Friday, February 28, 2014

One love, One heart

One love, One heart
Let's get together and feel all right
Hear the children crying (One Love)
Hear the children crying (One Heart)
Sayin' give thanks and praise to the Lord and I will feel all right
Sayin' let's get together and feel all right

Let them all pass all their dirty remarks (One Love)
There is one question I'd really love to ask (One Heart)
Is there a place for the hopeless sinner
Who has hurt all mankind just to save his own?
Believe me

One Love, One Heart
Let's get together and feel all right
As it was in the beginning (One Love)
So shall it be in the end (One Heart)
Give thanks and praise to the Lord and I will feel all right
One more thing

Let's get together to fight this Holy Armageddon (One Love)
So when the Man comes there will be no no doom (One Song)
Have pity on those whose chances grove thinner
There ain't no hiding place from the Father of Creation

Sayin' One Love, One Heart
Let's get together and feel all right
I'm pleading to mankind (One Love)
Oh Lord (One Heart)

Give thanks and praise to the Lord and I will feel all right
Let's get together and feel all right
 Soundtrack: One love - Bob Marley

La guida dei perplessi - un inizio

Potrà ricorrere spesso: Mosé Maimonide, pensatore ebreo a cavallo del 1100 e del 1200, che ha tentato in modo audace di pensare insieme il logos della filosofia aritsotelica e la rivelazione derivante dalla Torà.

La sua Guida dei Perplessi è un'opera da considerare di tenere vicino a sé nel corso della propria vita e a cui fare riferimento di tanto in tanto per riflettere.

"Il sapiente saluta tutti per primo, al fine di disporre ognuno nei propri confronti; giudica ogni persona favorevolmente, parlando solo bene del proprio prossimo e non male. 
Ama la pace e insegue la pace. 
Se constata che le sue parole sono utili e vengono ascoltate, parla; in caso contrario, tace."
Mosé Maimonide

Quanto accade di questo al giorno d'oggi?
Abbiamo dunque perso la sapienza?
Ma la strada per ritrovarla è semplice perché sta solo in noi.
Sta in noi essere noi stessi.
Senza farsi prendere dalle contingenze.
Senza perdere di vista la buona regola del rispetto, della buona disposizione e del tendere al bene.


Soundtrack: Giora Feidman: The Klezmer's Freilach

Wednesday, February 26, 2014

Non voglio fare l'ometto di casa.

Rivoglio l'infanzia. E' un diritto negato.
Non voglio fare l'ometto di casa.
Non voglio fare l'ometto perché tu non ci sei.
Io sono io e tu sei tu.
Io sono bambino e tu sei papà.
Voglio giocare, non avere pensieri.
Voglio potere fare capricci e sbagliare.
Essere bambino, piccolo, fintanto che ne ho diritto.
Quando sarò grande sarò un ometto.
Non prima.
Mi togli l'infanzia e ne ho diritto.
Mi mancano almeno dieci anni di infanzia.
Li recupererò mai?
Mi dimenticherò di volerli recuperare?
O rimarrà sempre un vuoto dentro?
Per questo il rancore è forte.
Incolmabile vuoto = rabbia perenne.
E' così e non ci si può fare nulla.
Non passa il rancore.
Non posso capire.
Non riesco.
Soundtrack: Sakamoto - La danza dei ventagli giapponesi

Tuesday, February 25, 2014

Trionfo della fantasia e dell'immaginazione

"Come volete", rispose in fretta Alice.

"Vi dico quello che credo ... perché io quello che credo dico ... è la stessa cosa."

"Non è per niente la stessa cosa!", esclamò il Cappellaio.

"Vorresti forse sostenere che la frase vedo quello che mangio ha lo stesso significato di mangio quello che vedo?"

"O forse vorresti sostenere", proseguì la Lepre Marzolina "che la frase mi piace quello che prendo ha lo stesso significato di prendo quello che mi piace?"

"E vorresti forse sostenere" concluse il Ghiro (il quale sembrava che parlasse dormendo) "che la frase respiro quando dormo ha lo stesso significato di dormo quando respiro?"

