Wednesday, March 16, 2016

Formiche, grilli, cavallette, farfalle e bruchi e ragni ... Insetti, insomma!

Hoitsu Sakai - Autumn Flowers and Moon
 L'altro giorno sono andato al cimitero a trovare mia mamma. Un piccolo cimitero di campagna perché, ho pensato, Le sarebbe piaciuto essere vicino ai suoi genitori. E così è stato. Ho creduto di fare bene. E così ho il piacere, la scusa, di uscire dalla città e recarmi tra i campi, nel cielo che non ha un orizzonte chiuso dalle case e nel silenzio interrotto solo da rare automobili e da tante voci della natura.

Il sole era caldo all'avvicinarsi del mezzogiorno, ancorché fossimo ancora in inverno. Il grido e il canto degli uccelli era il suono che avvertivo più frequente, unitamente al soffio di una lieve brezza e alle poche automobili che passavano sulla strada accanto. 'Risorgeranno' è scritto sull'ingresso e tante sono le persone che stanno aspettando questo, uniti nella fede e nella speranza della promessa.


Sono entrato camminando sulla ghiaia bianca e guardavo davanti a me e poi sono rimasto diverso tempo di fronte alle lapidi in tenera commozione. Non volevo staccarmi. Ho sentito le campane della Chiesa che battevano mezzogiorno (non immaginavo si sentissero così bene perché non è vicinissima ma, evidentemente, il vento soffiava favorevolmente) e ho deciso che mi sarei fermato ancora.

Mi sono seduto su un muretto che divide il vecchio cimitero dall'ala nuova e sono rimasto lì a godere del sole caldo e della brezza. Guardavo il ghiaino per terra e ascoltavo gli uccelli. I merli, le cornacchie, i passeri e le tortore e chissà cos'altro che non so riconoscere. Guardavo tra i miei piedi per vedere se qualcosa si muoveva. Mi aspettavo almeno le formiche. No, non c'erano ed ho pensato che forse la stagione era ancora troppo indietro per farle uscire dal formicaio.

William Heath Robinson - The Fairy’s Birthday - 1925
Cercavo altro quando ho visto un insetto simile ad un'ape o ad una vespa ma più lunga e con l'addome a righe grigie e nere. Le ali, sottili, trasparenti, elegantemente raccolte lungo il corpo e le lunghe zampe che si muovevano a scatti tra la ghiaia. Le antenne si muovevano rapide e geometriche. Mi ricordavo di avere osservato tante volte quei movimenti. Da piccolo. Sotto il sole, nel giardino della casetta dove trascorrevo, felice, felicissimo, le vacanze in estate.

Una modesta casetta di campagna che la mia mamma prendeva in affitto da giugno a ottobre. E io vivevo là. Con Lei o con i nonni quando lei era impegnata a scuola. Nessuna figura paterna. Il padrone di casa era il postino, era sempre indaffarato ma molto simpatico e delicato. La moglie, grossa, grossa faceva il proprio dovere di donna di casa. Un figlio o una figlia che viveva a Savona. Non ricordo molto di più.


Ricordo invece gli insetti. I tanti insetti. Ciascuno con forme e livree diverse. Il verde smeraldo di certi coleotteri. La ricerca della farfalla macaone o di quella che portava una 'testa di morto' e che leggevo che si chiamava 'sfinge'. E le formichine, le piccole formichine che usavo per gettarle sulle ragnatele e vedere il ragno uscire per catturarle. Le formiche che osservavo portare pezzetti di foglie oppure i chicchi di riso che davo a loro, in un'ordinata fila indiana.

E poi c'erano i bruchi dai colori bellissimi e con le setole che potevano dare fastidio. E i nidi delle vespe che, insieme ad altri compagni di giochi, andavamo a staccare dalle tettoie delle cascine lì vicino per vedere come erano fatti e come dentro c'erano le celle con tante vespe nei diversi stadi di sviluppo. E le corse per evitare che le guardiane dei nidi ci prendessero e ci pungessero. Quante corse. A volte qualcuno veniva beccato e si usava l'ammoniaca.


E poi c'erano le cavallette. I grilli era difficile trovarli. Loro, invece, così verdi e lunghe erano una facile scoperta. Bisognava imparare a prenderle senza fare loro del male e si usava lanciarle per aria per vedere le loro ali aprirsi e sbattere ... per volare via. E quale dolore se si era maldestri e rimaneva una lunga zampetta staccata. E la regina era la mantide religiosa che avevo trovato solo poche volte.

