Sunday, December 29, 2013

... The Lady of the Lake ...

L'anno si chiude con un'altra perdita: Rosella.
Persa di vista quando ero ancora studente.
Stesso corso, stessi esami, vite differenti.
Rivista quattro anni fa. Di sfuggita. Riconosciuta.
Schiva. Silenziosa. Lontana. Era lei.
Poi nulla. Notizie del suo impegno.
Verso la gente. Haiti.
Ora il legame è perso del tutto.
Immagino come è stata vista l'ultima volta.
E ricordo una struggente storia e una musica dolcissima.
Cruel Sister - Pentangle
There lived a lady by the North Sea shore
(Lay the bent to the bonnie broom)
Two daughters were the babes she bore
(Fa la la la la la la la la la)

As one grew bright as in the sun
So coal black grew the elder one

A knight came riding to the lady's door
He'd travelled far to be their wooer

He courted one with gloves and rings
But loved the other above all things

Oh sister will you go with me
To watch the ships sail on the sea?

She took her sister by the hand
And led her down to the North Sea strand

And as they stood on the windy shore
The dark girl threw her sister o'er

Sometimes she sank, sometimes she swam
Crying sister reach to me your hand

Oh sister, sister let me live
And all that's mine I'll surely give

It's your own truelove that I'll have and more
But thou shalt never come ashore

And there she floated like a swan
The salt sea bore her body on

Two minstrels walked along the strand
And saw the maiden float to land

They made a harp of her breast bone
Whose sound would melt a heart of stone

They took three locks of her yellow hair
And with them strung the harp so rare

They went into her father's hall
To play the harp before them all

But as they laid it on a stone
The harp began to play alone

The first string sang a doleful sound
The bride her younger sister drowned

The second string as that they tried
In terror sits the black-haired bride

The third string sang beneath their bow
And surely now her tears will flow
Mi accorgo di pregare per Lei. Ogni giorno.
Di imparare anche da questo dolore.
Di cercare di capire il significato di quanto la vita provoca.
Di sentirmi vicino ad Ezio.
E di augurarmi che il Suo impegno per l'uomo non si fermi.
Ma continui, vada avanti. Anche da Lassù

Soundtrack: Cruel Sister - Pentangle

Saturday, December 28, 2013

28 dicembre

E' arrivato il 28 di dicembre 2013.
Il primo da solo.
Senza di Lei.
Orfano.
Si dice orfano solo di un bambino.
Non di un adulto.
E invece non è così.
Quando muore una mamma si è decisamente soli.
A qualsiasi età.
Una parte di noi, una parte importante, finisce
Non siamo più come prima.
Pensavamo di essere indipendenti, capaci di stare da soli.
Certo, lo siamo ancora, ma siamo più fragili.
Non si tratta di paura bensì di una molle debolezza.
Prima non capitava. Ora si.
In certi momenti si sente stringere il cuore e fa male la gola.
Si è pensato al nostro abbandono del ventre materno.
Questa volta è definitivo.
Soli di fronte al mondo.
Veramente soli.
Si una solitudine intima, non sociale.
Manca il dialogo.
Quel dialogo che era quotidiano.
Anche se non c'erano più le parole, il senso delle cose, e si limtava a frasi fatte ripetute.
E nonostante questo, sempre dialogo era.
Più che le parole e il loro senso, importava sentire la sua voce.
E' vero che le figure le possiamo rivedere.
Una foto, un disegno, una pittura.
Ma il suono della voce sfugge via.
Lo inseguiamo per poterlo risentire ma non ne siamo capaci.
Ricordiamo un viso, un'espressione ed anche un profumo.
Ma non siamo capaci di risentire la voce, il suono.
Le parole rimangono, si ricordano, si scrivono anche.
La voce sfugge via.
Bisognerebbe registrarla ma ci si dimentica.
Si vuole esorcizzare la morte.
pensare che non esista.
E Lei viene, viene, viene.
Quando meno te lo aspetti (o forse non vuoi aspettartela).
E si porta via tutto e soprattutto la dolcezza di un suono.
Quello della sua voce.
Ciao.
Soundtrack: I can't help falling in love - Klaus Nomi

