo è ciò che cercato di dire in tutti i miei scritti."

Yasujiro Ozu - What Did the Lady Forget? / 淑女は何を忘れたか - 1937
Ma la perfezione di pensiero non è sinonimo di perfezione assoluta.
Suzuki insegnava ai soldati giapponesi ad essere perfetti soldati contro il nemico.

Non amava gli Ebrei in senso generale anche se apprezzava singoli ebrei
e si macchiò anche di una certa vicinanza al regime nazista.
Daisetsu Teitarō Suzuki (铃木 大 拙 贞 太郎)
Il tutto a dimostrazione che tutto è relativo e il relativo può essere il tutto.

Soundtrack: Candaş Şişman - SYN-Phon ( Graphic notation)