Possiamo dire, in un certo senso, di essere sempre testimoni di qualcosa. Non foss'altro se non per il fatto che la nostra vita, il nostro tempo si è intrecciato con un evento. In questo senso, non è necessario esserne stati spettatori. E' sufficiente avere vissuto la contemporaneità e condiviso le emozioni.
Certamente, il testimone oculare ha un ruolo diverso. Può asserire cose che altri non sanno. E' stato toccato nel modo più diretto possibile e, se lo racconta, non è escluso che possa essere ritenuto un sopravvissuto, uno scampato.
Però ci sono cose, fatti che colpiscono un'intera generazione. In modo trasversale, tutti, nessuno escluso (o almeno nella potenzialità). Sono cose che ciascuno di noi ha davanti agli occhi. Ricordo mia mamma che mi parlava dello scempio dei corpi appesi in Piazzale Loreto anche se li aveva visti solo da molto, molto lontano. Ricordava l'eccitazione della folla, anche.
Poi, mi raccontava anche dei bombardamenti e delle sirene. Cose, questa volta, vissute direttamente con la possibilità poi di raccontarle (nessuna bomba era caduta sulla loro casa). Con viva emozione aveva poi nella memoria la cassiera del bar della stazione di Bologna con la quale aveva scambiato due parole nel momento di pagare la consumazione, il giorno prima dello scoppio della bomba, quel 2 agosto 1980.
Io cosa posso invece dire? Nessuna guerra ma sicuramente tanti tentativi di rivoluzione, di scontro civile e, anche se nessuna guerra, tanti morti lo stesso. Erano i cosiddetti "anni di piombo" che hanno segnato la mia adolescenza e giovinezza. Tra le tante cose, tra i tanti fatti, la testimonianza di una pistola puntata contro, a me come a tanti altri, mentre questa persona armata correva tra le auto in fila al semaforo a fianco alla biblioteca Sormani. C'era appena stato uno scontro con la Polizia e avevano sparato.
Ricordo, un sabato, mentre passeggiavo in corso Magenta con una mia compagna di classe, spari e urla e fumo e gente che scappava e in Via Carducci avrebbero poi fotografato quel ragazzo di Autonimia con la pistola in pugno, puntata verso gli Agenti di Polizia.
E fra i tanti ricordi, il 24 dicembre, mentre mi stavo spostando in moto da un ospedale ad un altro, ecco che sono passato da via Mancinelli, al quartiere Casoretto. Il pensiero è stato immediato: Fausto e Iaio. Il ricordo di una sera quando, mentre stavo studiando in cucina, dalla radio accesa (Radio Milano Centrale, penso) mi colpì la notizia di questi due ragazzi uccisi da ignoti.
Interruppi lo studio e ascoltai il resto del tempo l'intrecciarsi di notizie, testimonianze, antefatti, decisioni sul da farsi, mobilitazione, accuse e reazioni. Ora il ricordo è meno vivo, è plausibile, ma non per questo l'emozione è ancora forte. E' un ricordo impresso. Due ragazzi di 18 anni uccisi in una stradina buia di un quartiere periferico. Otto colpi di pistola. Un'esecuzione. Non uno scontro tra dimostranti, non una battaglia.
Manifestazioni di solidarietà. Cordoglio popolare. Un funerale collettivo. La vicinanza dei compagni e i dibattiti e poi le notizie sulle indagini ma, con il tempo, ... la percezione che a nulla si sarebbe arrivati. E così, invero, è stato. L'indomito urlo di una madre che si mantiene nel tempo. Ho ripreso oggi quanto pubblicato sui quotidiani. Riporto quella del Corriere della Sera. E solo ora rammento che si era in pieno "Rapimento Moro" e leggo che potrebbero esserci state delle connessioni e che vicino all'abitazione di Fausto si trovava un covo delle BR e che forse un nucleo di Agenti Segreti governativi era in appostamento e, che .... e che ... e che ...
Quante poche cose sappiamo di quanto accade e di quanto è accaduto. Quanto indirizzata è la nostra informazione e quanto è affidato "a chi non sappiamo" il nostro destino ... Devastante senso di impotenza ... Monta la ribellione dentro! Mi spiacerebbe tanto che uno come Andreotti, in punto di morte, avesse sentito la necessità di svelare e diffondere un dossier sulle proprie memorie. Le memorie di una persona che certamente sapeva molto e molto di più della media di noi. Ma non è pressoché mai successo. E' così difficile che uno rinneghi la propria esistenza e si apra alla verità ed alla sincerità se le ha rinnegate entrambe per tutta una vita.
E di Fausto e Iaio non abbiamo che da conservare gelosamente e con amore e rispetto il ricordo di due diciottenni uccisi forse perché avevano incrociato le proprie vite con qualcosa più grosso di loro. Inconsapevoli, mi viene da credere.
Ma mi è inevitabile anche pensare cosa sarebbero stati se avessero vissuto. Cosa sarebbero diventati e come avrebbero proseguito la propria esistenza. Quale evoluzione ci sarebbe stata. Un lavoro, una famiglia, dei figli. Magari una vita di compromessi. Magari una vita di coerente lotta. Ma questa riflessione non riguarda solo loro ... i morti non stanno solo da una parte ed a volte non stanno da nessuna parte.
Soundtrack: Paolo Pietrangeli - Contessa
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