Friday, December 12, 2014

Il Si e il Sè - Anatomia di una distinzione tra il nulla e l'essere.

Henri Matisse - Armonia in rosso - 1909
E' certo che parlo difficile e forse penso difficile ma di questo non mi meno certo vanto.
Anzi, il pensiero di non essere chiaro abbastanza mi fa pensare che sbaglio.
Ma, in altrettanto modo, non è forse il difficile quello che crea allenamento e fa crescere?
Mi impongo il difficile che poi è il sintetico che presuppone riflessione. A priori. Prima.
Mi impongo ciò che devo cercare di capire perché così mi alleno a comprendere.
Si tratta di un impegno che disdegna in modo affettuoso il piano preferendo la salita.

Sono sempre io, me stesso, sotto esame.
Perché sono convinto che capire se stessi ed ogni propria debolezza, pausa, gioia e inebriante forza
abitua a vedere l'atto superbo ed a distinguere quello umile che ha vero valore.
Forse perché ciò che è umile si ammanta della grandezza del considerare il resto
e noi siamo più grandi quando ci confrontiamo con l'infinita grandezza del resto,
come se, considerarci nulla sia la premessa per crescere.

Oskar Kokoschka
Oggi, in una sfinitezza infinita che è detensione dalla tensione dei giorni scorsi,
mi lascio abbracciare da un concetto che mi rafforza in quanto coerenza,
politica, umana, spirituale e naturale: il concetto del si e dell'io.
Heidegger è un filosofo indubbiamente affascinante per la grandezza e per la miseria.
Forse che si diventa grandi in una logica di profonda contraddizione
quando la grandezza riconosciuta si sposa con la miseria del piccolo uomo materiale?

Viviamo dunque del desiderio di distinguerci o di nasconderci nella massa?
Viviano dell'IO oppure del celarci nel "SI" (si dice, si fa, si usa ...)?
Quando ci conviene, siamo l'uno ... e quando non ci conviene, siamo l'altro.
Indifferentemente.
L'Io vive dell'imporre se stesso mentre il Si esiste nella convenienza quando si è in inferiorità.
Eppure la grandezza vive della coerenza. Sempre e in ogni caso se stessi.

Fiorenzo Tomea - Fiori di campo n. 2 - 1955
E quando siamo soggetti agli altri, quando siamo assoggettati agli altri,
gli altri perdono l'identità che è pericoloso confronto per una propria autostima ...
per divenire un'impersonalità che ci difende, protegge e tutela dal giudizio.
Ci difende dall'avere perso la nostra identità, capace di contrapporsi.
Perché l'anonimato degli altri, in cui immergiamo il nostro anonimato,
è un qualcosa di impersonale protettivo e non accusante.

Così, nel "si dice, si fa, si pensa, ecc ..." non perdiamo la nostra autostima
nonostante il nostro io risulti assoggettato, nel timore di un giudizio di diversità,
e quindi "privo della propria identità".
Secondo Heidegger,  «Il  Chi non è questo o quello, non è sé stesso,
non è qualcuno e non è la  somma di tutti. 
Il "Chi" diventa il neutro, il Si privo di soggettività.

Joaquin Sorolla - Sotto l'ombrellone - 1910
Esiste quindi un mondo pubblico che «dissolve  completamente il singolo Esserci nel modo di essere "degli altri",  sicché gli altri dileguano ancora di più nella loro particolarità e  determinatezza. In questo stato di irrilevanza e di indistinzione il Si  esercita la sua tipica dittatura. Ce la passiamo e ci divertiamo come ci si diverte; leggiamo, vediamo e giudichiamo di letteratura e di arte  come si vede e si giudica. Ci teniamo lontani dalla "gran massa" come ci  si tiene lontani, troviamo "scandaloso" ciò che si trova scandaloso. Il  Si, che non è un Esserci determinato ma tutti (non però come somma),  decreta il modo di essere della quotidianità.»

L'assenza di soggettività per ogni decisione
 sottrae i  singoli da ogni responsabilità.
«in questo sgravamento di essere,
il Si si rende accetto all'Esserci
perché ne soddisfa la tendenza a prendere tutto alla  leggera
e a rendere le cose facili».

Michel Compte
Nel vivere secondo il "Si", tutto diventa "leggero", impersonale e disimpegnato
ma proprio per questo, solo superficialmente "facile" perché il pegno da pagare
è l'impersonalità, il vivere inautentico.
Eppure chi vive nel "Si", sente di vivere la realtà reale,
perché è inconsapevole dell'irrealtà della sua visione della realtà,
perché crede nell'autenticità di ciò che non è autentico.

Proprio perché il sue essere è inautentico
in quanto gli altri si sono sovrapposti al suo "ente" (essente, ciò che è).
Così molti di noi vivono, credendo di scegliere ciò che "si" sceglie,
credendo di desiderare ciò che "si" desidera e
soffrendo per delle cose per le quali "si" soffre.
Non vivendo, eppure pensando di vivere.
Martyna Adela Dziekan - Les fauves (http://indiae.deviantart.com/)
... perché, senza essere se stessi, non è vita.

Soundtrack: Cirque du Soleil - Rumeurs

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