C'era il ragno con la croce sul dorso che faceva bellissime ragnatele. Sottili e ordinate e anche molto grandi. Poi c'erano i ragni delle cantine che tessevano ragnatele come sottili manti su cui potevi fare finta di camminare con un legnetto. Loro, i ragni, scappavano in piccoli tunnel di ragnatela per poi uscire di nuovo con rapidi scatti se facevi vibrare il sottile velo, credendo in una preda invischiata.


E quanti libri, tutti illustrati. Erano quelli che preferivo. Libri sugli insetti che guardavo e guardavo per imparare con gioia. Da qualche parte li ho visti, ritrovati, in casa di mamma quando ho dovuto disfarla. Li ho riposti in qualche scatolone, insieme ad altri libri ed ora sono ancora con me (se un giorno riaprirò i cartoni), pronti per essere nuovamente letti.

Uno di loro l'avevo letto con Elio. Ragazzo strano. Più grande di me. Intelligente, creativo, pieno di fantasia e di senso dello scherzo elegante. Giocavamo poco insieme perché ero troppo piccolo per lui ma mi ricordo la sua amicizia e il suo affetto. L'avrei rivisto tanti e tanti anni dopo. Laureati entrambi. Poi era partito alla ricerca di un'opportunità  per lavorare, lontano, in Africa, ma sarebbe tornato tragicamente solo per essere accompagnato dai suoi genitori, in una scura dimora, in terra.


Ecco, sono stato lì almeno mezz'ora a guardare, cercare, vedere discorgere  qualche segno di vita tra l'erba e la ghiaia, godendo del calore del sole e dei suoni della natura e ricordando la pace di quei lontani pomeriggi assolati e senza problemi o pensieri faticosi. Ho deciso che tra qualche mese sarei ritonato lì. Mi porterò qualcosa da mangiare e mi metterò seduto per terra. Sulla ghiaia bianca e rimarrò lì a lungo, più vicino alla terra e circondato da tutte quelle persone che hanno vissuto ed ora aspettano di risorgere mentre i loro cari li ricordano e si prendono cura con fiori e con amore.

Poi, ho avuto la sensazione di appisolarmi ma mi sono destato subito e mi sono alzato dal muretto. Ho fatto un breve giro, guardando le lapidi e leggendo i nomi e vedendo le loro fotografie. Ho trovato gli ossari antichi e ho interpretato i nomi incisi sul marmo, ormai privo dell'inchiostro che li rendeva leggibili. La pioggia degli anni aveva reso opache le superfici e morbide le scritte incise. Le vecchie fotografie parlavano di volti di un tempo, con i vestiti e le fogge e le espressioni che ora è difficile osservare. E ho trovato alcuni soldati che dicevano che avevano perso la vita a 19, 24, 29 anni.

Ohara Koson - Grasshopper and Full Moon
Uno diceva 'per la Patria'. Gli altri non dicevano nulla se non la propria data di nascita e di morte da cui capivi che erano stati troppo giovani quando avevano sentito il respiro abbandonarli. E poi, un bambino di un anno che sembrava però più grande e una piccolina di nove mesi e mi sono domandato per quale motivo non avessero continuato a vivere. Nella foto erano bellissimi e ben vestiti e curati. Poi, il destino era cambiato. Mentre io ero lì, nato da tanto tempo. A ricordare tutti loro, perché non ci si ricorda solo dei propri cari. Perché tutti hanno il diritto di essere ricordati e amati. E mi sono sentito così bene. Così bene in mezzo a tutti loro.

In mezzo a quelle persone che mi sembrava di sentire nelle voci e nelle parole. In mezzo a quella campagna ospitale che mi ha fatto pensare che anch'io vorrei andare là quando sarà il momento. In mezzo a quei canti di uccelli e silenzio di vento delicato e di sole caldo e piacevolissimo. In mezzo a quei tanto amati insetti che mi hanno insegnato quanto fosse bello essere curiosi e attenti al mondo intorno, a cominciare dalle cose piccole, piccole. Gioiosi insetti che vivono un mondo meraviglioso.
AmyJudd
Soundtrack: Penguin Cafè Orchestra - In the back of a taxi

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