Saturday, August 3, 2013

Riflessioni e liberi pensieri in questi giorni di estate ...
E' duro riflettere sulla situazione attuale ...
Durante le prime settimane di questa estate ho avuto il piacere imposto (imposto da me stesso e poi scoperto come gioia) di leggere un saggio contenente tutti gli articoli pubblicati da PierPaolo Paosolini sul settimanale Il Tempo tra il 1968 e il 1970. Si trattava di un libro che - acquistato a Torino - in occasione di un "inutile" incontro di pseudo-lavoro (dopo avere avuto il colloquio con una persona presentata come "strategica" ... sic!), sonnecchiava da una anno e più nella libreria. Un libro acquistato dopo averne lette la post-fazione e un paio di pagine a caso. "Interesante" mi ero detto e ... via alla cassa (come spesso accade a chi compera libri ... non si leggono sempre subito!). Questa estate, alla vigilia della partenza, il libro era finito nello zaino delle letture da portare in spiaggia. "Il Caos" è il nome del libro e quello della rubrica tenuta da PPP in quegli anni. Bene, tralasciando gli articoli imperniati su aspetti egocentrici in polemica con altri e quelli in cui prevale l'autocommiserazione (e una buona dose di autoreferenzialità), quello che mi ha colpito è la lungimiranza dell'analisi critica sociale e politica e la bellezza formale e la sensibilità del pensiero espresso. Lungimiranza nei confronti dell'evoluzione sociale italiana e mondiale. Quanto di vero. Come spesso accade, da una sensazione nasce una ricerca del perché e del sapere e così nelle settimane successive, PPP è diventato l'oggetto di ricerca letteraria e audiovisiva. Di che averne per l'estate. Un'estate Pasoliniana. Il tema sociale e politico è quantomai attuale e di questo ne parleremo più avanti. Per ora, un consiglio: leggete questo saggio, cercatelo e sfogliatelo almeno. Se proprio, proprio, si trova anche in internet per un download (a me non piace leggere i libri stampati su formato A4. Il libro me lo tengo in tasca. Ovunque lo leggo e i fogli sparsi sono scomodi. E poi si tagliano tanti alberi e poi ... l'editoria buona deve essere sostenuta. Riflessioni sociali e politiche in un caldo agosto schiacciato da una ben misera attualità. Per qualcuno avrebbe potuto essere un anelito di libertà, per altri è espressione di poteri illegittimi. Intanto, ci troviamo di fronte alla scompostezza ignorante della quale PPP era stato presago.

Un link di poesia pasoliniana con lo squisito Totò:http://www.youtube.com/watch?v=LPQgg_iGsqk

Oh, meravigliosa e struggente bellezza del creato……



Educazione e società e lungimiranza
Ed ora le riflessioni sullo status odierno, se di "status" si può parlare.
Prendendo spunto da "Uccellacci e Uccellini" mi viene in mente il tentativo di Totò-Frate Ciccillo e Frate Ninetto di conciliare falchi e passeri. Anche oggi si parla di analoghe figure. Falchi e colombe. Di che dire basta perché, siamo di fronte ad un mondo in cui anche le colombe paiono essere falchi travestiti.La resa di Frate Ciccillo avviene di fronte alla constatazione, dopo la splendida intuizione di dovere parlare ai passeri non attraverso stridii bensì tramite il saltellare, che la natura non può essere cambiata. Quasi a dire che educare è inutile.
Uccellacci e Uccellini:  http://www.youtube.com/watch?v=ifdJUXnKqSs

Questo però suonava paradossale. Come poteva, un letterato rinnegare il valore dell'educazione? In effetti, la critica non era in assoluto, bensì rivolta solo al tipo di educazione standard. Quella scolastica. Quella che potremmo definire "di Stato". In un'intervista rilasciata il giorno prima di essere ucciso, PPP infatti diceva: 
"Prima tragedia: una educazione comune, obbligatoria e sbagliata che ci spinge tutti dentro l’arena dell’avere tutto a tutti i costi. In questa arena siamo spinti come una strana e cupa armata in cui qualcuno ha i cannoni e qualcuno ha le spranghe. Allora una prima divisione, classica, è «stare con i deboli». Ma io dico che, in un certo senso tutti sono i deboli, perché tutti sono vittime. E tutti sono i colpevoli, perché tutti sono pronti al gioco del massacro. Pur di avere. L’educazione ricevuta è stata: avere, possedere, distruggere."
E ancora, a proposito di quella dignità umana che si basava sulla semplicità, sul rispetto e sull'umiltà (esiste ancora questa parola? questo concetto= questa innominata "grandezza"?):  
"Ho nostalgia della gente povera e vera che si batteva per abbattere quel padrone senza diventare quel padrone. Poiché erano esclusi da tutto nessuno li aveva colonizzati ... La cosiddetta scuola dell’obbligo fabbrica per forza gladiatori disperati. La massa si fa più grande, come la disperazione, come la rabbia."

