Sunday, March 15, 2015

Volgarità. A cosa serve o può servire?

Eero Jarnefelt - Saimi's Back
Volgarità e turpiloquio sono la stessa cosa?
Esiste una volgarità utile o è sempre inutile?

Le domande mi vengono dall'assistere al continuo intercalare volgare che ormai è elemento comune del linguaggio di gran parte delle persone. Ma, a parte il fastidio derivante dal sentire profferire termini volgari in modo gratuito e, oltretutto da persone formalmente antitetiche, mi chiedo se tutto questo abbia un significato e quale sia lo scopo.

Kazimir Malevich - Bathers seen from behind - 1908-1909
Viviamo certamente di luoghi comuni e di conformismo ed emulazione. Si parla male quando si è piccoli per sentirci grandi nel trasgredire alcune regole di comportamento. Si parla male per uniformarci al gruppo e sottolineare la nostra appartenenza. Si parla male per colpire l'interlocutore, sottolineando la veemenza del nostro intervento.

Quindi, la volgarità diviene un "rafforzativo" della nostra espressività. Un "attention getting", direbbero i comunicatori, perché l'interlocuzione volgare "sveglia" l'attenzione. ma poi, stante l'uso diffuso del turpiloquio, questo perde la sua valenza emotiva e diviene "suono aggiunto" nel "rumore di fondo". Pertanto, inutile, gratuito, privo di alcuna rilevanza e valenza.
Egon Schiele - 'Zwei liegende Figuren' - 1912
Se poi consideriamo che per "svegliare " l'attenzione dell'interlocutore esistono i toni, il volume, l'enfasi, la gestualità, la mimica, il linguaggio del corpo, ecc ... e che questi sono assai più efficaci perché altamente personalizzabili sia nel senso del soggetto che parla che in quello di chi ascolta, allora ci si può domandare se esista o meno una volgarità realmente utile.

E allora, slittiamo dall'oggi al passato. Esistono romanzi di grandissima rilevanza quali il Gargantua e Pantagruele di Francois Rabelais e il Bertoldo e Bertoldino e Cacasenno di Giulio Cesare Croce e Adriano Banchieri in cui la volgarità ha un significato ironico e di critica di costumi e di monito di stimolo verso i significati elevati della vita.
Valentin Serov - Portrait of Ida Rubinstein
La volgarità intesa come espressione della nostra misera condizione materiale fatta di umori e di odori e di rumori che impediscono la differenza tra i ricco e il nobile e il povero e il diseredato. Tra il sano e il malato. Tra il colto e l'ignorante, tra il bello e il brutto. Tutti uguali sotto la pelle e nelle nostre intrusioni "fisiche" nel mondo circostante.

Esigenze vitali che cerchiamo di dimenticare in una sorta di deisderio di trascendenza della nostra putrescibile materia. Abbiamo odori e dimensioni e facciamo rumori che non sono parole o poesie. Ciò che è bello, delicato e fine si scioglie nella decomposizione come il brutto, grossolano e rozzo. Grande, grandissimo monito a non crederci superiori.

Yves Klein - Body art
L'umiltà che viene dall'interno nostro. La lezione che la materia offre e impone alla mente e allo spirito. La debolezza di un desiderio che è carnalità fatta di sapori e profumi (o odori?), dello sfiorare la pelle e scoprire con lo sguardo e che non si rende conto che l'esterno malcela l'interno che è uguale per tutti.

E allora, la volgarità si eleva verso la filosofia. E offre lo spunto per riflettere sull'esistenza e già millenni orsono, Epittéto diceva che l'uomo è folle perché affida la propria felicità a ciò che non può controllare. E per prima cosa, non può controllare il proprio corpo.

John William Waterhouse - Estudio para Echo de Eco y Narciso - ca. 1903
Soundtrack: Fabrizio De Andrè & PFM - Bocca di rosa (Live)

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