Monday, March 30, 2015

Quanto dura un'amicizia?

Sade Adu - Absolute beginners (movie)
Amici d'infanzia, amici di scuola, amici delle vacanze, amici sul lavoro, amici di casa, amici di famiglia, amici della moto, amici del libro, amici di penna, amici del cuore, amici di gruppo e poi ancora amici di ogni tipo, amici di sballo, amici per una notte, amici di partito, ecc ... ecc ...

Se ogni amico fosse per sempre, al termine della nostra vita ne saremmo pieni.
E invece, ci si accorge che gli amici cambiano.
Taluni durano tanto, altri solo lo spazio di una stagione.
Con alcuni "si rompe" mentre con i più "ci si lascia" o "ci si perde di vista".
12 years slave - movie
Ecco, quelli con cui ci si perde di vista, forse, non erano amici.
Invece è interessante pensare a quelli con cui "si rompe" perché la "rottura"
può derivare da loro cambiamenti così come da nostri cambiamenti.
Ed è interessante focalizzare l'attenzione su noi che cambiamo.

Noi si cambia durante la vita.
Pensare di essere, sempre coerentemente, gli stessi ... è follia.
Ci cambia il mondo, ci influenzano le persone e le mode, i libri, gli incontri,
ci modifichiamo secondo i cambiamenti di idee e le occasioni che capitano.
Marianne von Werefkin - movie
Ma non ci rendiamo conto.
Sentiamo i cambiamenti degli altri e li giudichiamo
mentre siamo ciechi ai nostri e non ci analizziamo. Criticamente.
E, al confronto, accusiamo più che accusarci.

Siamo così miopi?
D'altra parte accusarsi è un atto che può disgregarci.
Mettersi in discussione è potenzialmente rischioso.
Meglio quindi aggredire l'estraneo!?!
Thatha - Boom Festival 2014
Ma non è sempre la soluzione migliore.
La più comoda certamente- La più veloce e sbrigativa.
Ma non sempre la più costruttiva e proficua.
E così gli amici cambiano nel tempo.

Come noi cambiamo.
Patsy Kensit
Soundtrack: David Bowie - Change - Live at the Elysée Montmartre in Paris on 14th October 1999

Saturday, March 28, 2015

Teoria dell'incompletezza e determinazione

Gabriele Münter
Kurt Gödel, un nome a cui corrisponde uno dei massimi geni della "logica matematica". A lui si deve la cosiddetta "Teoria dell'incompletezza" che dimostra in modo elegante e definitivo come in matematica non esistano cose solo vere e cose false in base alla loro possibilità di essere dimostrabili o meno ma che di fatto esistono anche cose che non sono dimostrabili e che quindi non vale più il concetto che in matematica non può esserci alcun ignorabimus! E questo non si può stabilire a priori.


Lorenzo Vale - Sole bianco
Quindi, ciò che non riusciamo a dimostrare non è detto che sia verò e altrettanto che possa essere falso. Va accettato così fino a quando non si riesca a giungere ad una dimostrazione e questo non è scontato. Si tratta di un devastante pensiero estremamente elegante. Espressione di intelligenza libera.
Perché significa non fossilizzarsi nella caparbia ostinazione di una verità. Ma anche, può indurre ad un ozioso immobilismo nella indebolente percezione che gli sforzi dimostrativi possano essere inutili.

Marianne von Werefkin - Marionetten
Quindi, il bene e il male. Se credo in un obiettivo mi spingo fino allo stremo delle mie forze per raggiungerlo ma se mi si insinua il tarlo che questo possa essere inutile perché vano, di fronte alla possibile irraggiungibilità della meta, posso anche perdere l'impeto delle forze e la determinazione. E mollare. Ma questo vale solo in teoria perché lo spirito dell'uomo è quello di arrivare dove gli altri non sono riusciti, indipendentemente dal numero degli altrui fallimenti.

per questo, andiamo sempre in avanti.