"Per te è la stessa cosa!" disse il Cappellaio. E a questo punto la conversazione finì.
 
                                                                                                            Lewis Carroll, 1865
Videotrack: Alice in wonderland (1915)
Soundtrack: Un buon non compleanno (Disney)


Monday, February 24, 2014

L'immagine, la città, la vita e i ricordi

"L'immagine che abbiamo della città è sempre un po' anacronistica."
Jorge Luis Borges - Il manoscritto di Brodie - 1970

Nasco a Milano. Vivo a Milano. Conosco la mia città per averla vissuta e sentita. Almeno lungo tutto il periodo di studio, l'ho fatto. L'ho girata in lungo e in largo. Mattina, pomeriggio, sera e notte. Poi, dall'inizio del lavoro le visite si sono rarefatte e il percorso quotidiano "casa-lavoro" la esclude in gran parte. Da qualche anno, poi, anche nel fine settimana mi allontano da lei. Quindi, non la vivo più

Ma anche non la vedo più. I miei orizzonti milanesi erano fatti di case basse e qualche casa alta e rarissimi grattacieli. L'orizzonte era scandito in modo sicuro e confortante per lo più dai campanili. Dominanti, protettivi sui tetti delle case. Ora, giro e devo tenere il viso rivolto in alto per vedere il cielo. L'orizzonte si è alzato e le case di una volta sono diventate piccolissime, bassissime e quelle alte sono diventate altrettanto piccoline. Dominano le costruzioni tutte vetro, alte, altissime. E noi, sotto, a guardare.

Ieri, girando a Milano per andare al cinema, ho rivisto quartieri che non vedevo da anni. Qui c'era una cartoleria, qui, un fornaio. E qui una drogheria, là una salumeria. La scuola aveva l'ingresso qui. Ora è chiusa, sembra abbandonata. Ricordo che dove adesso stanno ora costruendo c'era un prato incolto con l'artemisia che cresceva alta e noi vi giocavamo in mezzzo. Ecco, un continuo "ricordo che ..." 
Quando frequentavo le elementari Celentano cantava "Il ragazzo della via Gluck" e diceva che "e non lasciano l'erba, e così, se andiamo avanti così, come finirà ...". Ora sono passati quasi 50 anni e la città ha continuato ad evolversi. Case, cemento, ponti, sottopassaggi, strade. Buchi ad oltranza in previsione di nuovi palazzi. E grattacieli uno dopo l'altro. Non mi ci trovo più. Mi mancano i punti di riferimento.
Soundtrack: Il ragazzo della via Gluck

Dove vivevamo una Comune musicale, in una casa occupata, ora ci sono appartamenti molto costosi. Nel porticato c'era il collettivo femminista e alla porta successiva si tenevano corsi di chitarra e dopo ancora, di basso e batteria. Al primo piano, che si affacciava nel piccolo cortile interno, si tenevano le riunioni di programmazione e i corsi di mimo. Più a destra invece c'erano le attrezzature per l'impianto voce che si usava nelle feste popolari a cui partecipavamo.
Ora, non esiste più nulla. Solo ricordi. Ma sono cose da anziani. Bisogna progredire ma, se non viene spontaneamente, è faticoso. Così rimane il dubbio di cosa fare, di come comportarsi. Mi viene in aiuto una sensazione che provai in Giappone. Nella caotica e al contempo ordinata Tokio. In un contesto di palazzi su palazzi e rumore, frastuono e automobili, un giorno varcai la soglia di un tempio. E venni catapultato indietro di mille anni. Pace, silenzio, quiete e raccoglimento. I muri del tempio avevano creato un valico millenario dove lo spirito trovava i presupposti per raccogliersi ed essere nuovamente se stesso.

Ecco, comportarsi mantenendo la propria identità e preparandosi a vedere il positivo in ciò che ci circonda. Acquisire la serenità dentro di noi (noi siamo un tempio che cammina e respira) e leggere l'esterno attraverso di lei. Così il ricordo si trasforma da fonte di disorientamento a dolcezza malinconica ed anche a gioia.
Soundtrack: Verdi prati - Haendel - Kasarova
Soundrack: Beatles in Italy

Sunday, February 23, 2014

Métissage. N'est pas la globalisation

Métissage significa contaminazione culturale non solo biologica (deriva da métis) ma anche intreccio culturale, contaminazione culturale. Questo è il nostro meraviglioso tempo dove i confini della razza e della storia e della cultura non esistono più.

