Saturday, October 17, 2015

La mina e il destino

Thomas Saliot
Ero fermo al semaforo. Ero in motocicletta e lui, il mendicante ignora le motociclette e quindi mi ha saltato. Camminava a fatica appoggiandosi sulla stampella. Barba lunga, pelle abbronzata e sporca, capelli arruffati sotto un cappellaccio e, sopra il tutto, un cappotto pesante, senza forma, sporco e fuori luogo vista la mitezza della temperatura.

Saltellava in modo goffo e drammaticamente impedito sull'unica gamba. L'altra era un moncone sotto il ginocchio. Chiusa nel pantalone. I movimenti erano però svelti, come di chi è abituato a convivere da tempo con tale infermità. L'età? Non era anziano. Diciamo intorno ai quaranta. Lo sguardo sfuggente. L'attesa alla sua questua, decisamente scarsa. Consapevole di potere ottenere raramente qualcosa e che quel qualcosa era sempre molto scarso.
Be yourself - Ingrid Bergman
Dignità, mi sono detto. Quale dignità può avvertire quell'uomo. Con un moncone di gamba. E perché è così? Mi è venuto spontaneo pensare che si trattasse di quel genere di mutilazioni che solo le mine anti-uomo provocano e che, facilmente, quell'uomo poteva provenire dai Paesi dell'est vicini a noi e teatro, alcuni anni fa di una guerra fratricida spaventosa.

Quell'uomo era nato sano. Non aveva magari avuto alcuna possibilità di studiare e di imparare una professione che non poggiasse sulla sua prestanza fisica. Braccia per afferrare e gambe per trasportare. Tolte le une o le altre, tutto il resto perdeva il proprio valore. E l'uomo scendeva da una condizione di lavoratore, degno della propria essenza di vita, a quella di mutilato, invalido, inutile.
Paul Ruiz
Oppure, quell'uomo era nato sano ed aveva studiato ma la mutilazione ne aveva impedito l'occupazione in un Paese martoriato dalla guerra, dove l'industria, il terziario avanzato si erano frantumati. E si era così ritrovato a vivere di elemosina. Ora, aveva scelto di affidarsi a quegli sfruttatori dell'uomo che reclutano (anche a forza) i mutilati e li sbattono per le strade a raccogliere soldi mossi dalla pietà.

Mi rendevo contro che quell'uomo forse non aveva avuto altra scelta se non quella di affidarsi, di vendersi, ad un mercante di uomini che lo aveva portato in Italia a mendicare. Un padrone al quale doveva giornalmente portare il dovuto. Pena, chissà cosa. Eppure, quell'uomo era nato sano. Aveva avuto la possibilità di desiderare e sperare in un futuro fatto di cose semplici e belle. Un amore, una famiglia, dei figli, una casa e una vecchiaia con i nipoti sulle ginocchia. Il caldo dei baci.
Joan Dumouchel ~ Rain Color
E invece, un giorno era salito su una cosa metallica che aveva fatto uno strano rumore. Che aveva dato una strana sensazione e che poi era esplosa. Era saltato in aria senza rendersi conto. Senza avere neppure il pensiero di cosa stesse accadendo. Poi, magari, era svenuto o si era contorto dal male. La gamba non c'era più e il sangue era invece ovunque e il pantalone in brandelli. Si sarà domandato. Avrà gridato "dov'è il mio piede, cosa è successo della mia gamba".

Poi i soccorsi. Quali soccorsi? Poi il dolore e la febbre e la disperazione, l'incredulità e la paura delle domande sulla propria esistenza. La speranza di guarire e la delusione di rendersi conto della realtà. Una realtà fatta di un qualcosa che non può più toccare perché non esiste più. La mano che sfiora la coperta sotto la quale non c'è più nulla. Un nulla che fa male e dispera.
Loui Jover - Birds
E poi, la discesa. Il ritorno a casa o alla solitudine. L'abbandono degli altri perché lui rimane indietro. Perché é di peso in un momento in cui la solidarietà è morta sotto il peso della comune difficoltà di vivere. Ognuno è per sè. E la disperazione di vedere cambiare ogni orizzonte. Di perdere tutte le speranze e le attese e i desideri.

Rimane solo quello di vivere, anzi, di sopravvivere. Di non morire. Sfamarsi e coprirsi e magari soddisfare le pulsioni più primitive in un imbuto di degrado in cui la dignità si perde, sfila via. E di fronte alla fame e al freddo. All'umido e al gelo, ecco la sua resa alla mano che lo comanda di salire su un mezzo di trasporto. Camion, vagone, barca, chissà cosa.  Per espatriare e finire lungo un viale, a Milano, a chiedere l'elemosina. Facendo leva sulla propria mutilazione, evocando la pietà. Non la dignità.
Andrea Kowch
Eppure, sarebbe bastatocnascere in un altro Paese per vedere i propri sogni diventare realtà. Sarebbe bastato che avesse percorso un tragitto diverso da quello che lo aveva portato sulla mina. Sarebbe bastato che che si fosse preparato per essere un professionista e vivere del valore della propria mente e non della prestanza del corpo. Sarebbe bastato credere di più in se stesso e ribellarsi ad un destino di schiavo del mendicare e rifiutare un aiuto verso la perdita della propria dignità e libertà.

Sarebbe bastato che qualcuni gli avesse fatto capire che anche in fondo al pozzo si può guardare il cielo e tentare di raggiungerlo. Mi domando se ha mai considerato che a questo mondo, in questa vita, esistono persone che sono pronte ad aiutare, credendo nella dignità della persona. Che la Religione è una forza gigantesca che supera ogni ostacolo e fa vedere la luce. Che anche un profugo, un clandestino, mutilato e analfabeta e malato può essere accolto. Che anche per lui ci può essere un destino di fiducia nelle sue capacità residue e di utilità magari verso chi sta anche peggio.
Hu Jundi (胡钧涤)
L'uomo si perde d'animo prima ancora di morire, mentre dovrebbe capire che il proprio destino è nelle sue sole mani e che esiste anche quello che non si riesce a vedere e che proprio per questo può essere scoperto e diventare una soluzione alla propria disperazione. Basterebbe credere fermamente nel proprio valore di dare qualcosa e nella propria dignità. Siamo oggetto di amore e spesso di questo non ci rendiamo conto e procediamo senza una vera meta, sovravvivendo, anziché vivendo.

Soundtrack: C.S.I. - E ti vengo a cercare

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