Umberto Boccioni - La risata
Soundtrack: Frank Zappa - Watermelon In Easter Hay - 1988

Thursday, March 26, 2015

Avere fame

Leon De Smet- A Girl by the Table - 1921
Una volta, nel pieno della somaraggine adolescenziale,
colpevole di non essere uno studente brillate in una lingua antica (latino? greco?)
venni mandato a ripetizione da una giovane professoressa.
Andai poche volte. Mi umiliò e la lezione mi è servita.

Disse che ero il tipico esempio di studente per cui tutto era facile.
Avevo una famiglia (in realtà solo mia mamma) alle spalle che mi garantiva.
Mi garantiva la possibilità di studiare in modo indisturbato.
E invece non lo facevo. Lo avevo a disposizione ma lo disdegnavo, lo studio.
Stanisław Wyspiański - A boy with guns - 1902
Ero solo un adolescente con mille curiosità verso il mondo
e così poco tempo per conoscere ogni cosa. E previlegiavo il mondo.
Lo studio era secondario. Oggi direi che nessuno mi stimolava a dovere.
Ero anche decisamente superficiale ma, come tanti, nella media.

Eppure, Lei mi umiliò. Mi disse che Lei aveva dovuro lottare.
E conquistare a fatica e con volontà e ostinazione il diritto di studio.
E poi, dopo il liceo, anche l'università.
Con i denti, con la fatica e magari anche un lavoretto per mantenersi.
Henrik Sørensen - Gudrun i døren - 1917
Ed era lì a "perdere tempo" con degli stupidelli come me.
Agiati, comodi, superficiali e sciocchi che non capivalo la loro fortuna.
Decenni dopo, Stebe Jobs avrebbe detto "Stay hungry", sii affamato,
per indicare quello che realmente spinge ad andare avanti. In tutto.

Oggi ho avuto a che fare con una stupidella. 30 anni e stupidella.
Non orgogliosa, bensì presuntuosa. Che crede di avere già dimostrato abbastanza.
Le ho detto che per tutta la nostra vita siamo sotto esame e dobbiamo dimostrare.
E che Lei non ha ancora dimostrato neppure come si chiama e deve essere umile.
Josef Šíma - Portrait of the artist's wife - 1928
E la felicità di essere umile per desiderare il mondo.
Perché accontentarsi di quello che si ha credendo di avere qualcosa è sciocco.
E che bisogna avere fame e che Lei non era abbastanza affamata.
Il suo sedere era troppo al caldo per desiderare di conquistare qualcosa.

Per questo, ho concluso augurandole "buona fortuna".
Nulla di più. La vita Le insegnerà cosa significa non essere umili.
Ed ho ringraziato quell'insegnante, giovane, arrabbiata con gli studendi agiati e somari
che mi umiliò e mi diede la possibilità di non dimenticarla mai.
Fritz Reusing - Portrait of a Smoking Lady - 1927
Di non dimenticare mai il valore di desiderare e volere conquistare.
Ad ogni costo. Con la fatica, con l'umiliazione e la rabbia.
Con la mortificazione e la tenacia. Con lo scoramento e i momenti di depressione.
Con tutto quello che serve, insieme all'entusiasmo ed alla fame per conquistare il risultato.

Grazie a quella insegnante giovane, dura come l'acciaio, perché mi ha istruito per la vita.
Harold Knight - Portrait of Ethel Bartlett
Soundtrack:  Messer Für Frau Müller - The best girl in the USSR

Tuesday, March 24, 2015

La percezione dell'inadeguatezza e il genio

Ly Lou - Out Comes The Night
"E' molto probabile che a un certo punto, all'inizio della carriera, tuo zio abbia perduto le capacità intellettuali o la forza di volontà (o forse le due cose insieme) per fare matematica. Purtroppo è abbastanza comune in chi raggiunge presto la maturità. Esaurirsi e crollare è il destino di tanti geni precoci ..."
Apostolos Doxiadis - Zio Petros e la Congettura di Goldbach

