Scivola la scarpa sul marciapiede bagnato mentre corro a prendere il giornale al limite del tempo di chiusura dell'edicola e passo da via Losanna, davanti ad una casa alta, un semi-grattacielo, quasi all'angolo con Corso Sempione e il pensiero torna indietro di tanti anni.
Il volo non è solo una parte del titolo di un disco di Claudio Rocchi. E' anche quel gesto che tante persone hanno scelto di fare per assecondare una propria scelta di fine vita. Il volo è quel rendere concreto un desiderio, un ultimo desiderio che è di porre la parola fine alla propria esistenza.
Da quel palazzo, da un piano di quel palazzo, tanti anni fa una ragazza che avrei potuto conoscere (mi dicevano che lavorava nello stesso posto dove lavoravo io) aveva deciso di saltare per volare verso un destino scelto, voluto, desiderato (forse non desiderato del tutto ma desiderato in extremis).
Follia o lucidità. Mi sono fermato e al mio fianco è apparsa Andrea Feldman. Anche lei, mai conosciuta di persona. Solo, forse, in un film (Trash di Andy Warhol). Si è voltata verso di me ed ha sorriso. Un sorriso "serio" in un gesto studiato che non tradisce fino in fondo il pensiero vero.
"Speed" mi ha detto ed ha allargato le labbra, socchiudendo le palpebre. "Ho letto che molta gente dell'entourage di Warhol credeva di essere pazza senza esserlo e che tu invece lo eri davvero" mi è uscita questa frase perché non sapevo cosa dire, o almeno non volevo dire ciò che pensavo.
"Se essere pazzi significa entrare ed uscire dalle cliniche psichiatriche, allora sono stata veramente pazza. Ma forse, di pazzia non è giusto parlare. Diciamo che ero ad uno stadio infantile portato all'eccesso ed alle estreme conseguenze. Sentimenti allo stato brado. Furiosamente liberi!" e abbassavi lo sguardo.
La strada si stava bagnando di una pioggia sottile e per questo non fastidiosa. Camminavamo affiancati e tu avevi i capelli biondi, lunghi, aperti a ventaglio sulle spalle. Come la maggior parte delle adolescenti dell'epoca. Ovviamente la pioggia non ti bagnava. Eri presente ma, al tempo stesso, irreale.
"Stavi parlando di stadio infantile all'eccesso. Cosa intendi?" ho proseguito interessato, lasciandomi guidare dal sentimento più che dalla ragione. Hai cercato qualcosa nella tasca del blazer blu di jersey che portavi addosso . Ne è uscito un pacchetto di sigarette. Ne hai presa una, offrendomene (non fumo più da decenni) e l'hai accesa. Il fumo usciva dalle tue labbra mentre rispondevi.
"Intendo dire, quando i sentimenti fluiscono selvaggi, passando da gioia sfrenata a rabbia incontenibile e violenta a tristezza devastante ed a gelosia accecante. Significa non avere controlli. Come un bambino che non conosce freni inibitori. Per la loro età, tutto questo è normale ma quando si cresce si parla di pazzia."
Ho convenuto che potesse essere così. Il bambino è talmente egocentrico che vive in una sorta di palcoscenico dove l'espressione di sè è l'unica cosa che conta. Questa riflessione mi è uscita spontanea con le parole e Andrea si è voltata verso di me. Si è fermata davanti ai miei passi e mi ha preso i polsi.
Le mani erano fredde, magre e tese. Il fumo di sigaretta saliva ora lungo la sua manica e ne sentivo il profumo. Ma gli occhi erano ancora in contrasto con la linea delle labbra. Tese in un sorriso, queste. Tristi e profondi, quelli.
"Mi avevano detto di trovarmi un lavoro. Di non considerare quello di attrice, cercare un lavoro adatto a me. Era meglio qualcosa di fisico rispetto al palcoscenico che stava diventando la mia esistenza. Forse, non capivo già più quando era finzione e quando si trattava della mia vita vera." dicevi così e scuotevi i miei polsi.
Ho liberato le mie mani dalla tua presa perché stava diventando troppo forte. Persino dolorosa. Abbiamo ripreso a camminare ed ora la pioggia non cadeva più. Le automobili scorrevano tra un semaforo e l'altro e, senza occhiali, i fanali rossi e gialli e quelli bianchi diventavano per me solo punti luminosi sfuocati, lontani.
Anche se c'eravamo allontanati di qualche isolato, all'improvviso ci siamo trovati di nuovo sotto quel palazzo da cui aveva volato quella ragazza. Ti sei allontanata da me di dieci passi e poi ti sei girata. "La mia rappresentazione finale è stata un volo. Era l'agosto del 1972. Ero una star del cinema Warhol ed ho voluto i miei spettatori."
"Ho dato appuntamento a diversi di loro per vederli. Tutti credevano di essere gli unici a trascorrere quelle ore insieme a me. Alcuni, solo amici. Altri, ex fidanzati. Un poeta. Attori. Musicisti. In mano una Bibbia e nell'altra un Crocifisso. In piena rappresentazione teatrale. L'uscita finale. E poi sono saltata dal quattordicesimo piano."
Il volo. "Hai voluto farti cadere o volevi volare verso l'alto?" ho chiesto, anch'io rapito in quel finale confuso e bambino. Non hai più sorriso. Delusa hai guardato per terra. "Credevo che sarei salita in cielo dove mi aspettavano altri che mi avevano preceduta. Passati nel momento del loro maggiore successo. Idolatrati e volati via."
"E invece, sono caduta ... ma era troppo tardi per tornare indietro. Ho fatto appena in tempo a piangere. Ero un bambino che aveva cambiato idea. Ho stretto il Crocifisso ma la Bibbia mi è sfuggita di mano e poi ho sentito male. Un istante enorme di male e il nulla a seguire." Mi sono rialzata ma non ero più io."
"Fluttuavo leggera. In un volo ad altezza di uomo. Ed ho visto le persone intorno a quello che restava di me, nell'ombra. I miei spettatori che si guardavano increduli. il biondo dei miei capelli, per terra, indisordine. Invitati all'ultima mia rappresentazione. Ignari nei confronti di uno spettacolo di amore-bambino verso il mondo e la vita. Il pianto di non desiderare che finisca e quindi finire per non avere fine. Sembra un controsenso, vero?"
Ti ho raggiunta. Ti ho preso per mano ed entrando nello sguardo buio dei tuoi occhi ti ho detto "No, hai scelto di non fare finire nel nulla quello che stavi vivendo. Hai scelto di mantenere in eterno quella che eri in quel momento. E ci sei riuscita perché nessuno pensa a te in un modo diverso. Sei riuscita a mantenerti quella che eri quell'otto agosto millenovecentosettantadue."
Poi, ho sentito venire meno le tue mani e mi è rimasto davanti l'asfalto bagnato. Dove eri andata? Dov'è andata quell'altra ragazza non nota come te ma che ha condiviso "il volo" insieme ate. E dove sono tutte quelle persone che hanno scelto di non essere normali. E di non invecchiare. Dove?
Soundtrack: Blondie - Femme Fatale - 1975 - CBGB's
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