Energia elettrica e ritmo della vita


Presupposto
Una volta il ritmo della vita era scandito dall'evoluzione circadiana della luce e dalla sequenza delle stagioni. Ci si alzava presto, con il sorgere del sole, si lavorava fino a quando il sole era in alto nel cielo e ci si fermava quando iniziava il tramonto. Poi, la sera si andava a dormire poco dopo il buio della notte, illuminando la cena con la luce delle candele.

Durante la primavera e l'estate il lavoro era intenso e in autunno ancora, poi d'inverno ci si preparava al lavoro delle stagioni successive e ci riparava dal freddo e si modificava l'alimentazione e il ritmo della vita. Il buio veniva prima e con lui, l'andare a letto.

La natura scandiva il tempo dell'uomo. E l'uomo la accettava. Così era sempre stato e sarebbe stato sempre così. E nel tempo non dedicato, l'uomo rifletteva. Osservava. Formulava ipotesi. Capiva i fenomeni della natura. Guardava le stelle, gli alberi, le nuvole, gli animali. cercava di capire i perché delle cose. E con le forze che ciascuno aveva, esprimeva queste considerazioni. Gli scrittori scrivevano. I poeti poetavano. I matematici formulavano. I filosofi filosofavano. I bambini giocavano. I vecchi recitavano i proverbi. I devoti invocavano. I selvaggi ballavano e suonavano. Tutti creavano.
Oggi
Dall'invenzione della corrente elettrica e della luce elettrica, la vita è stata rivoluzionata. Le giornate hanno cambiato la propria fisionomia lavorativa. Ci si alza sempre presto ma ci si ferma solo quando si ha finito, con la luce elettrica accesa. Anche tutta la notte.

L'inverno con le sue giornate brevi è stato sconfitto e così anche l'uomo. Il buio non rappresenta più un limite perché può essere acceso di luce e si può continuare a lavorare. Non ci sono più tempi morti. Si arriva direttamente alla stanchezza. Allo sfinimento. E non si crea più tanto. "E lavurà per puder mangià e mangià per lavurà ..."
Riflessione
Non è che non voglia lavorare. E' solo che vorrei che l'uomo avesse più tempo per pensare, riflettere, analizzare quanto gli accade, estrarne un giudizio e riporre il tutto nella propria esperienza. Guardare d'inverno un albero spoglio e delineare con il pensiero il suo profilo. Tondo, regolare, elegante. Osservare i nidi degli uccelli svelati dalla mancanza del fogliame riparatore. Considerare il perché i nidi vengono costruiti in determinati punti e non a caso. Riflettere sulla geometria degli alberi, così correlata alla funzione dei rami e delle foglie.
Conclusione
Vorrei che l'uomo avesse più tempo per fermarsi a formulare pensieri, idee, osservazioni, ipotesi, analisi. Vorrei che la luce elettrica rispettasse i suoi ritmi naturali. Vorrei che l'energia elettrica che fa funzionare le macchine, i robot, i computer, le fabbriche, gli uffici rispettassero l'essenza umana, naturale, dell'uomo.
Vorrei che non dilagasse il concetto di "intensivo" nella coltivazione, nella produzione, in ogni attività.
Abbiamo tempi naturali che vanno rispettati. Come quelli di un vino che deve invecchiare impreziosendosi. Come quelli di un olio che deve maturare. Come quelli di un pane che deve lievitare bene per essere buono. Come quelli di un albero che deve fare i frutti e di un frutto che deve maturare alla luce del sole.
Vorrei che venisse rispettata la natura. Delle cose, degli animali, dell'uomo.
Un po' spetta agli altri e un po' spetta a noi. Farsi rispettare e rispettare.
Altrimenti, passa il tempo e non si vive.