E' un pensiero che mi ha sempre accompagnato.
Quando siamo geni? Quando non ci sentiamo geni?
Chi ha la percezione di questo e chi non.
Dove risiede l'inebriante percezione della capacità illimitata?
E, quando si realizza quella dei propri limiti?
Michael Taylor - "Girl with lilac" - 1979
Penso che ciascuno ambisca a sentirsi in un certo qualmodo diverso dagli altri.
Diverso per la percezione di qualità peculiari e, non foss'altro se non per questo, distinguenti.
E non è forse per il sentimento di diversità che ci si sente migliori?
Diverso dalla massa e quindi originale e pertanto migliore ...
D'altra perte, il meglio che deriva da questo pensiero può essere ambivalente.

Diverso in meglio, o in senso costruttivo,
oppure diverso in senso negativo in quanto distruttivo.
Pur sempre "diverso" e questo è ciò che conta.
"Nel bene o nel male, non importa, purchè mi possa distinguere"
E' dunque così?
Pamela De Barres - Groupie
Ma arriva un momento in cui l'inebriante dissetarsi alla coppa della diversità,
subisce un arresto, un rallentamento, una percezione devastante: il limite.
Il proprio limite. Quello che ci fa vedere che ci fermiamo lì.
Lì, dove altri vanno avanti, proseguono, ci superano.
Noi non riusciamo a progredire nello stesso folgorante modo di prima.

Il genio è finito?
Questo può accadere, presto o tardi.
E il fatto che si percepisca o meno può non dipendere da noi.
Gli idioti che vivono dei propri pochi pensieri possono non avvertire questo.
I più sensibili, possono avvertire - ad un certo punto - l'inadeguatezza.

Cosa fare?
Wassily Kandinsky
Se sei imbecille, purtroppo il destino dipende dalle contingenze.
E queste possono seguire le logiche delle convenienze e delle connivenze.
E basterà la fortuna, la spregiudicatezza, la scaltrezza e l'immoralità a salvare.
Oppure a fare crollare.
Il genio non conta.

Se sei un genio sensibile, allora sarà necessario sviluppare l'umiltà
e scoprire che questa moltiplica l'intelligenza e allontana i limiti.
A volte suggerendo le alleanze costruttive e la condivisione dei meriti,
a volte facendo sorridere e sgretolando lo stress del sentirsi non all'altezza,
e concedendo quindi quel minimo di riposo che serve a recuperare forze e genialità.
Gino Rossi  - La fanciulla del fiore - 1909
Ridere fa bene al genio perché va oltre le consuetudini
e fa vedere le cose secondo luci e ottiche diverse dal consueto.
E il genio è la capacità di vedere strade nuove e
si unisce al coraggio o alla caparbia o all'incoscenza di percorrerle.
E il genio deve sapere riconoscere la propria stanchezza e il bisogno di riposo.

Forse questo si chiama genio e saggezza.
E ciò significa che il genio, che è spesso associato alla giovinezza,
si unisce così alla saggezza che deriva dall'esperienza di vita,
celebrando così una sorta di unione tra giovinezza e senilità.
E questo può avvenire sia nello stesso individuo che in individui diversi che si uniscono.

Bessie Davision -La Robe Jaune - 1931
Come in quella frase di Papa Francesco sulla necessità che le diverse generazioni
parlino, dialoghino e si aiutino tra di loro ...

Soundtrack: LOUD live @ Boom Festival 2014

Monday, March 23, 2015

Il silenzio e il coraggio

Chen Yifei (陈逸飞)  - Caged thoughts
"Nessuno parlava un po'.
Mi sforzai di trovare qualcosa da dire mentre guardavo fuori dalla finestra
per rendere  il silenzio meno opprimente."
Karl Ove Knausgard - La morte del padre

Tre elementi, sforzarsi di parlare, il silenzio e il padre.
Sarà il caso ma dipingono storie di tempo fa, anche molto tempo.
Ma anche di oggi.

