Sunday, February 26, 2017

Bruciante esistenza dell'essere

Massimo e Giuditta stanno passeggiando in montagna, guardando intensamente il paesaggio che li circonda. Chiudendo gli occhi al sole che attraversa un cielo terso da una notte di vento. Qualche cima con la neve, in alto. Le prime avvisaglie della primavera nel colore della prima erba e delle prime foglie degli alberi. Il tutto, in un silenzio di quasi primavera in montagna.

In questi casi si può pensare alla fatica della salita o alla bellezza delle cose intorno, oppure al senso di benessere fisico e mentale, al risveglio del corpo dopo l'inverso o al senso di appetito che sta montando dopo che sono trascorse alcune ore dalla prima colazione. Oppure si può pensare alla nostra vita ed alla differenza da quanto si sta vivendo e quello che si vive di solito.

Non so dare una differenza tra Massimo e Giuditta. Ciascuno può pensare a tutte queste cose oppure ad una soltanto, oppure a nessuna del tutto. Mi piace immaginare che vi sia un pensiero differente nell'una e nell'altro per considerare che, di fronte ad una stessa cosa, questa evochi stati d'animo anche del tutto differenti nelle persone.

Ecco, nella stima nei confronti della donna, mi viene spontaneo attribuire una riflessione esistenziale in Lei e, viceversa, un pensiero oggettivo e finalizzato a Lui. Non esiste alcun elemento di giudizio o volontà di soppesare i due atteggiamenti in un confronto. Uno è pratico e uno è, diciamo, filosofico. Uno nasce da analisi del contingente e guarda al risultato tangibile, l'altro si proietta nel passato, nel presente e magari nel futuro.

Bene, facciamo che Massimo stesse pensando a quanto tempo era trascorso dall'inizio del tragitto e quanto tempo servisse ancora per raggiungere la meta, non fosse altro se non per capire quanto tempo avrebbero avuto per la pausa e per rientrare a valle senza problemi. Il tempo, si sa, in montagna può cambiare molto repentinamente e qualche nuvola era apparsa all'orizzonte,

Facciamo ora che Giuditta si fosse astratta dal contesto paesaggistico e in questo momento stesse pensando alle cose della sua vita. Ricordava che Sartre aveva affermato come l'essenza venga dopo l'esistenza e che quindi lei doveva essere quello che era stato il proprio progetto e quindi quanto aveva fatto. Non non siamo in primis ma solo dopo che abbiamo steso un progetto e lavorato per realizzarlo- E lei cosa aveva fatto?

La sua vita si era condotta secondo un progetto? Oppure i progetto erano stati molti e avevano sortito più confusione che traguardi raggiunti. E, in questo, la sua essenza aveva trovato dignità di esistenza? Sembra un paradosso ma, spesso, la vita, con la sua bellezza naturale ci fa riflettere su quella nostra interna ed è come se confrontassimo la pace interiore con quella della natura che ci circonda.

Giuditta si stava concentrando sul suo passato e sul suo presente. Su quanto di reale aveva compiuto e quindi sulla sua esistenza. Le sembrava di avere navigato prevalentemente in modo teorico, lasciando - forse inconsciamente (e quindi con colpa) - che la non scelta diventasse una scelta. In fondo, il suo desiderio di libertà: libertà dalle gerarchie, dalle regole, dagli obblighi, dal pensiero comune, dai pensieri comuni del dovere sociale, economico, familiare, ecc ... , era diventato un surrogato.

Il surrogato di credere di avere tante libertà che invece erano sensazioni che le derivavano dal modulare la propria vita "facendo" senza avere la percezione di "dovere fare". Un inganno verso se stessa. In fondo, si rendeva conto da tanto che la sua vita seguiva le regole della società. Forse aveva fatto solo progetti ed aveva lasciato agli altri la realizzazione della sua esistenza.

"E se decidessi ora?" si era lasciata sfuggire la domanda ad alta voce. "Cosa?" aveva subito replicato Massimo. "No, no ... nulla ... che fatica, manca ancora molto?" aveva detto ad alta voce per rispondere qualcosa e togliere ogni dubbio sulla sua domanda a Massimo. Non le interessava la risposta, non l'avrebbe neppure ascoltata. Anche quel giorno non aveva deciso lei. Si era lasciata trasportare. Una piccola medusa, una medusa non più giovanissima, ancora una medusa.

La strada procedeva lenta e bianchissima sul pendio della montagna. Il sole era ormai alto e lo sentiva sulle guance (sapeva che si sarebbe pentita di non avere portato la crema solare e il burro di cacao per le labbra). Gli scarponi battevano la terra un po' secca di fine inverno e lei guardava l'ombra che si schiacciava sotto il suo corpo. Avrebbe preferito altro per oggi. Avrebbe ...

Soundtrack: Françoise Hardy - Je suis moi

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