Soundtrack: L'Inverno - Vivaldi

Thursday, December 26, 2013

Teoria del caos e delle catastrofi:le leggi della evoluzione


L'uomo ama capire anche per dominare ciò che lo circonda. Dove "dominare" significa potere intervenire, prevedere, limitare, provocare in modo controllato. Ciò che non capisce, comunemente, diviene un che contraddistinto da una valenza negativa. Tipico delle personalità autoreferenzianti è il non accettare ciò che non capiscono, tacciandole di disordine. E il disordine è viceversa nella propria testa.

"una causa piccolissima che sfugga alla nostra attenzione determina un effetto considerevole che non possiamo mancare di vedere, e allora diciamo che l'effetto è dovuto al caso. Se conoscessimo esattamente le leggi della natura e la situazione dell'universo all'istante iniziale, potremmo prevedere esattamente la situazione dello stesso universo in un istante successivo. Ma se pure accadesse che le leggi naturali non avessero più alcun segreto per noi, anche in tal caso potremmo conoscere la situazione iniziale solo approssimativamente. Se questo ci permettesse di prevedere la situazione successiva con la stessa approssimazione, non ci occorrerebbe di più e dovremmo dire che il fenomeno è stato previsto. Ma non è sempre così; può accadere che piccole differenze nelle condizioni iniziali ne producano di grandissime nei fenomeni finali. Un piccolo errore nelle prime produce un errore enorme nei secondi. La previsione diviene impossibile“ (Poincaré, 1903).

Il principio è capire che Ordine e Caos si intrecciano perché hanno in comune una logica che è legge dinamica che si applica in modo differente a seconda che ci si trovi di fronte ad un sistema lineare o non lineare. Attenzione però, “I sistemi non lineari semplici non possiedono necessariamente proprietà dinamiche semplici” (May, 1976). Ciò significa che non sempre un piccolo movimento elementare in un sistema lineare semplice porta ad una piccola variazione. Dipende dalla legge e dalla natura del sistema.

Ordine e caos appaiono come due manifestazioni distinte di un determinismo sottostante. Armonia e dissonanza coesistono. La casualità non dipende da fattori esterni interferenti (che disturbano) ma è una proprietà intrinseca dei sistemi.


la visione di Laplace (oltre che
nei sistemi lineari) è corretta anche nei
sistemi non lineari, purché lontani dai
regimi di comportamento caotico. Ma in
modelli non lineari, anche semplici, le
traiettorie possono risultare molto simili a
successioni di stati aleatori, cioè ottenuti
con l'intervento di elementi casuali (come le
uscite nel lancio di un dado).

Il caos deterministico
L'apparente contraddizione (o paradosso) contenuto nel
termine caos deterministico, ha molto incuriosito anche il
pubblico dei non specialisti. I modelli matematici di tipo
deterministico vengono in genere associati all'idea di
fenomeni regolari, prevedibili, che si ripetono nel tempo,
mentre il termine caotico viene riferito a situazioni
caratterizzate da assenza di regole e da imprevedibilità.
La scoperta del caos deterministico spezza questa
dicotomia, in quanto mostra come modelli matematici
deterministici (cioè privi di ogni elemento aleatorio nelle
equazioni che li definiscono) sono in grado di generare
andamenti estremamente complessi, sotto molti aspetti
imprevedibili, tanto da risultare quasi indistinguibili da
sequenze di eventi generati attraverso processi aleatori.



Monday, December 23, 2013

Mikhail Kalashnikov - per cosa vale essere ricordati? ...

A 94 anni è morto Mikhail Kalashnikov, l'inventore del mitragliatore AK 47.
Per cosa vale la pena essere ricordati?
Per un gesto di pace? per un rifiutarsi di uccidere o per un fucile "semplicemente" micidiale.
L'arma preferita di guerriglieri, terroristi, adottato da circa 80 eserciti. Oggi si stima che siano in circolazione 100 milioni gli esemplari di AK-47.