Chen Mantian
Sembrerà strano ma spesso mi capita di non sapere cosa dire.
Di sforzarmi di avere parole da dire e di scegliere i tempi giusti. Invano.
A volte, veramente non so cosa dire.

Eppure sono estroverso, almeno in apparenza.
Parlo, parlo, riso e scherzo e mi invento sempre nuove situazioni per non annoiarmi.
Ma è proprio per questo. Perché mi annoio e forse non mi viene da parlare quando mi annoio di più.

Chen Yanning
Che esseri strani siamo!
Chi sembra orso sa essere loquace.
Chi sembra estroverso è l'opposto.

E mi ricordo che quando guidava mio padre io non sapevo cosa dire.
Avrei voluto avere tante cose da tirare fuori ed invece ... nulla.
Mi arrovellavo per cercare di essere interessante ma annoiavo pure me stesso.

Chen Yu
Adesso è lo stesso.
Quanto più mi sforzo, tanto più non vedo alcunché da dire.
Mentre invece, quando le cose vengono da sole, sono fiumi e fiumi di parole.

E il silenzio mi opprime quando vorrei essere disinvolto e parlare.
mentre adoro il silenzio e lo stare da solo.
Anche se mi piace la compagnia degli altri.

Di Lifeng
Ma mi accorgo che quando realizzo di essere in mezzo a loro,
ecco che improvvisamente mi sale la noia e il desiderio di stare solo.
E la gioia si trasforma in una sorta di pentimento dell'avere voluto intorno gente.

Eppure amo ascoltare e riflettere molto più che parlare ed esternare.
Mentre spesso trovo persone che vogliono solo raccontare di sè
e non lasciano il tempo agli altri di prendere parola.

Shen Han Wu
Forse perché amo la delicatezza e le sfumature
oppure anche questo pensiero è un modo di camuffare un sentimento,
quello del timore di affrontare situazioni.

Un timore interno e una pigrizia che vivono insieme
come se si volesse restare in un limbo di anedonia
perché non scegliere e non schierarsi evita di rischiare di soffrire.

Xue Mo - Yi girl
E' forse questo?
Anche per chi decide ogni istante e prende posizioni.
E affronta con apparente coraggio la vita?

Che esseri strani siamo!

Yu Hanxi
Soundtrack: Angelo Debarre & Djazz Manouche trio live in Roma 2/2/2013

Saturday, March 21, 2015

Nostalgia, quando?

I Wayan Paramartha - NOSTALGIA, HOW'RE YOU LE MAYEUR - 2014
Stamane, dopo un turno di notte, tu mi hai detto che vivevi male la differenza generazionale con i tuoi colleghi, più giovani, per il tuo modo di vedere e sentire la professionalitaà. E mi dicevi anche che sentivi il loro distacco di pensiero e di concezione del lavoro e della vita e che questo ti dispiaceva. Concludevi che avvertivi la distanza tra un modo di vedere la vita che era proprio della tua età e quello dei "giovani" e che rimpiangevi determinati aspetti comportamentali e professionalmente rigorosi, che oltretutto sentivi profondamente etici.

Allora, mi sono messo a sorridere rispondendoti che, quindi, si poteva dire che ti sentivi "diverso dai giovani" e che quindi percepivi che stavi invecchiando o che lo eri diventato. Ho rinforzato il concetto sottolineando che "questi erano per me discorsi da anziani e che bisognerebbe invece sorridere del tutto e cercare di coinvolgere e coinvolgersi per imparare e fare imparare". "Anche noi siamo stati come loro, criticati dai colleghi più anziani ..."

Lu Cong - The Girl Who Finds You Here
Abbiamo fatto colazione insieme e poi ci siamo separati. Ma il pensiero sull'età e sulle distanze generazionali è rimasto. Ho considerato che, in fondo, di principio, avessi ragione tu. Il tempo è trascorso e noi facciamo parte della generazione precedente (se non addirittura di due generazioni passate) e quindi, è logico che i "giovani" ci considerino diversi da loro e che ci si possa sentire talvolta "sopportati" ma non certo coinvolti in modo paritario.

