L'altra sera mi sono trovato a fare un poco di spesa in un discount della periferia. Un giro veloce e poi, in fila in cassa. Mi sono trovato così in mezzo a persone di varie etnie e di culture differenti ma ho notato che c'era un elemento comune. Freddi e inerti di fronte all'incedere della fila e con in mano, o sul carrello, prodotti che sembravano avere perso il dono di dare emozioni.
Un fatto dovuto! Vicende necessarie e non iscritte in alcunché di gioioso o empatico. Indipendentemente dall'età, dall'etnia, dalla condizione sociale, dalla cultura. Indipendentemente da tutto. In comune, solo una cosa: l'indifferenza priva di emotività nei confronti del mondo circostante. Non mi aspetto nulla e non offro nulla. Io, da solo, con me stesso e basta. Anzi! Meno trovo coinvolgimento e meglio è.
Mi è caduta una bottiglia di plastica che è rotolata fino ai piedi di un ragazzo. Questi, anche se avevo evidentemente, manifestamente, le mani occupate e mostravo una certa difficoltà a muovermi, non ha mosso un dito. Non ha spostato un piede e ha continuato a guardarsi intorno. Mi sono chinato davanti a lui e, con un certo impaccio, ho raccolto la bottiglia. La ragazza che stava vicina al ragazzo che aveva ignorato la scena, anche lei spettatrice del fatto, non ha detto alcunché. Nessun suono da parte di nessuno, tranne un certo mio borbottio che non ero riuscito a trattenere.
Dietro di me, in fila, una ragazza e un ragazzo di colore. Piccolina, rotonda e con le treccine, la ragazza era priva di espressione. Non arrabbiata e non serena o felice. Occhi persi che guardavano intorno in modo anaffettivo, quasi trapassassero la realtà. Il ragazzo aveva invece un'espressione accigliata ma più per abitudine che motivata da alcunché. Non una parola e uno sguardo che evitava di incontrare altri sguardi.
Mi sono domandato se quanto osservavo derivasse da aspetti sociali e culturali ed economici. Discount di periferia e clientela molto umile, diciamo. Ma, lo stesso l'avevo notato in precedenza anche al supermercato vicino alla mia casa, in una zona molto benestante e anche stamane in un megastore che è il trionfo del benessere. Lo stesso. Sguardi che passano oltre ciò che sta davanti ed espressione zero. Ognuno per sè e senza felicità negli occhi. E' questa l'alienazione?
Siamo ormai freddi ed inerti? E quindi anche fragili e vulnerabili. Come gli Zombies del film di Victor Halperin con Bela Lugosi. L'isola degli Zombies è stato girato nel 1932 e fa riferimento alla tradizione voodoo haitiana in cui lo zombie non è morto, bensì sospeso tra la vita e la morte, in una condizione di completa, possibile reversibilità.
E se siamo così anche noi, dovremmo sperare fortemente in questa 'reversibilità' e non accettare l'evoluzione continua nei confronti della tristezza di vita e della mancanza di ideali. Dovremmo sperare di uscire dallo stato di zombies per riprendere quello di 'uomini'. Lo vogliamo?
Soundtrack: Tina Turner - Sarvesham Svastir Bhavatu
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