Dopo avere rinnegato alcun senso di rimorso per decenni, solo a 90 anni Kalashnikov aveva detto: "Ho costruito armi con lo scopo di difendere la nostra società. Certo, non fa piacere vedere come ogni sorta di criminale usi le mie armi. E certamente ho rimpianti, come tutti. Ma posso dirvi una cosa: potessi tornare indietro, non vivrei diversamente". 


Più della metà dei fucili prodotti sono  fabbricati di contrabbando e sono fuori controllo.

Quanto sangue hanno fatto versare? Quanto ne ha fatto Enola Gay? Quanto gli inventori della bomba atomica? Il progetto Manhattan? Fermi? Einstein?
Sa forse l'uomo dove porteranno le proprie azioni? I propri sogni? Esiste responsabilità nel sognare?
Si, se l'obiettivo non è quello di aiutare l'uomo e il mondo. Si, se non si è capaci di guardare oltre il proprio entusiasmo e la propria passione. Umiltà è la legge che si deve seguire.

Qualcuno l'ha fatto. E per loro non ci sono rimpianti ma solo lacrime di gratitudine.

Soundtrack: Indian and arabic balance

Speranza e senilità

"Quando si è vecchi non si hanno più speranze.
Non c'è possibilità di migliorare, di guarire, di stare meglio ..."
Questo fa dire Gianrico Tedeschi al suo personaggio nello spettacolo "Farà giorno".

"Si è vecchi quando non si hanno più speranze" gli viene replicato ...

In queste poche parole sta un significato immenso: il rapporto tra età e speranza.
Ma cos'è la speranza? E' l'avere prospettive? E' l'avere un orizzonte davanti?

Se così fosse, significherebbe solo avere il tempo per realizzare ... e invece non è così.
Oggi si dice che i giovani, cioè coloro che dovrebbero avere davanti tutto il tempo di un'esistenza, non hanno speranze perché il mondo non offre orizzonti di prospettive. Tutto è incerto e sull'incerto non si può costruire ...

E invece, gli anziani? Cosa fanno. Certo che molti vivono trascinati in un'esistenza senza prospettive, senza speranze, solo attendendo la propria fine. Inesorabile, anonima, oscura. Certo che molti non hanno speranze e si attaccano solo al passato in cui dicono di trovare la gioia e la stridente conflittualità con il presente.

Al pari dei molti di cui sopra, esistono però i pochi, anziani o giovani che vivono un'esistenza in controcorrente. Vivi di speranza, non illusi ma mossi da un concreto spirito. Non dalla materia e basta. Espressioni della forza dei propri ideali, dei propri credo. Incorreggibili illusi o determinati a non soccombere alla banalità del comune pensiero o del cosiddetto comune immaginario.

Antitesi al senso del comune pensiero, guidato, indotto, integrato, condizionato.

Incorreggibili. Perché capaci di mantenere il proprio io integro. Aperto al mondo. Aperto alla speranza.

E' vero, "si è vecchi solo quando non si hanno più speranze" e questo, purtroppo può accadere ad ogni età.
Soundtrack: Internazionale


Thursday, December 19, 2013

Invece di una lettera - Poesia di Vladimir Majakovskij


Il fumo del tabacco ha roso l'aria.
La stanza
è un capitolo dell'inferno di Kruchenych.
 
Ricordi?
Accanto a questa finestra
per la prima volta
accarezzai freneticamente le tue mani.
 
Oggi, ecco, sei seduta,
il cuore rivestito di ferro.
Ancora un giorno,
e mi scaccerai,
forse maledicendomi. 

Nella buia anticamera, la mano, rotta dal tremito,
a lungo non saprà infilarsi nella manica.
 
