Saturday, October 31, 2015

Non so, forse credo ma non immaginavo

Carl Larsson - My Eldest Daughter Suzanne with Milk and a Book - 1904
L'altra sera sono uscito di casa per una passeggiata e non appena in strada ho notato che ogni cosa appariva diversa. Non più luci dei lampioni ma lumi e lanterne e tremori luminosi dalle finestre delle case che non erano più palazzi bensì semplici edifici, al massimo di 2 piani. Un'atmosfera irreale per me, uomo del ventunesimo secolo.

Un silenzio meraviglioso ma inconsueto che faceva giungere alle orecchie le voci delle persone lontane e il correre delle ruote con uno zoccolio di cavalli. Cavalli? Ecco il rumore di un carro. Una carrozza? Ma dove mi trovo? Cosa è successo alla mia città? Alla Milano che mi aspettavo di trovare appena fuori del portone di casa.
Anders Zor
Mi sembrava fosse fine ottobre e invece adesso vedevo la neve agli angoli e guardavo le strade che non erano più ampie me piccole piccole. Stradine con un'aria intima, alla luce delle lanterne. Non più le insegne luminose, non più traffico. E i semafori? E la gente? La gente era diversa da me. Abiti diversi. Direi costumi e costumi antichi. Dov'ero finito? Mi sono guardato e non indossavo felpa o jeans ma anch'io calzoni corti e calzettoni lunghi fino a quasi il ginocchio. Sete e ricami.

Le scarpe non avevano nulla a che fare con le mie solite scarpe e mi copriva le spalle una mantella scura da cui usciva una giacca dello stesso colore dei pantaloni. Azzurra, di seta e pizzo. Chi sono, mi sono domandato e perché penso diverso da come sono? Sdoppiato tra il prima e il dopo. Credevo di sapere e non so più.
Eugène Frederik Jansson (1862-1915)
Gira l'angolo una donna. Una signora con corpetto aderente e ampia gonna fino a terra e una mantella sulle spalle. Un fine cappellino sui capelli raccolti sulla nuca e con boccoli sulle tempie e con un velo davanti agli occhi. Con lei, un bambino in pieno costume antico pure lui. Mi passano oltre e sento le voci ma non capisco quello che dicono. Che lingua parlano?

Mi trascino verso il punto luminoso, in fondo alla via e vedo negozi e movimento di gente che entra ed esce e chiacchera e ride e si arrabbia e discute. Ma non capisco, eppure le mie orecchie sentono bene. Una carrozza passa vicina e i cavalli nitriscono infastiditi per la gente e il cocchiere urla loro qualcosa che non intendo.
 Bo von Zweigbergk - Woman in Cafe - 1921
La carrozza è elegante e con fregi oro e di bronzo e dal finestrino esce una mano femminile con un fazzoletto in mano e mi raggiunge un profumo dolcissimo e inebriante ma che non ho mai sentito in vita mia. Mi volto e un cane mi passa davanti inseguito da un ragazzo vestito male, a piedi nudi nonostante la neve, e grida alcune parole all'animale. Cosa hai detto? chiedo. Non risponde e corre via. Ma la gente si volta e mi guarda e ride. Ho parlato diverso.

Mi sento solo, isolato e il cuore batte forte. Ero a casa ed ascoltavo musica classica mentre scrivevo e poi mi sono ricordato che dovevo prendere una cosa al supermercato vicino a casa e mi sono rivestito ed uscito. Ma ero nel mio tempo ... ed ora? Mi sento indietro di tre-quattro secoli e neppure nella mia Italia. Già, l'Italia, chissà se esiste già in questo momento, mi chiedo, mentre leggo alcune scritte su un muro.
Gregori Aminoff - Portrait of a Young Girl - 1910
Una lingua stranissima. Caratteri tipografici gotici e incomprensibili. Poi, un nome, Johan Helmich Roman. E' l'unica cosa che intendo. Ma, Johan Helmich Roman era un compositore barocco svedese. Lo stavo ascoltando poco prima di uscire di casa e mi ero soffermato, smettendo di scrivere, pensando che mi sarebbe piaciuto vivere al suo tempo.

Forse l'avevo desiderato troppo o forse avevo espresso troppo intensamente il desiderio. Qualcuno o qualcosa mi ha ascoltato e mi ha proiettato nell'epoca di Johan Helmich Roman e nella sua Svezia. Nel periodo d'oro della corte svedese. Ed ora mi trovavo là. Ho cercato di desiderare fortemente il ritorno ma ... nulla. Ancora quella strana atmosfera e quella realtà così lontana e i suoni delle voci che non prendevano significato.
Rune Hagman
Ecco, quante volte ci si trova isolati, soli ed estranei agli ambienti, alle cose ed alle persone perché si è desiderato qualcosa di diverso da solito. Quando si esce dal seminato e si affrontano nuove strade, nuovi percorsi. Ogni cosa intorno si presenta diversa e chiede uno sforzo immane per essere intesa e quindi riuscire utile ed orientativa. E se si vuole tornare indietro, si rimane inascoltati. 

Quella sera, in una Svezia dell'epoca barocca, ero solo ma non ho sentito paura. Anzi, ho inteso che la cosa dovessere essere percepita come una rinascita. Ad un nuovo mondo, ad una nuova dimensione. Perché il nostro destino è di nascere e rinascere una, cento, mille volte ... perché la vita cambia e non si può rimanere fermi, immobili ma si deve sempre andare avanti e sorridere alle provocazioni del destino. Almeno così voglio credere
Lu Cong - My Name Is Tabitha - 2010
Soundtrack: Ulrika Westerberg - Musica Svedese dal Periodo Barocco

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