Sembra di percepire che "i problemi di una generazione non possano essere condivisi da quelle precedenti". Ma noi eravamo così e loro sono così e lo saranno i loro figli, ecc, ecc, ecc. Il mondo è sempre stato così e allora, ridiamoci sopra.

Mo Nong - Sexy Chinese Woman
Mi è venuto in mente, ora, che nelle prime ore del mattino ho parlato con un signore appartenente alla precedente generazione e che mi è venuto spontaneo pronunciare per lui qualche parola, semplicemente, in dialetto. Lui aveva apprezzato molto la cosa, esternando il piacere di sentire un modo di parlare ormai rare perchè appartenente al passato.

E allora, mi sono sforzato di proseguire, sicuramente sbagliando termini e accenti perché non so parlare in dialetto se non per semplici frasi e concetti. E gli ho chiesto dove fosse nato, scherzando sul modo di indicare le persone nate in periferia rispetto a quelli nati in centro città. Allora, mi ha chiesto dove abitassi e ho dovuto confessargli di avere abbandonato questa mia città e che mia mamma, saputolo, aveva detto che avevo abbandonato la mia città, dove ero nato.

Xue-Mo - Mongolia
Ma io non la consideravo già più la mia città perché non la riconoscevo. Troppo cambiata in ogni aspetto da non riconoscerla e da non riconoscermi più, neppure io. E allora, è venuta fuori una sorta di visione nostalgica riferita ad un passato che sembra ora quasi idilliaco tanto appare bello. Eppure, non era certo così, allora. Ma, tant'é che spesso succede che si rimpianga il passato di fronte al presente che non si ama. O nel quale non ci si riconosce più.

Ecco, la nostalgia. Viene fuori nei momenti di debolezza, di stanchezza ed è espressione della nostra incapacità di accettare il presente, modificando noi stessi. Ma l'uomo sa modificarsi quando è già diventato anziano? Sa essere plastico mentre è già diventato rigido? Forse lo deve, anche se oggi, che il cambio generazionale avviene molto prima che un tempo, questo implica di dovere cambiare più volte nel corso della propria esistenza.


Ma, suvvia, proviamoci almeno! Con gioia.

Soundtrack: Loituma - "Ievan Polkka" (Eva's Polka)