Oggi métissage include in sé altri concetti termonologici in precedenza legati a parole quali mélange, croisement, imbrication, hybridation, brassage, créolisation.

Encora une fois il processo parte dalla vicina Francia, dapprima legato all'antropologia e alla linguistica ma poi evoluto in senso transdisciplinare.

Métissage è una realtà concettuale veramente nuova perché non significa ideologia multiculturale o coesistenza multiculturale che intende la contemporanea presenza di identità culturali distinte e parimenti riconosciute e rispettate.

Questo era il passato dove l'io rimaneva distinto dall'io dell'altro, dove non si realizzava scambio fisico, intellettuale, concettuale e di fatto.


"Ma proposition est qu'aujourd'hui
le mond entier s'archipélise et se créolize"
Edouard Glissan, poeta della Martinica 

Métissage non è neppure il concetto di assimilazione culturale dove il minoritario si inserisce nel maggioritario, diluendosi nella cultura dominante. Métissage non è annullamento, integrazione o assimilazione o coesistenza.

Métissge è reale fusione continua e interscambio naturale, fisiologico che diventa regola comune. Di vita, di cultura, di pensiero.

Métissage è una realtà in continuo movimento. E' il futuro migliore dell'umanità. Non io, non tu, non noi, non loro. Solo noi tutti.

In senso evulozionista si potrebbe pensare ad un ritorno allo origini. Dal primitivismo, infatti, la successiva differenziazione e poi il ritorno ad un tutto unico, comune.

"We should get accustomed
to the idea that our identity
is going to change
on contact with the Other"
                                                 Edouard Glissan, poeta della Martinica

Soundtrack: DUB Inc - Live

Thursday, February 20, 2014

Ispiratori piuttosto che ispirati

Un sacco - 1954 - Alberto Burri
Non è detto che si debba diventare famosi o passare alla storia per dei meriti in prima persona. E' possibile farlo in forma indiretta, semplicemente essendo se stessi con la propria vita, riuscendo a diventare simboli per altri.

A volte la genialità si esprime nei gesti del quotidiano e il sapere scrivere o dipingere o comporre non è necessario. Nessun gesto intermedio. Solo se stessi. Certo è che in questi casi, non si diventa famosi. Il pubblico non applaude. ma si è celebrati lo stesso, da altri che per questo diventano famosi.

Howl, la poesia emblema della generazione beat è dedicata a Carl Solomon, poeta geniale, dotato di un'intelligenza iperattiva ma richiuso troppo presto in un ospedale psichiatrico. Lui stesso non era poeta e forse è stato scrittore ma è diventato icona beat attraverso Ginsberg.

Lo stesso Neal Cassidy con Jack keruak e Herbert Huncke con William Burroughs.

