Sunday, October 20, 2013

Rollei

Storia di famiglia.
Mio nonno usava una Rollei - Mio padre usava una Rollei. Oggi non si usa più una Rollei ma io l'ho acquistata. Storia di famiglia. L'ho fatta vedere a mio figlio. E lui l'ha portata a scuola alla lezione di fotografia. Era orgoglioso. Storie di famiglia.
Ma non solo della mia famiglia. Anche di famosi attori e musicisti e dive del fumetto.

Fascino dell'analogico, del difficile da ottenere e del pensato a lungo prima di scattare.

Un'immagine su cui riflettere prima, ragionata. Piano di inquadratura, posizione del soggetto, proiezione della composizione.

Un'intuizione che aveva 12 pose al massimo a disposizione. Poi anche 24 pose ma poi era necessario cambiare il rullo.

E poi ancora, lo sviluppo dei negativi. A mano. A seguire, la stampa dei negativi. Il provino per scegliere cosa stampare. Magari disegnando sull'immagine stampata i margini dell'inquadratura che si sceglieva come migliore.

Poco margine all'errore anche se forse c'era margine all'improvvisazione. Al genio che creava anche dall'errore.

Soundtrack: Birth of the cool - Miles Davis

I tempi dei grandi della fotografia. L'espressività dolce e drammatica del bianco e nero. L'intensità delle sfumature, l'eleganza delle nouances dei grigi. La sgranatura della pellicola o la precisione del dettaglio. Una scelta anche questa a priori.

Scelgo la Pan F oppure l'HP 400 o la FP4. Queste erano le discussioni. la panchromatica, la Ferrania, l'Agfa. e poi le soluzioni di sviluppo. Acidi, fissatore, aromi che permeavano gli spazi risicati che si trovavano in casa.

Sarebbe stato ideale il bagno ma non era possibile. E allora, lo sgabuzzino con quella maledetta polvere che finiva sulle stampe o peggio sulle pellicole. Peli devastanti in grado di capitare nei punti meno opportuni! Sul naso, sugli occhi. Volti ed espressioni deturpate da peli, riccioli di polvere. Invisibili a occhio nudo ma voraci di pellicole e carta da stampa fotografica.

Certo, c'era spazio al ritocco. Ma era roba da professionisti. Ore e ore di training. Di paziente uso di strumenti. Raschietto, pennello, matita, pennarello. Per i più, situazioni irrimediabili o peggio, l'occasione di devastare del tutto una stampa. Di toccare i negativi non si parlava neppure!

Soundtrack: Live in London 1982 - Modern Jazz Quartet


Ma nel mondo dell'analogico non esiste solo rollei. La biottica. Esistevanole macchine a telemetro, le Leica, le Contax, irraggiungibili. E poi le reflex. Le giapponesi che avrebbero dominato. E sopra tutte, la svedese, la Hasselblad. La grande formato dopo la quale c'erano le macchine a banco ottico. da studio, da professionisti.
Si sognavano i paesaggi sgranatissimi con un albero o una sola casa in cima alla collina. Dine del deserto che nascevano per incanto da elaborazioni di paesaggi toscani. E la fotografia impegnata. Barbomìni, zingari, poveri e poi operai, fabbriche, manifestazioni, cortei. Barricate di lotte sociale e feste del proletariato. Tossicodipendenti, personaggi equivoci. Artisti di strada e di teatro. Soggetti connotati da riche ed espressioni drammatiche.

Ma esisteva anche la fotografia tecnicamente raffinata. Espressione di eleganza e salotti intellettuali. Di ironia, di brutalità. Di glamour, di erotismo. Hamilton, Newton, Avedon, Parr, Siepp, Araki, Mapplethorpe, Modotti, Erwitt, Fellig, Klein, Horst, ecc ...

Valentina si cimenta con la svedese Hasselblad. Obiettivi rigorosamente tedeschi. Ottiche al limite della perfezione. Contrasti inarrivabili, definizione mitica. Si pensava che per fare una grande foto fosse necessario una grande macchina fotografica. Invece è necessaria una grande sensibilità. E fortuna.

E poi la moda. La foto delle sfilate. Delle modelle. Di veli che danzano effimeri quanto la durata della passerella. Volti persi in un orizzonte al di là del pubblico. Passi studiati, cadenze volute, un ritmo che ha il compito di sottolineare l'abito, l'atmosfera e il significato di ogni pezzo di una colleione. E poi, gli stop. Precisi. Pose di statua colta in un attimo di volontà, di voluttà, di capriccio, di voglia e di svolgliatezza. Ecco il fotografo impegnato nel cogliere l'istante. Come in una guerra. L'attimo fuggente. Se lo perdi, si rischia di perdere tutto. Dalla foto stupenda a quella banale.

Soundtrack: New York Dolls - Personality crisis

Ecco, ferma, stop. Girati, a destra, poi di scatto a sinistra e guarda qui, gli occhi su di me, poi lontani. Ridi e poi fai il broncio. Arrabbiati e disprezza e poi guarda con interesse. Vezzosa, sdegnosa, irata, felice. Estasiata e poi assonnata e poi dormiente, pacata e rilassata. Sognante e delirante, indispettita e incuriosita. E click su click, su click e su click.
Un sospiro per una posa. Un respiro per un'altra. Un movimento con il capo, le ciocche si stemperano sul viso e poi lancia i capelli all'indietro. chiditi tra le braccia e aprile al mondo. Sequenza son il motore che scatta, scatta, i flash che lampeggiano e il caldo che aumenta. Poi, stop. Pausa. Andiamo a vedere come è andata la sequenza. Polaroid che aiutano con l'immagine che si stempera immediata sulla pellicola bianca.

Soundtrack. Maniac - Flashdance

Valentina indaga e fotografa. Blow-up che fotografa e che indaga. Giallo e flash. Sono interconnessi.

Click, click, click. L'otturatore scatta. 1/1000, 1/500, 1/60. Synchro, flash. Esposimetri che misurano e lancette che indicano. temperatuira colore, luce riflessa. Flash, flash. Stop. Finito. Grazie. Ciao.
Sountrack: Give it 2 me - Madonna

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