Thursday, March 19, 2015

Qualcuno era comunista - Giorgio Gaber


Qualcuno era comunista perché era nato in Emilia.
Qualcuno era comunista perché il nonno, lo zio, il papà. .. la mamma no.
Qualcuno era comunista perché vedeva la Russia come una
promessa, la Cina come una poesia, il comunismo come il paradiso terrestre.
Qualcuno era comunista perché si sentiva solo.
Qualcuno era comunista perché aveva avuto una educazione troppo cattolica.
Qualcuno era comunista perché il cinema lo esigeva,
il teatro lo esigeva, la pittura lo esigeva, la letteratura anche. . . lo esigevano tutti.
Qualcuno era comunista perché glielo avevano detto.
Qualcuno era comunista perché non gli avevano detto tutto.
Qualcuno era comunista perché prima… prima…prima… era fascista.
Qualcuno era comunista perché aveva capito che la Russia andava piano, ma lontano.
Qualcuno era comunista perché Berlinguer era una brava persona.
Qualcuno era comunista perché Andreotti non era una brava persona.
Qualcuno era comunista perché era ricco ma amava il popolo.
Qualcuno era comunista perché beveva il vino e si commuoveva alle feste popolari.
Qualcuno era comunista perché era così ateo che aveva bisogno di un altro Dio.
Qualcuno era comunista perché era talmente affascinato dagli operai che voleva essere uno di loro.
Qualcuno era comunista perché non ne poteva più di fare l'operaio.
Qualcuno era comunista perché voleva l'aumento di stipendio.
Qualcuno era comunista perché la rivoluzione oggi no, domani forse, ma dopodomani sicuramente.
Qualcuno era comunista perché la borghesia, il proletariato, la lotta di classe...
Qualcuno era comunista per fare rabbia a suo padre.
Qualcuno era comunista perché guardava solo RAI TRE.
Qualcuno era comunista per moda, qualcuno per principio, qualcuno per frustrazione.
Qualcuno era comunista perché voleva statalizzare tutto.
Qualcuno era comunista perché non conosceva gli impiegati statali, parastatali e affini.
Qualcuno era comunista perché aveva scambiato il materialismo dialettico per il Vangelo secondo Lenin.
Qualcuno era comunista perché era convinto di avere dietro di sé la classe operaia.
Qualcuno era comunista perché era più comunista degli altri.
Qualcuno era comunista perché c'era il grande partito comunista.
Qualcuno era comunista malgrado ci fosse il grande partito comunista.
Qualcuno era comunista perché non c'era niente di meglio.
Qualcuno era comunista perché abbiamo avuto il peggior partito socialista d'Europa.
Qualcuno era comunista perché lo Stato peggio che da noi, solo in Uganda.
Qualcuno era comunista perché non ne poteva più di quarant'anni di governi democristiani incapaci e mafiosi.
Qualcuno era comunista perché Piazza Fontana, Brescia, la stazione di Bologna, l'Italicus, Ustica ecc, ecc, ecc…
Qualcuno era comunista perché chi era contro era comunista.
Qualcuno era comunista perché non sopportava più quella cosa sporca che ci ostiniamo a chiamare democrazia.
Qualcuno credeva di essere comunista, e forse era qualcos'altro.
Qualcuno era comunista perché sognava una libertà diversa da quella americana.
Qualcuno era comunista perché credeva di poter essere vivo e felice solo se lo erano anche gli altri.
Qualcuno era comunista perché aveva bisogno di una spinta verso qualcosa di nuovo.
Perché sentiva la necessità di una morale diversa.
Perché forse era solo una forza, un volo, un sogno era solo uno slancio, un desiderio di cambiare le cose, di cambiare la vita.
Sì, qualcuno era comunista perché, con accanto questo slancio, ognuno era come… più di sé stesso.
Era come… due persone in una.
Da una parte la personale fatica quotidiana e dall'altra il senso di appartenenza a una razza che voleva spiccare il volo per cambiare veramente la vita.
No. Niente rimpianti.
Forse anche allora molti avevano aperto le ali senza essere capaci di volare…come dei gabbiani ipotetici.
E ora? Anche ora ci si sente come in due.
Da una parte l'uomo inserito che attraversa ossequiosamente
lo squallore della propria sopravvivenza quotidiana e dall'altra il gabbiano senza più neanche l'intenzione del volo perché ormai il sogno si è rattrappito.
Due miserie in un corpo solo. 

Giorgio Gaber

Tuesday, March 17, 2015

Vincenzina e la fabbrica

Laurence Stephen Lowry - Returning from work - 1929
La mattina, scorrendo le vie verso il lavoro, così come al ritorno a casa,
il passo è obbligato al fianco a realtà industriali di una volta.
Di un tempo in cui, dietro a quei vetri c'era vita.

Là dove ora c'è silenzio, polvere e calcinacci e umido e ruggine.

E allora, viene in mente una realtà ormai finita, quella della fabbrica.
La fabbrica che era casa e fonte di gioia, di vita e anche di rabbia.
Ma almeno, c'era qualcosa. Ora nulla di più.
Ilya Repin - Barge Haulers on the Volga - 1870-1873,
C'era anche vita comune dove il sudore faceva da elemento di coesione.
Ora, in ufficio, senza sudore, manca la coesione e vivono le dinamiche perverse.
E la coscienza di classe si è sfibrata, arrugginita e vi è caduta sopra la polvere.

