Tuesday, August 13, 2013

Dylan Thomas e gli sbarchi dei clandestini

10 agosto 2013: 6 clandestini muoiono nel mare davanti alle coste italiane, in certa di un futuro. Non si tratta di retorica ma di realismo. Siamo in una società obbligatoriamente multietnica che non può chiudere frontiere così come non può discriminare tra quando una mano ci serve e quando una mano tesa deve essere accolta.

Mi ricordo di una poesia di Dylan Thomas (poesia 47, 17 luglio 1933):

"...
Nelle piccole torri orecchi odono
Le mani raspano alla porta
Occhi negli abbaini vedono
Dita che premono alle serrature.

Dovrò aprire, o dovrò rimanere
Da solo fino al giorno della morte
Non visto da occhi stranieri
In questa casa bianca?

Mani, portate grappoli o veleno?
..."


Dylan Thomas, ultimo grande visionario della poesia inglese del XX secolo. Tenerezza, nostalgia per l'innocenza perduta. Moderno per il procedere della lirica come per fotogrammi ragistrati in continuo.

Sequenze, stacchi, dissolvenze. Si tratta di un pensiero fluido, registrato mentre si sviluppa. Ecco anche perché così bene si sposa con le liriche di una canzone.  La Sua voce ... Dylan



Invece, loro hanno attraversato il Mediterraneo. Per morire a pochi metri dalla riva di Catania. Sono 98 i migranti stipati su un vecchio e piccolo motopeschereccio giunti all'alba in vista della costa siciliana. In quel momento il sollievo, forse l'euforia dopo giorni di sofferenza, deve aver pervaso l'imbarcazione affollata di uomini, donne e 17 bambini, provenienti da Siria ed Egitto. (corsera 10.08.2013)

Nessuno è e deve essere proprietario di una terra per negarla ad un altro che ha bisogno. In un reciproco rispetto di vita.


Soundtrack: Fattallà

No comments:

Post a Comment