Thursday, March 5, 2015

The Third Man

Affonda nel tempo della mia infanzia.
Non so come, non so perché e non so quando.
Ma esistono una musica e uno strumento e un'atmosfera.
Imperanti nella loro affascinante perdizione vorticosa e stordente.

Una cetra, una canzone, un suonatore e un film.
Tutti nella stessa direzione e struggente bellezza in cui le ombre si mischiano al profumo.
Quello della nebbia e del selciato umido e dei sigari e della pioggia che cade.
Ombre che corrono e sfuggono e si fermano e ti osservano e rapiscono.

E tu sei li a guardare e a respirare ombre e fumo e nebbia e pioggia e musica.
Luci lontane di locali fumosi e affollati dove gli sguardi brillano e i denti sorridono.
Capelli biondi e grigi e neri che si scuotono nel reclinare il capo o nel ridere.
Boccali che sbattono e birra che cade e labbra che lambiscono il vetro.

Ma sopra ogni cosa il profumo della nebbia e della pioggia e delle volute di tabacco.
Nelle ombre e nella penombra con il bavero alzato e le gocce che scorrono lungo le guance.
Mentre le mani stringono inferriate umide e le dita assaggiano il ferro scrostato.
Ruggine levigata dal tempo e dalle mani che scivolano sopra.

E la cetra continua nel vibrato delle corde e nel ritmare l'accompagnamento.
In un modo ripetitivo e magico che annebbia la volontà e la determinazione.
E le dita pizzicano le corde mentre lo sguardo vaga sulla gente e il sorriso si perpetua.
E il volto di mio nonno, con la sigaretta e le carte in mano e il papillon e il suo tempo.

Un tempo finito da quasi un secolo, corrotto da due guerre e dalla società dell'ignoranza.
Caffé degli specchi e musiche viennesi e una cetra che tu suonavi e forse ho ascoltato.
Nostalgia di un abbraccio ormai perso e di voci e suoni ormai indistinti.
E il desiderio di raggiungere il passato nel desiderio di ascoltare e ascoltare e ascoltare.

Tutto quello che non si è sentito e che ci si immagina di avere perso.
E non so nulla di tutto questo. Non so più dove sono, se qui o là.
Se con voi o con loro. Se nel presente o nel passato.
Rapito da una musica che è mamma e nonno e mitteleuropa e decadenza.

Meravigliosa, conturbante mentre i capelli si scuotono con la testa che si slancia indieto.
In un gesto di elegante nonchalance, di malinconico abbandono ad una vita che interessa
solo per caso.
In un narcisistico e voluttuoso e superbo diniego e rifiuto delle necessità terrene.
Nella meravigliosa illusione di non averne bisogno, di poterne fare a meno.

Il terzo uomo.
Una Zither, Vienna ma anche Praga.
Anton Karas.
Mio nonno e mia mamma.

E io dove sono?
Soundtrack: Third Man Anton Karas, zither

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