Sunday, August 18, 2013

Costo del lavoro, dignità dell'uomo ... et atelier populaire

Tra poco si annuncia un nuovo Autunno Caldo. L'occasione di un tuffo nel passato (anche dal punto di vista iconografico) e di una riflessione per il futuro.
Qualche anno fa è uscito un libro dal titolo molto chiaro: Generazione 1000 euro. Gli autori, Incorvaia e Rimassa. A seguire un film e un sito internet. Al di là dell'aspetto narrativo (si tratta di un reality-book che può, secondo le intenzioni degli autori, suggerire come sopravvivere bene a stipendi impossibili e che sono tali indipendentemente dalla tipologia di lavoro), il libro dipinge una generazione precaria per definizione perché se il futuro dipende dai soldi il precariato da economico si trasforma in sociale. 

A questo punto, andando contro la dominante ideologia che il costo del lavoro deve consentire la competitività dello stesso e del prodotto nel mercato, mi viene in mente un capitoletto scritto molte decine (sic!) di anni fa da un certo Carlo Cafiero (anarchico italiano della seconda metà dell'ottocento) che aveva pubblicato nel 1879 questo suo "Compendio al Capitale di Karl Marx".

Non si tratta di un testo noioso o tecnico ma quasi di un inno alla dignità dell'uomo che è validissimo anche ai nostri giorni perché sancisce un diritto sacrosanto che deriva dal destino umano di lavorare per vivere bene.
"Ecco l'uomo del denaro, l'uomo che possiede un cumulo di ricchezza, dalla quale vuol far partorire un capitale. Egli viene sul mercato, in cerca appunto di forza di lavoro. Seguiamolo. Egli gira per il mercato, ed incontra il proletario, venutovi appunto per vendere la sua unica merce, la forza del lavoro.

Il proletario però non vende la sua forza di lavoro in blocco, non la vende tutta, ma solamente in parte, per un dato tempo, cioè per un giorno, per una settimana, per un mese, ecc. Se egli la vendesse interamente, allora, da mercante, diventerebbe egli stesso una merce; non sarebbe più il salariato, ma lo schiavo del suo padrone.
Il prezzo della forza del lavoro si calcola nel modo seguente. Si prenda il prezzo dei viveri, abiti, abitazione e di quanto altro occorre in un anno al lavoratore per mantenere la sua forza di lavoro, sempre nel suo stato normale; si aggiunga, a questa prima somma, il prezzo di quanto occorre in un anno al lavoratore per procreare, allevare ed educare, secondo la sua condizione, i suoi figli; si divida il totale per 365, quanti sono i giorni dell'anno, e si avrà quanto, ciascun giorno, si richiede per mantenere la forza del lavoro, il suo prezzo giornaliero, che è il salario giornaliero del lavoratore.
Se fa parte di questo calcolo anche ciò che occorre al lavoratore per procreare, allevare ed educare i suoi figli, è perché questi sono la continuazione della sua forza lavoro. Se il proletario vendesse non in parte ma in tutto la sua forza lavoro, allora, divenuto egli stesso una merce, cioé schiavo del suo padrone, i figli che egli procreerebbe sarebbero eziandio una merce, cioè schiavi, al pari di lui, del suo padrone; ma, alienando il proletario solamente una parte della sua forza lavoro, egli ha diritto a conservare tutto il resto, che si trova parte in lui e parte nei suoi figli.
Con questo calcolo noi otteniamo l'esatto prezzo della forza lavoro."    
Link: Cafiero 

Se poi consideriamo la durata della giornata lavorativa, troviamo sempre dalla stessa fonte un'altra lezione di dignità dell'uomo che chiede rispetto: 

"Il primo mezzo, impiegato dal capitalista a pro' del suo capitale, è il prolungamento della giornata di lavoro. Certamente che la giornata di lavoro ha i suoi limiti. Anzitutto un giorno non consta che di 24 ore; poi bisogna da queste 24 ore toglierne un certo numero, perché l'operaio possa soddisfare tutti i suoi bisogni fisici e morali: dormire, nutrirsi, riposare le sue forze, eccetera. «Ma questi limiti sono per loro stessi molto elastici e lasciano la più grande latitudine. Così noi troviamo giornate di lavoro di 10, 12, 14, 16 e 18 ore, cioè delle più svariate lunghezze."

Ricordo quando collaboravo con una importante agenzia di comunicazione (pubblicità) e vedevo imporre orari di lavoro che raggiungevano tranquillamente le 10 ore giornaliere e implicavano spesso dei week-end occupati.

Poi, nel tabulato della distribuzione delle ore lavorate per potere computare a ciascun cliente un costo, era necessario fare un calcolo percentuale perché dovevano sempre risultare le ore contrattuali di lavoro e non si doveva attingere agli straordinari (peraltro mai riconosciuti, in questo modo, e mai retribuiti). Sfruttamento? Si.

 
 Caro Cafiero, sono passati oltre 100 anni dalla tua scomparsa e sono trascorsi 45 anni dal Maggio Francese e dall'Autunno italiano del 1968, eppure la strada fatta non ha risolto tutto. Certo, le conquiste contrattuali sono state tante ma ora, mi sembra, stiamo tornando indietro.
 
Mi pare proprio che il mondo richieda un'inversione di tendenza. Per tornare a considerare che l'uomo è il vero traguardo della società. Una società che a breve supererà i 7 miliardi di individui e in cui la percentuale di disperati e di senza futuro è in continua crescita.

Soundtrack :  Industrial

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