Friday, January 9, 2015

Pecore, lupi e cani da pastore

Grand Torino - 2008
Clin Estwood dopo avere interpretato i duri del genere western e poliziesco,
si è infilato nella regia ed ha sfornato buoni prodotti ma,
come detto alcuni post fa, cade nella trappola della senilità
con il peccato della ripetizione.

D'altra parte, rinnegare uno stile costruito negli anni
e buttarselo alle spalle per seguire un nuovo sentiero
è faticoso, è rischioso, può deludere gli altri e allontanarli,
e quindi deprimere noi stessi.
Ma, diceva Mario Soldati (e mi ripeto) "che noia fare sempre tutte le cose nel modo giusto
e che bello, invece, continuare a sbagliare ...".
Molto più modestamente, mia mamma esultava dall'alto dei suoi
oltre ottant'anni, confessando di avere capito alcune cose
che prima le erano sfuggite. La gioia di scoprire qualcosa di nuovo.

Bene, tornando al nostro ispettore Callaghan e alla sua Magnum 44,
in un suo film del 2008, "Grand Torino", si parla di reazione di difesa
che si traduce in violenza. In una realtà sociale nella quale la ripresa di istinti primordiali
è la risorsa che viene vista come "l'unica possibile".
Il bene che si traduce nel bene, ma attraverso il male.
La risorsa brutale come fallimento dell'evoluzione.
Nel film "American sniper" del 2014, il nostro "biondo" di "Per un pugno di dollari",
mette in bocca al padre del protagonista del film all'incirca queste parole:
"Nella vita ci sono le pecore che subiscono, i lupi che prevaricano e fanno del male e i cani da pastore che sentono di dovere reagire per difendere le pecore ... se tu reagisci per difendere qualcuno, qualsiasi cosa tu faccia, io dirò che va bene ..."

Magari non sono le parole esatte ma il senso è questo
e tutto il film si snocciala su questo concetto
della difesa senza limiti, perché lecita se guidata
dal principio di salvare una persona che subisce la violenza del lupo.

San Francesco e il cardellino
Ho già espresso il mio pensiero che non è risolutivo
bensì ampiamente contradditorio. Cosa è giusto?
Qualcuno, centinaia di anni addietro chi ha però fornito una risposta.
Non lo ha fatto lui ma lui è stato lo strumento terreno di scrittura.
Si chiamava Francesco e il suo esempio è gigantesco e bellissimo ...


Oh, Signore,
fa' di me lo strumento della Tua Pace;
Là, dove è l'odio che io porti l'amore.
Là, dove è l'offesa che io porti il Perdono.
Là, dove è la discordia che io porti l'unione.
Là, dove è il dubbio che io porti la Fede.
Là, dove è l'errore che io porti la Verità.
Là, dove è la disperazione che io porti la speranza.
Là, dove è la tristezza, che io porti la Gioia. Là, dove sono le tenebre che io porti la Luce.

Oh Maestro,
fa' ch'io non cerchi tanto d'essere consolato, ma di consolare.
Di essere compreso, ma di comprendere.
Di essere amato, ma di amare.
Poiché:
è donando che si riceve,
è perdonando che si ottiene il Perdono,
ed è morendo, che si risuscita alla Vita eterna.


Giotto - Vita di San Francesco
Si tratta della "Preghiera semplice" e non la si deve vedere in senso imponitivo o bigotto
ma nel suo valore intrinseco di dolcezza e di speranza,
di sentimenti che fanno bene a chiunque. E non solo,
è bella anche come gioco linguistico, formale,
di contrasto tra un concetto ed un altro, di soluzione a problema,
di apertura a chiusura e di speranza a delusione.

Soundtrack: Mark Knopfler - Brothers in arms - Live in Berlin, 2007

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