Pilgrim State Hospital

One enters Pilgrim as though it is the death-house.  One sits down in the ward
and waits.  5 doctors approach, the patient weeps.
 Shock treatment is prepared.  One wakes dazed.
 Allen comes, he says, "Don't argue with them, do as they say."
 Time asserts itself again.  You go home.  You tire yourself out sleeping
with women.  Then you pause.  You think, "You are a writer, you should do
something again."
 It is tiring to understand what they are saying to you, you talk about
Nerval and you talk about Proust.
 A young man comes up to you.  He is of Arabian descent.  He mentions Nasser
and begins an anti-semitic diatribe.
 Dr. Rath is a young man.  Of Rumanian-Jewish descent.  A background more
brilliant than any doctor in the institution as far as I am concerned.
 You mention Tristan Tzara to him and he understands what you mean.  He works
through group therapy.  Patients come together and remorselessly cut each other
to pieces.  Fights break out during the course of the group therapy session.
 "Solomon, you don't want to get well.  You're just looking for a big dick."
I fight back I knock the boy down.  He screams, "I'll kill him even if they send
me to Matteawan."
 He had disclosed to me in an earlier conversation that he knew Weinberg,
slayer of Bodenheim.  "Bodenheim was gay," asserts Davis.
 I disagree, not being quite sure of my facts.
 Come back to Village years later and find Bodenheim's reputation as a man
was quite good.  Davis escaped from Pilgrim.  I don't know what happened to him,
hard-bitten and bitter, I have never forgotten that face.  Dehumanized.
 Confused him in my mind with Corso since both had reformatory qualities.
Met Corso again -- changed my mind.  Corso is a littérateur and a
Catholic with strong religious sense of right and wrong.
 The tendency toward crime among the young men of my generation is impossible
to surmount.  We are all guttersnipes.  Gratuitousness is the spirit of the age.
Gide and Cocteau have made us what we are.  The big dick or "BITE" if you prefer
me to use Genet's French, this is all that matters.  Make another man submit to
you and you are God.
 Ah!  Ludicrous ribaldry.  Hemingway blowing his beautiful understanding face
to ruins with a bullet.  Camus dead in an auto accident.
 Of all things, Artaud becomes vogue ten years after his death as a
ridiculous nut.
 Berchtesgaden.  The Fuehrer and his blond boys, who is this man Castro?
Very late on the scene.  New young Communist intellectuals in the Village, a new
group, a new element very much involved in politics.
 Why, I don't understand them.  They are good men.
 Kennedy seems quite human after all that has occurred.  Maybe he will
restore some kind of dignity to my life.  He has begun already.  He appointed a
Jew to the Cabinet.
 He himself is a Catholic, an enormous advance in democratic thinking on the
part of the American public.  Democracy versus Nihilism in daily life.
Motivation or despair.
 
"Mishap, Perhaps" - Carl Solomon - 1966 

Soundtrack: Eric Dolphy - Stolen moments

Diritto o rovescio? chi viene prima?

"... the verbal elements [of the poem] are not too interesting to discuss
although they are intended consciously to keep the surface of the poem
high and dry, not wet, reflective and self-conscious.

Perhaps the obscurity comes in here,
in the relationship between the surface and the meaning,
but I like it that way since the one is the other (you have to use words)
and I hope the poem to be the subject, not just about it."

Frank O'Hara - Second Avenue - 1960

Distruggere i ruoli può sembrare un atteggiamento ed un obiettivo eccessivi. Secondo il principio che la violenza non è mai il modo migliore per agire. Ma amo gli espressionisti, gli imagisti e coloro che considerano che ribaltare la visione sia il punto di partenza della riflessione. D'altra parte, non è forse innegabile il fatto che il caos è l'elemento da cui emerge la creatività, in assoluto.

E basta con i sostenitori del solo ordine e delle regole imprescindibili. Salviamo solo quelle del rispetto delle persone, degli altri e poi sovvertiamo il nostro ordine. Mettiamoci in discussione. Oggetti, contenitori, persone. Chi viene prima e chi dopo. Viene prima la parola o il pensiero che la impegna? A volte il pensiero segue la parola e questa è la sorgente del pensiero.

A questo punto, emerge anche un'altra domanda: ma quali sono gli obiettivi? La creatività in assoluto o la creatività pratica? L'una è presupposto imprescindibile all'altra o la finalizzazione pratica deve essere prioritaria e condizionante ab initio? Se creiamo un processo creativo, la libera espressione ideativa è fondamento essenziale e se vogliamo finalizzare l'innovatività, la creatività libera è altrettanto essenziale.

Non è possibile creare se non si considera l'irreale, il paradossale, l'ironico, il futuribile, il pazzesco, l'assurdo e con tutto questo il pensiero libero. Da questo caos emerge il pensiero finalizzato. Infatti, se consideriamo il caos come elemento assurdo, forse lo riteniamo tale solo perché ci sfuggono le complesse regole che lo guidano. Di fatto, questo sembra essere un paradosso. Nel senso che i sistemi caotici sono in realtà ordinati pur essendo impredicibili. A metà strada tra i sistemi lineari e quelli randomici, cioè privi di relazione e correlazione tra due fatti.
 
