Friday, January 8, 2016

Gli oggetti e una parte di me

Paul Gaugin - Buongiorno Signor Gaugin - 1889
Chiudo la portiera dell'automobile e inserisco la radio nello slot e l'accendo. Un gesto quasi automatico. E la musica inizia prima ancora di avviare il motore. Una canzone oggettivamente banale, recente e senza nulla di più ma mi colpisce una frase "... ad ogni trasloco salutavo una parte di me, gli oggetti, gli effetti ... un cuore non si forma da sè".

 Il motore gira piano ma non mi sento di avviare subito la marcia e andare perché quella frase mi ha colpito. Gli oggetti e una parte di me. La relazione tra le cose e noi dentro. Qualcuno potrebbe dire che è un concetto banale, scontato e per questo, forse, non sufficiente a colpire più di tanto. Ma allora, mi domando quali siano le cose che veramente hanno il valore per colpire. Quelle nuove? Quelle inattese? Quelle contrarie al comune? O quelle che confermano il proprio modo di pensare?
Shelby McQuilkin - Stepping Away
E' vero, gli oggetti sono una parte di noi ed ecco il concetto di accumulo. E noi, oggi più che mai, accumuliamo all'inverosimile. Se prima era un solo orologio quasi per sempre, ecco che oggi si parla di un orologio per ogni ricorrenza. E così è per le scarpe, i vestiti, il telefono, i mobili, gli elettrodomestici, la televisione, l'impianto stereofonico, ecc, ecc ...

E allora quali sono le vere cose che, se perse, si portano via una parte di noi? Neppure le fotografie ormai. Sempre più virtuali e sempre meno fisiche. Una volta sbiadivano i colori, si ossidavano i neri e si accartocciavano o si frammentavano i bordi. Oggi, semplicemente si cancellano e fisicamente non riescono più a conquistare quella tangibilità che le faceva durare. Chi straccia più una fotografia?
Photomontage - The Lissitzk
Una volta stracciai la fotografia che ritraeva la mia compagna con il suo ex compagno. Volevo solo la parte di lei o volevo piuttosto sancire uno strappo tra lei e il suo passato? Ed oggi, invece, cosa si fa? Si disintegra digitalmente un mucchietto di bite, si cancella una memoria che non è fisica ma virtuale. O semplicemente si cambia nome e si rende l'immagine irreperibile o la si danneggia per renderla irrecuperabile.

Ma, come tante cose, dall'irrecuperabile può emergere qualcosa ed ecco che i file corrotti o cancellati serbano una traccia nella memoria digitale che li rende talora recuperabili o quantomeno ne serba una traccia di esistenza. Così è la nostra memoria dei momenti vissuti. Flebile traccia che spesso non ha più alcun rinforzo visivo. E noi? Siamo forse così anche noi? Una volta, i lontani parenti, dal punto di vista temporale, erano visibili alle generazioni future. Grandi baffoni e gonne lunghissime con pettinature femminili e cappelli oggi inusuali.
Thomas Saliot - The john's
Li potevi vedere, osservare e potevi cercare un che di riconoscibile. Un particolare che ricorreva anche nei discendenti. Ma oggi invece cosa abbiamo. Immagini nella memoria di un cellulare che poi spariscono appena questo si guasta o si cambia. Scattate, mai stampate ed effimere. E i ricordi sfuggono e una parte di noi sfugge, diviene meno palpabile. Sciacquati via.

E' vero. Gli oggetti sono una parte di noi e non solo perchè ci accompagnano nella vita ma anche perché fanno ricordare noi a quelli che ci seguono. Questo era di mio nonno e questo di mia madre. Le cose erano poche e quindi marcavano il senso di appartenenza. Ma ora, che le cose sono innumerevoli, anche il valore intrinseco si stempera. Cosa veramente porta il nostro segno?
Давид Давидович Бурлюк - Dawid Dawidowitsch Burljuk
Non amo che scattino le foto a me, sopratutto i miei familiari, perché temo che quella foto divenga il ricordo del mio volto. Su una fredda pietra. Fermo, immobile, a fissare senza parole o emozioni visibili chi mi guarda. Temo anche che quello che mi piace e di cui amo circondarmi divenga, nel futuro, non un ricordo ma semplice cosa che si può rivendere per ricavarci qualcosa. E allora cosa faccio? Come la tartaruga che si trascina dietro tutto? O come il pazzo che incendia la propria casa con dentro quanto di se stesso? O, più semplicemente, come fanno i più che vanno avanti senza porsi il problema?

Ecco, mi viene da pensare che il pensiero secondo il quale queste riflessioni sono inutili, perché banali, forse è il modo comune di anestetizzarsi di fronte ai problemi ed agli stimoli che ci provoca la vita. Non pensare, non soffermarsi e non riflettere ma gettarsi nell'operatività sfrenata ... così passa il tempo ... e accumulare sempre più oggetti che soddisfino il nostro momentaneo bisogno compulsivo o legato al pensiero comune.
Giusy Ferreri
Ho inserito la marcia e lasciato lentamente la frizione. L'automobile si è avviata e ho iniziato a percorrere la strada verso il lavoro. Non ho la percezione di come andrà la giornata e se questo modo di pensare proseguirà. Ma era necessario fissarlo per riprenderlo. In fondo, il filo del discorso che compone un'esistenza si può tessere a momenti per potere essere poi ripreso, anche quando meno ce lo si aspetta.

Perché venga fissato e reso recuperabile e non solo in modo virtuale, bensì fisico. Anzi, molto fisico come lo siamo noi stessi e il mondo che ci è intorno. Fragili, deteriorabili ma accarezzabili e realmente presenti.
Soundtrack: Baby K - Chiudo gli occhi e salto ft. Federica Abbate
                   Giusy Ferreri - Volevo te

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