Poi uscirò di corsa,
e lancerò il mio corpo per la strada.
Fuggito da tutti,
folle diventerò,
consunto dalla disperazione.
 
Ma non è necessario tutto questo;
cara,
dolce,
diciamoci adesso addio.
 
Il mio amore,
peso così schiacciante ancora,
ti grava sopra
lo stesso,
dovunque tu fugga.
 
Lasciami sfogare in un ultimo grido
l'amarezza degli offesi lamenti.
 
Se lo sfiancano di lavoro, un bue,
se ne va
ad adagiarsi sulle fredde acque.
 
Ma, al di fuori del tuo amore,
per me
non c'è mare,
e dal tuo amore neanche col pianto puoi impetrare tregua.
 
Se l'elefante sfinito cerca pace,
si stende regalmente sulla sabbia arroventata.
 
Ma, al di fuori del tuo amore,
per me
non c'è sole,
e io non so neppure dove sei e con chi.
 
Se così tua avessi ridotto un poeta,
lui
avrebbe lasciato la sua amata per la gloria e il denaro
ma per me
non un solo
suono è di festa
oltre a quello del tuo amato nome.
 
Non mi butterò nella tromba delle scale,
non ingoierò veleno,
non saprò premere il grilletto contro la tempia.
 
Su di me,
al di fuori del tuo sguardo,
non ha potere la lama di nessun coltello.
 
Domani dimenticherai
che ti ho incoronato,
che l'anima in fiore ho incenerito con l'amore,
e lo scatenato carnevale dei giorni irrequieti
scompiglierà le pagine dei miei libri
 
Potranno mai le foglie secche delle mie parole
trattenerti un momento
per aspirare avidamente?
 
Ma lascia almeno
ch'io lastrichi con un'ultima tenerezza
il tuo passo che s'allontana.


Ondina, il manicomio. Una vita rubata. Orizzonti reclusi.

Ondina dal manicomio non usciva dal 1933, quando si era innamorata del bel capitano di una nave che partiva per l'Oriente. Partito il capitano, Ondina abbandonata, disperata ed incompresa fu portata in manicomio. Da quella volta mai fuori nemmeno una sola domenica, mai un permesso.
Dicevano che era molto pericolosa. Ogni martedì, venerdì e domenica per un'ora, l'ora della visita permessa, venivano a turno le sorelle a farle visita. Alle sorelle non diceva mai niente. Qualche volta, quando era più "agitata", nemmeno la visita dei parenti era permessa.
Ora, a settant'anni, ha cominciato ad uscire. Racconta un mondo ed una città ormai inesistenti o rintracciabili solo attraverso i segni consunti e alterati dal tempo.
Cerca rotaie del tram, il porto con le navi, i luoghi della sua giovinezza.

Franca Ongaro Basaglia, manicomio perché, emme edizioni, 1982

Sountrack: Sempre fui loco - La Colifata

Amedeo

Il tema è lo sguardo. Vuoto. Di occhi che trasmettono il sogno direttamente.
Che non guardano ma passano oltre. Uno sguardo che mi ha accompagnato tutta la vita.
Sono 58 anni che mi passa attraverso. Ereditato, è ancora lì. Una copia. Solo una copia. Fatta 60 anni fa. Da allora con me.
Sguardo vuoto. Che passa oltre. Attraversa.
Perso nel pensiero. Nell'attesa di un giudizio della realtà, acquisisce ancora.
Il genio è il genio. Oltrepassa la realtà. Conscio di essere.
Di riconoscere ed essere riconosciuto. Da pochi o da molti non importa.
E' il genio. Il genio dello sguardo vuoto che vede attraverso.

Soundtrack: Spiritual India

Gli occhi. Quegli occhi.

Il fascino dello sguardo dipende da molte cose. Non la bellezza. Non l'armonia. Non la regolarità. Non il colore. Ma l'illusione che offre. Il significato che trasmette. Il pensiero che svela. L'intelligenza che nasconde e chiama.