 Distanza tra Stato e società e la "vecchia" coscienza di classe
Sempre PPP, "Io ascolto i politici con le loro formulette, tutti i politici e divento pazzo. Non sanno di che Paese stanno parlando, sono lontani come la Luna. E i letterati. E i sociologi. E gli esperti di tutti i generi."
 E non siamo ora, a 43 anni di distanza, ancora in queste condizioni? Uno stallo in cui si è però persa nel tempo la grande coscienza di classe. Quella che faceva lottare per i propri diritti (sociali, educativi, democratici, culturali, lavorativi, economici, ecc ...), quella che sosteneva l'importanza di valori canonici sui quali si erano costruite le radici popolari dell'Italia e che sono serviti a superare l'attacco alla democrazia degli anni del terrorismo.Quella che l'educazione di stato ha contribuito, insieme alle politiche commerciali e di comunazione, a cancellare a favore di un desiderio consumistico dilagante, compulsivo e di una cultura della prevaricazione e della lotta dell'uno contro gli altri.




Emilio Isgrò Fratelli dItaliaFranco La Cecla
La situazione del nostro paese è assai grave. Alla contingenza economica si aggiunge l’attitudine dimissoria del governo attuale e della classe politica nel suo insieme. L’Italia vive una situazione di stallo, di mummificazione dei propri problemi, un girare a vuoto autoreferenziale di quella che dovrebbe essere la classe dirigente.
Se ci si volge intorno al mondo imprenditoriale, come al mondo della stampa, la visione non è molto più consolante. Un’incapacità di salto in avanti, un’impossibilità di analisi e di proposizione di scenari nuovi. In generale il paese sembra bloccato in un alzheimer politico, industriale, sindacale, editoriale, intellettuale, accademico… Un paese vecchio che non si rende conto che la metà dei suoi cittadini non si identifica più con quella che non è capace nemmeno di essere una classe dirigente di una minoranza.
L’Italia non è nuova a questa esperienza. Cinquanta, sessant’anni fa il paese aveva già vissuto il dramma di non dare spazio a una buona metà dei propri abitanti. Il Sud di allora era dovuto emigrare, abbandonando un territorio ricco di potenzialità e di storia. Oggi lo stesso destino investe il paese intero. I migliori se ne sono andati. Allora deve stupire meno che quello che rimane rappresenta ben poco del paese reale.
Oggi come sessant’anni fa, ma anche come ai tempi della resistenza al fascismo dall’estero della parte migliore del mondo italiano, la speranza viene da fuori. Sono i sette milioni di italiani all’estero, ricercatori, intellettuali, imprenditori, lavoratori della conoscenza e della creatività, a rappresentare oggi la parte migliore del paese. Sono i milioni di studenti Erasmus che, rifiutando l’invecchiamento precoce proposto ai giovani che rimangono in Italia, vivono la stessa rabbia di non rappresentanza dei loro coetanei in Turchia, Egitto, Tunisia. Sono loro i giovani italiani su cui costruire il futuro del nostro paese.
Allora non rimane che prendere atto di questa situazione e fondare fin da ora un governo italiano in esilio (Giie). All’estero ci sono italiani con un’esperienza del mondo e del presente introvabili tra i politici italiani, vecchi e nuovi, pidiellini o grillini che siano. Questi sono accomunati da una visione provinciale e fondamentalmente ignorante di come è cambiato e di cosa è il mondo adesso. Le tematiche ambientali, urbane, neoindustriali, informatiche, di nuova diplomazia e nuovi assetti internazionali sono competenza di coloro che stanno fuori dal nostro paese. È tra loro che bisogna cercare i nuovi ministri dell’Agricoltura, dello Sviluppo Economico, del Welfare, della Condizione Femminile, delle Politiche Giovanili, della Cultura, dell’Ambiente, del Turismo.
È tra loro che bisogna cercare esperti in Unione Europea (sono i giovani Erasmus gli unici che credono davvero nell’importanza di una identità europea. Coloro che sono rimasti in Italia hanno avuto l’anima corrotta dal leghismo di destra e di sinistra, di Nord e di Sud, che ha ucciso l’anima internazionale del nostro paese). Infine è tra quelli che stanno fuori che vanno eletti i responsabili del futuro del paese, dal primo ministro al presidente. Rimbocchiamoci le maniche. Formiamo il nuovo Giie, il governo italiano in esilio. L’Italia è già nostra, perché quelli che sono rimasti a casa dormono o tardano a svegliarsi.
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