In cambio, quel nulla che avanza e dilaga.
E allora viene in mente il sapore del pane e del salame o della bologna
che, insieme al vino faceva la "schiscetta" che era la pausa per mangiare e riposare.
Valentin Alexandrovich Serov - Working people arise!
E viene in mente la musica di Jannacci che parlava di fabbrica e di illusioni e realtà.
Non esiste più quella realta, della fabbrica,
rimane una canzone che fa pensare a cosa si deve fare.

Perché bisogna rimanere vivi e desiderare sempre qualcosa
che non sia solo bisogno indotto e consumismo.
Desiderare un ideale che valga la pena di vivere e per il quale lottare.
Поцелуй в постели
L'ideale è ciò che fa vivere.


"Vincenzina davanti alla fabbrica,
Vincenzina il foulard non si mette più.
Una faccia davanti al cancello che si apre già.
Vincenzina hai guardato la fabbrica,
come se non c'è altro che fabbrica
e hai sentito anche odor di pulito
e la fatica è dentro là...
Zero a zero anche ieri 'sto Milan qui,
sto Rivera che ormai non mi segna più,
che tristezza, il padrone non c'ha neanche 'sti problemi qua.
Vincenzina davanti alla fabbrica,
Vincenzina vuol bene alla fabbrica,
e non sa che la vita giù in fabbrica
non c'è, se c'è com'è ?"
Enzo Jannacci
Анри Тулуз-Лотрек Мадам Пупуль за туалетом
Soundtrack: Vincenzina e la fabbrica

Sunday, March 15, 2015

Volgarità. A cosa serve o può servire?

Eero Jarnefelt - Saimi's Back
Volgarità e turpiloquio sono la stessa cosa?
Esiste una volgarità utile o è sempre inutile?

Le domande mi vengono dall'assistere al continuo intercalare volgare che ormai è elemento comune del linguaggio di gran parte delle persone. Ma, a parte il fastidio derivante dal sentire profferire termini volgari in modo gratuito e, oltretutto da persone formalmente antitetiche, mi chiedo se tutto questo abbia un significato e quale sia lo scopo.

Kazimir Malevich - Bathers seen from behind - 1908-1909
Viviamo certamente di luoghi comuni e di conformismo ed emulazione. Si parla male quando si è piccoli per sentirci grandi nel trasgredire alcune regole di comportamento. Si parla male per uniformarci al gruppo e sottolineare la nostra appartenenza. Si parla male per colpire l'interlocutore, sottolineando la veemenza del nostro intervento.

Quindi, la volgarità diviene un "rafforzativo" della nostra espressività. Un "attention getting", direbbero i comunicatori, perché l'interlocuzione volgare "sveglia" l'attenzione. ma poi, stante l'uso diffuso del turpiloquio, questo perde la sua valenza emotiva e diviene "suono aggiunto" nel "rumore di fondo". Pertanto, inutile, gratuito, privo di alcuna rilevanza e valenza.
Egon Schiele - 'Zwei liegende Figuren' - 1912
Se poi consideriamo che per "svegliare " l'attenzione dell'interlocutore esistono i toni, il volume, l'enfasi, la gestualità, la mimica, il linguaggio del corpo, ecc ... e che questi sono assai più efficaci perché altamente personalizzabili sia nel senso del soggetto che parla che in quello di chi ascolta, allora ci si può domandare se esista o meno una volgarità realmente utile.

E allora, slittiamo dall'oggi al passato. Esistono romanzi di grandissima rilevanza quali il Gargantua e Pantagruele di Francois Rabelais e il Bertoldo e Bertoldino e Cacasenno di Giulio Cesare Croce e Adriano Banchieri in cui la volgarità ha un significato ironico e di critica di costumi e di monito di stimolo verso i significati elevati della vita.
Valentin Serov - Portrait of Ida Rubinstein
La volgarità intesa come espressione della nostra misera condizione materiale fatta di umori e di odori e di rumori che impediscono la differenza tra i ricco e il nobile e il povero e il diseredato. Tra il sano e il malato. Tra il colto e l'ignorante, tra il bello e il brutto. Tutti uguali sotto la pelle e nelle nostre intrusioni "fisiche" nel mondo circostante.