La favola bella che ieri ti illuse e oggi mi illude ...

Ecco, il valore dell'illusione che è pensiero aperto al sogno. Un sogno che si esprime nello sguardo e si trasla nel gesto verbale o visivo.

Incontro per caso nella rete Lyubov Sergeyevna Popova  (nata il  24 aprile del 1889  e morta il 25 Maggio 1924). Incontro questo sguardo che penetra chi lo incontra. Asimmetrico il volto, strana l'acconciatura, vigorosa la storia.  Artista dell'avanguardia. Donna in Russia. Cubista, Suprematista e Construttivista.
Nel 1916 si univa al gruppo Supremus con Kazimir Malevich, Aleksandra Ekster, Ivan Kliun, Nadezhda Udaltsova, Olga Rozanova, Ivan Puni, Nina Genke, Ksenia Boguslavskaya che lavoravano al Verbovka Village Folk Centre.

La creazione di un nuovo modo di pittura che faceva parte della ventata di rivoluzione che soffiava in Russia. L'urgenza di cambiare il mondo! Il concetto di "supremo" derivava dal fatto di non  avere obiettivi precisi e quindi di premere verso un astratto al di là del reale quotidiano.
Il Suprematismo si fonda sulla "supremazia della pura sensibilità nell'arte". Un'arte totalmente distaccata dalla realtà naturale, quindi dalla rappresentazione dell'oggetto, che perde ogni significato.
"La sensibilità è l'unica cosa che conti", scrive  Malevitch, "ed essa viene espressa per mezzo di forme assolute: il rettangolo, il triangolo, la cerchio, la croce."


La Popova identifica se stessa in questo con l'orientamento più spinto al modello di rivoluzione che permea il teatro, i tessuti e tutta l'arte che trova applicazione nel quotidiano (poster, libri, oggetti).
Il successivo poassaggio al costruttivismo segna la sua evoluzione verso gli aspetti architettonici. I principi teorici sono enunciati nel manifesto redatto da Gabo e da Pevsner nel 1920: "L'arte deve essere basata su due elementi: spazio e tempo", "il volume non è l'unico concetto dello spazio". Il
Costruttivismo rifiuta un'arte di imitazione e sostiene la necessità di ricercare forme nuove. Propone una fusione tra arte e tecnogia e in architettura, in cui ha un'ampia diffusione, l'affermazione di un'arte rivoluzionaria che si collochi in una nuova dimensione sociale. 
Muore a 35 anni. In un folgorante pieno espressivo artistico. Il suo sguardo è aperto al mondo. In un anelito al futuro che passa attraverso di noi che la ricordiamo e rispettiamo.

Soundtrack: Govinda - Morphou

Perché creare ... ?

Perché invece non dormire ...
chiudere gli occhi e liberare i pensieri.
In un susseguirsi di buio, di buio, di buio.

Cerco la notte per riposare presto.
Liberando la mente in un racconto di sogno e di reale.
Sogni, desideri che si intrecciano con le paure
Amore che si unisce al non noto
Sconosciuti che sfumano in sorrisi e espressioni
Occhi che si schiudono almondo che non esiste.

In un rincorrere le ore al contrario
cercando di fare durare più a lungo il buio
per riposare gli occhi così colmi di faticosa luce.
In un vorticoso mondo fatto di buio, voci e di runori
da interpretare e gioire.

Fino al risveglio che anticipa un altro alzarsi e correre.

Soundtrach: Creation No 1 Chaos No 2 Recit and Chorus

Wednesday, December 11, 2013

Se ne andò coscientemente ignorante, sapientemente incolto

Riprendo una frase che desciveva San Benedetto.
Oggi si parla poco di regole, anzi le regole hanno acquisito un significato negativo, antistorico. 
La libertà è quanto conta di più.

Eppure, se consideriamo che la regola benedettina si fonda sulla "discretio", troviamo forse in questa l'obiettivo e il desiderio pressoché di tutti. E un traguardo di pace e serenità.

