Wednesday, January 28, 2015

Occhi che hanno visto e spirito che non può dimenticare

Anche questo è d'obbligo.
Il 27 gennaio 1945 l'armata rossa entrava ad Auschwitz.
L'orrore diventava di pubblico dominio.
Davanti agli occhi di tutti, la belva umana
si denudava e mostrava di cosa era capace.

70 anni. Più di una generazione.
Ma nella cerimonia della liberazione di Auschwitz
c'erano ancora occhi che piangevano
perché non potevano cancellare
ciò che avevano visto.

Se gli occhi, solo gli occhi di chi ha vissuto l'orrore
possono fare rivedere la follia umana,
la mente e lo spirito possono fare sentire in tutti
quanto si dovrà evitare ad ogni costo
e per sempre.

Si parla di Auschwitz
ma non è Auschwitz, è un simbolo.
Non sono ebrei, sono uomini.
Perché sono tanti i morti
e sono tanti gli sterminii.

Morti di Pnohm-Pehn,
Morti delle Foibe,
Morti delle Fosse Ardeatine,
Morti del Ruanda Tutsi e Hutu,
Morti di Algeria,
Morti del Vietnam,
Morti della Palestina,
Morti della Corea,
Morti di Srebrenica,
Morti del genocidio assiro,
Morti del Darfur,
Morti del genocidio armeno,
Morti di Hiroshima e Nagasaki,
Morti del genocidio curdo,
Morti di Timor Est,
Morti, morti, morti, morti, morti, morti e ancora morti.

Mai dimenticare,
mai cedere ai pensieri comuni,
mai transigere dal rispetto dell'uomo,
mai considerare il mio e di nessun altro,
mai alzare la mano contro.

Aprirsi invece al sorriso, alla pace,
al rispetto, al perdono,
all'abbraccio, all'amore.
Siamo l'oggetto di amore di Dio
e dobbiamo essere soggetto che ama gli altri.
Soundtrack: Mozart - Requiem - Dies irae - Philippe Herreweghe

Dies Irae, dies illa
solvet saeclum in favilla:
teste David cum Sybilla.

Quantus tremor est futurus,
Quando judex est venturus,
Cuncta stricte discussurus.

Tuba, mirum spargens sonum
per sepulcra regionum
coget omnes ante thronum.

Mors stupebit et natura,
cum resurget creatura,
judicanti responsura.

Liber scriptus proferetur,
in quo totum continetur,
unde mundus judicetur.

Judex ergo cum sedebit,
quidquid latet, apparebit:
nil inultum remanebit.

Quid sum miser tunc dicturus?
quem patronum rogaturus,
cum vix justus sit securus?

Rex tremendae majestatis,
qui salvandos salvas gratis,
salva me, fons pietatis.

Recordare, Jesu pie,
quod sum causa tuae viae
ne me perdas illa die.

Quaerens me, sedisti lassus,
redemisti Crucem passus:
tantus labor non sit cassus.

Juste judex ultionis,
donum fac remissionis
ante diem rationis.

Ingemisco, tamquam reus,
culpa rubet vultus meus
supplicanti parce, Deus.

Qui Mariam absolvisti,
et latronem exaudisti,
mihi quoque spem dedisti.

Preces meae non sunt dignae,
sed tu bonus fac benigne,
ne perenni cremer igne.

Inter oves locum praesta,
et ab haedis me sequestra,
statuens in parte dextra.

Confutatis maledictis,
flammis acribus addictis,
voca me cum benedictis.

Oro supplex et acclinis,
cor contritum quasi cinis:
gere curam mei finis.

Lacrimosa dies illa,
qua resurget ex favilla

Judicandus homo reus.
huic ergo parce, Deus:

Pie Jesu Domine,
dona eis requiem. Amen.



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