Ora, è la creatività ad essere caotica o siamo noi a non riuscire/volere capire la sua logicità? Relazione tra "Surface" e "Meaning" e ribaltamento dei ruoli: poesia come soggetto e non come tramite. Antitesi tra diritto e rovescio. E la vita è lo stesso ... sta a noi ...

Soundtrack: John Coltrane - Feeling Good

Wednesday, February 19, 2014

Il comune senso della normalità

L'albero m'è penetrato nelle mani
 
L'albero mi è penetrato nelle mani,
la sua linfa mi è salita dalle braccia,
l'albero mi è cresciuto nel seno profondo,
i rami spuntano da me come braccia.

Sei albero,
sei muschio,
sei violette scosse dal vento,
creatura - alta tanto - tu sei,
e tutto questo è follia per il mondo.

Siamo normali, vogliamo la normalità in cui ci si nasconde, si è scossi il meno possibile, il rischio è minimo. Ma è vivere questo? O non è piuttosto una rinuncia al sè. All'essere ciò che siamo, ciò che siamo sempre stati e saremo sempre. Nel nostro profondo, in fondo, non si cambia di molto.

Eppure, la maggior parte di noi fa così. Beata quiete. Uniformarsi nell'anonima normalità pur di non essere diversi e quindi sostenere lo sguardo degli altri o giustificare il proprio essere. Confondersi, sparire, nell'io non io.

Ma la vita è ben altro. Respirare l'aria intorno, farla penetrare dentro e viverla appieno! Mai domi, mai passivi, mai succubi. Protagonisti di sè (non sugli altri). Ecco, è questo che mi fa pensare questa poesia di Ezra Pound, poeta dell'imagismo che non mi trova d'accordo sul fronte politico ma che sa esprimere fiammate di sensazioni e di visione umana.
Così, il mondo deve penetrare in noi e vivere dentro di noi e attraverso noi. Da noi deve riscrescere il  mondo, modulato, trasformato, interpretato, amato, disamato, urlato o sussurrato. Da noi. Antitesi questa al confondersi nella massa.

Se dobbiamo credere nell'uomo, poche cose riassumono il suo valore e le sue potenzialità come il "discorso della montagna". Purezza pura della mente e dell'anima e del sentimento. Indipendentemente dal credo, indipendentemente dalla fede, indipendentemente dalla latitudine e dalla longitudine, dalla cultura o dal pensiero politico o filosofico. Puro valore.

Tuesday, February 18, 2014

L'oca e il collo



Quale posizione?


Non giudicate, per non essere giudicati;

perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati,

e con la misura con la quale misurate sarete misurati.