Discrezione è una parola che indica una realtà che appare oggi ualquanto improbabile.
Discrezione è l’oltre della critica distruttiva (un sentimento così diffuso nella nostra società).


Discrezione è stata la filosofia dell'imparare e dell'evolversi.
Quanto ha prodotto il progresso del nostro genere.
Imparare per crescere, dove imparare era ascoltare e cercare di capire.
Quanto più si parla e tanto maggiore è il rischio di sbagliare.
L'arte del silenzio. Del riflettere. Del cercare di capire. Con umiltà.

Discretio è l’oltre di ogni dicotomia.
E' l’intuizione della “via regale”,
la via dell’equilibrio spirituale,
la via di chi ha trovato la misura.
La via della discrezione corrisponde ad amare l’umano in quanto umano, immagine di Dio
nell’abbassamento.
La sintesi antropologica più ardita, è quella dell’umile. 
Benedetto, attingendola dal cuore dell’Evangelo, la pone al centro della sua regola di vita.
Qui sta il segreto della sua discrezione.


Discrezione è il contrario di accomodamento, mediocrità, è anzi alternativa radicale alle
mezze misure.
È piuttosto il tema della giusta misura.
Dove andremo se l'importante è perorare la propria causa e basta?
Non dovremmo sempre pensare a questo? E non a noi?

Soundtrack: Ocean - John Butler

Sunday, December 8, 2013

Umiltà e un vantaggio di più

Chiedere è vergogna di un momento,
non chiedere è vergogna di una vita.
 

Ogni 5 chilometri c'è un nuovo cielo

In un mondo che evolve verso la globalizzazione del tutto (cultura, economia, società, stili di vita, gusto, alimentazione, comunicazione, ecc ...) forse serve un antico proverbio cinese:
"Ogni 5 chilometri c'è un nuovo cielo ..."

Nel 1990 andammo in Thailandia e Birmania e trovammo cose meravigliose anche perché totalmente diverse da quello che noi conoscevamo. Nel 2009 tornammo e trovammo tutto uguale a noi (almeno la gran parte delle cose ...). Che bello prima e che noia ora.
Agli albori del 1900 il Giappone iniziava il suo travagliato viaggio verso l'occidentalizzazione che passava necessariamente attraverso la negazione delle proprie tradizioni. In Giappone trovammo microaree rigorosamente legate alla tradizione e le abbiamo trovate meravigliose. Trovammo la meraviglia dell'Hokkaido lontano da noi anni luce. Vegetazione e società e cultura e respiro di vita. propri e per questo onorevoli e affascinanti.

La prossima volta che torneremo in Giappone avremo paura di trovare la globalizzazione ...
Anche nella nostra Italia siamo alla ricerca delle tradizioni. Prima macroscopicamente visibili, ora parcellari e nascoste che si fatica a trovarle. Alcune regioni hanno saputo mantenere i propri usi e costumi più di altre. Per questo, amiamo il Piemonte, cos' vicino a noi eppure così lontano nel tempo. Arroccato nella tradizione e nel volere mantenere certe cose. Noi lombardi chiamiamo eufemisticamente questo pregio "conservatorismo o resistenza al progresso ..."

Perché amiamo più l'etnico dell'Ikea? E perché persino l'Ikea tende all'etnico? Perché l'etnico, con il suo essere così diverso dalla uniformante globalizzazione, affascina. In fondo amiamo, ciascuno di noi, essere diversi dagli altri.
Le signore detestano indossare vestiti uguali ad altre. Noi  maschietti cerchiamo di vantare sempre delle diversità dai nostri consimili. E allora?

La globalizzazione ci appartiene o no^ ... o la subiamo soltanto, pigri e senza avere il coraggio opporci e di rifiutarla?
Eppure, come tante cose, stanno solo a noi.

 Soundtrack: Om music