Esigenze vitali che cerchiamo di dimenticare in una sorta di deisderio di trascendenza della nostra putrescibile materia. Abbiamo odori e dimensioni e facciamo rumori che non sono parole o poesie. Ciò che è bello, delicato e fine si scioglie nella decomposizione come il brutto, grossolano e rozzo. Grande, grandissimo monito a non crederci superiori.

Yves Klein - Body art
L'umiltà che viene dall'interno nostro. La lezione che la materia offre e impone alla mente e allo spirito. La debolezza di un desiderio che è carnalità fatta di sapori e profumi (o odori?), dello sfiorare la pelle e scoprire con lo sguardo e che non si rende conto che l'esterno malcela l'interno che è uguale per tutti.

E allora, la volgarità si eleva verso la filosofia. E offre lo spunto per riflettere sull'esistenza e già millenni orsono, Epittéto diceva che l'uomo è folle perché affida la propria felicità a ciò che non può controllare. E per prima cosa, non può controllare il proprio corpo.

John William Waterhouse - Estudio para Echo de Eco y Narciso - ca. 1903
Soundtrack: Fabrizio De Andrè & PFM - Bocca di rosa (Live)

Friday, March 13, 2015

Immutabile o mutabile? Il destino ...

Pekka Halonen - Tyttö Rannalla (Aino Mäkinen)
"E quanto da terra proviene,
ritorna alla terra;
e quanto da stirpe celeste
germoglia, di nuovo
ritorna là in alto, nel cielo"

Lo scrive Marco Aurelio nei Colloqui con se stesso.
Uno stoico, non un cristiano.
Eppure concepisce la dualità della nostra appartenenza,
la dualità della nostra essenza e del nostro destino.

Erik Nikolai Järnefelt (1863 - 1937) - Eero
Ma è anche il concetto della mutazione o dell'immutabilità che è in gioco.
Se da terra viene , a terra torna e se da cielo origina, là ritorna.
Ma noi siamo terra e cielo sempre?
Quanto siamo consapevoli della nostra "celestialità"?

A volte produciamo esistenze solo di terra e materia ...
e quindi? Senza speranza è l'origine e la fine?
Oppure esiste un momento di consapevolezza che ci fa concepire
la nostra appartenenza al cielo?

Artúr Coulin (1869 - 1913) - Portrait of a woman - 1910
In questo si realizza la salvezza.
Ma, intendiamoci, non è solo di spiritualità che si può parlare.
Si parla di efflato vitale che si può perpetuare
laddove al gesto materiale si affianchi il momento del sublime.

Il sublime del gesto razionale, pensante, capace di istruire.
Capace di generare pensiero ed evoluzione umana.
Anche se solo terrena, altrimenti dovremmo pensare che il destino
si può felicemente concludere solo per chi crede nel divino.

Hans Baluschek (1876 - 1935) - Proletarierinnen - 1900
Io credo che ci sia speranza di ritorno in cielo anche per chi non crede.
Ogni essere vivente può consacrare la propria esistenza ad una logica non solo materiale
(tutti, nessuno escluso, dobbiamo scendere a patti con la materia che è esigente)
e in questo modo elevarsi al cielo.

"Com'è grande l'anima che, qualora debba ormai sciogliersi dal corpo, è pronta a spegnersi o a disperdersi o a conservarsi. Ma questa prontezza venga da un suo proprio giudizio, non sia da combattimento alla leggera, com'è il caso dei cristiani; si faccia al contrario secondo ponderazione e gravità, così da persuadere anche altri senza teatralità." Sempre Marco Aurelio ...

Emile Friant (1863 - 1932) - Les Souvenirs
Soundtrack: Loituma - "Ievan Polkka"