Autobiography - Lawrence Ferlinghetti - 1958

I am leading a quiet life   
in Mike’s Place every day   
watching the champs
of the Dante Billiard Parlor   
and the French pinball addicts.   
I am leading a quiet life   
on lower East Broadway.   
I am an American.
I was an American boy.
I read the American Boy Magazine   
and became a boy scout   
in the suburbs.
I thought I was Tom Sawyer   
catching crayfish in the Bronx River
and imagining the Mississippi.   
I had a baseball mit
and an American Flyer bike.
I delivered the Woman’s Home Companion   
at five in the afternoon
or the Herald Trib
at five in the morning. 
I still can hear the paper thump   
on lost porches.
I had an unhappy childhood.   
I saw Lindbergh land.
I looked homeward
and saw no angel.
I got caught stealing pencils
from the Five and Ten Cent Store   
the same month I made Eagle Scout.
I chopped trees for the CCC   
and sat on them.
I landed in Normandy
in a rowboat that turned over.
I have seen the educated armies
on the beach at Dover. 
I have seen Egyptian pilots in purple clouds   
shopkeepers rolling up their blinds   
at midday
potato salad and dandelions
at anarchist picnics.
I am reading ‘Lorna Doone’
and a life of John Most
terror of the industrialist
a bomb on his desk at all times.
I have seen the garbagemen parade   
in the Columbus Day Parade
behind the glib
farting trumpeters.
I have not been out to the Cloisters   
in a long time
nor to the Tuileries
but I still keep thinking
of going. 
I have seen the garbagemen parade   
when it was snowing.
I have eaten hotdogs in ballparks.
I have heard the Gettysburg Address   
and the Ginsberg Address.
I like it here
and I won’t go back
where I came from.
I too have ridden boxcars boxcars boxcars.   
I have travelled among unknown men.   
I have been in Asia
with Noah in the Ark.
I was in India
when Rome was built.
I have been in the Manger
with an Ass.
I have seen the Eternal Distributor   
from a White Hill
in South San Francisco
and the Laughing Woman at Loona Park   
outside the Fun House
in a great rainstorm
still laughing. 
I have heard the sound of revelry   
by night.
I have wandered lonely
as a crowd.
I am leading a quiet life
outside of Mike’s Place every day   
watching the world walk by
in its curious shoes.
I once started out
to walk around the world
but ended up in Brooklyn.
That Bridge was too much for me.   
I have engaged in silence
exile and cunning.
I flew too near the sun
and my wax wings fell off.
I am looking for my Old Man   
whom I never knew.
I am looking for the Lost Leader   
with whom I flew.
Young men should be explorers.   
Home is where one starts from.   
But Mother never told me
there’d be scenes like this. 
Womb-weary
I rest
I have travelled.
I have seen goof city.
I have seen the mass mess.
I have heard Kid Ory cry.
I have heard a trombone preach.   
I have heard Debussy
strained thru a sheet.
I have slept in a hundred islands
where books were trees.   
I have heard the birds   
that sound like bells.
I have worn grey flannel trousers
and walked upon the beach of hell.
I have dwelt in a hundred cities
where trees were books.
What subways what taxis what cafes!
What women with blind breasts
limbs lost among skyscrapers!
I have seen the statues of heroes
at carrefours.
Danton weeping at a metro entrance
Columbus in Barcelona
pointing Westward up the Ramblas
toward the American Express   
Lincoln in his stony chair   
And a great Stone Face   
in North Dakota. 
I know that Columbus   
did not invent America.
I have heard a hundred housebroken Ezra Pounds.   
They should all be freed.   
It is long since I was a herdsman.
I am leading a quiet life   
in Mike’s Place every day   
reading the Classified columns.
I have read the Reader’s Digest
from cover to cover
and noted the close identification
of the United States and the Promised Land
where every coin is marked   
In God We Trust
but the dollar bills do not have it
being gods unto themselves.   
I read the Want Ads daily   
looking for a stone a leaf   
an unfound door. 
I hear America singing
in the Yellow Pages.
One could never tell
the soul has its rages.
I read the papers every day   
and hear humanity amiss
in the sad plethora of print.
I see where Walden Pond has been drained   
to make an amusement park.   
I see they’re making Melville   
eat his whale.
I see another war is coming   
but I won’t be there to fight it.   
I have read the writing
on the outhouse wall.
I helped Kilroy write it.
I marched up Fifth Avenue
blowing on a bugle in a tight platoon   
but hurried back to the Casbah   
looking for my dog.
I see a similarity
between dogs and me.
Dogs are the true observers   
walking up and down the world   
thru the Molloy country.
I have walked down alleys   
too narrow for Chryslers.
I have seen a hundred horseless milkwagons   
in a vacant lot in Astoria.
Ben Shahn never painted them   
but they’re there
askew in Astoria. 
I have heard the junkman’s obbligato.   
I have ridden superhighways   
and believed the billboard’s promises   
Crossed the Jersey Flats
and seen the Cities of the Plain
And wallowed in the wilds of Westchester
with its roving bands of natives
in stationwagons.
I have seen them.
I am the man.   
I was there.   
I suffered
somewhat.
I am an American.
I have a passport.
I did not suffer in public.
And I’m too young to die.
I am a selfmade man.
And I have plans for the future.
I am in line   
for a top job.
I may be moving on
to Detroit.
I am only temporarily
a tie salesman.
I am a good Joe.
I am an open book
to my boss.
I am a complete mystery
to my closest friends.
I am leading a quiet life
in Mike’s Place every day   
contemplating my navel.
I am a part
of the body’s long madness.
I have wandered in various nightwoods.   
I have leaned in drunken doorways.
I have written wild stories
without punctuation.
I am the man.
I was there.   
I suffered   
somewhat.
I have sat in an uneasy chair.
I am a tear of the sun.   
I am a hill
where poets run.
I invented the alphabet
after watching the flight of cranes   
who made letters with their legs.
I am a lake upon a plain.   
I am a word
in a tree.
I am a hill of poetry.   
I am a raid
on the inarticulate.
I have dreamt
that all my teeth fell out   
but my tongue lived   
to tell the tale.
For I am a still
of poetry.
I am a bank of song.   
I am a playerpiano
in an abandoned casino   
on a seaside esplanade   
in a dense fog
still playing.
I see a similarity
between the Laughing Woman
and myself.
I have heard the sound of summer   
in the rain.
I have seen girls on boardwalks   
have complicated sensations.   
I understand their hesitations.
I am a gatherer of fruit.   
I have seen how kisses   
cause euphoria.
I have risked enchantment.   
I have seen the Virgin   
in an appletree at Chartres
And Saint Joan burn
at the Bella Union.
I have seen giraffes in junglejims
their necks like love
wound around the iron circumstances   
of the world.
I have seen the Venus Aphrodite   
armless in her drafty corridor.   
I have heard a siren sing   
at One Fifth Avenue.
I have seen the White Goddess dancing   
in the Rue des Beaux Arts   
on the Fourteenth of July   
and the Beautiful Dame Without Mercy   
picking her nose in Chumley’s.   
She did not speak English.   
She had yellow hair
and a hoarse voice
I am leading a quiet life   
in Mike’s Place every day   
watching the pocket pool players   
making the minestrone scene   
wolfing the macaronis   
and I have read somewhere   
the Meaning of Existence   
yet have forgotten
just exactly where.
But I am the man
And I’ll be there.
And I may cause the lips   
of those who are asleep   
to speak.
And I may make my notebooks   
into sheaves of grass.   
And I may write my own   
eponymous epitaph
instructing the horsemen   
to pass.
 

Thursday, February 6, 2014

La vita vituale e la noia del presente

Oggi ci si trova di fronte a persone che vivono più nel virtuale della rete che non nel reale della vita. la rete illude. fa credere di sapere di più, di conoscere prima e meglio. Un delirio di onniscienza (che in realtà maschera la superficialità della maggior parte delle informazioni che vi si trovano).

Eppure, oggi, sempre più persone si stacca dal presente (fatto di sudore, di odori, di stanchezza e di umana fisicità) per galleggiare eterei nel mondo del virtuale. Così veloce, così immediato, così poliedrico (sempre un'analisi superficiale) e illimitato.

Questo tutto, subito, prima, a portata di mano fa perdere il senso dell'attesa. Anzi, del valore dell'attesa. Quel valore che si traduce nella gioia del raggiungere non subito. Del conquistare solo dopo. Del vedere concretizzarsi il desiderio poco a poco.
Ed ecco che nel non sapere più attendere, nel vedere la fatica prima della conquista, nel dovere cercare la risposta (che non è immediatamente visualizzabile cone in rete), nel dovere aspettare il turno per rispondere. Ecco, dicevo, nasce la grande noia.

Una noia esistenziale perché l'esistenza reale non è più il luogo dove si vive. Una noia per il concreto che accentua il desiderio di rifugiarsi nel virtuale. Dove tutto è più facile. Solo più facile. Non più completo, non migliore. Solo più immediato e pronto.
Hommage à Myléne Demongeot
E poi, esiste anche l'assenza di confronto, l'assenza di dialogo con gli sguardi negli sguardi (una volta si diceva della fatica di sostenere uno sguardo). Ora è sufficiente chiudere la webcam, interrompere la connessione. Senza giustificazioni. Senza nulla. D'altra parte il nulla non può che richiamare altrettanto nulla.

Ed anche questo genera noia.
Come recuperarli?

Soundtrack: Frank-Jazz - Amy Whinehouse